Enrico Donati arciprete di Lorenzatico per sempre

Alessandro Albertazzi

Quando don Enrico Donati venne nominato parroco di San Giacomo di Lorenzatico, il 2 Luglio 1920, non aveva ancora compiuti trentacinque anni. Per qualche tempo - ha ricordato don Aldo Quattrini, parroco di Padulle - fu "il parroco forse più giovane della zona, conosciuto confidenzialmente come il ‘curatino di Lorenzatico’ ".

Teneva a sottolineare di avere ottenuto la nomina -in seguito ad esame felicemente superato-. In realtà, ormai da quasi cinque anni, dal 6 ottobre 1915, faceva pienamente parte della comunità di Lorenzatico. Dal momento in cui mons. Giorgio Gusmini, arcivescovo di Bologna, lo aveva mandato in aiuto dell’anziano don Didimo Bortolotti, una istituzione vivente per la sua gente, della quale era parroco dal 1857.

Don Didimo Bortolotti - nato a Ronchi di Mezzolara ( Budrio ) nel 1829 - aveva felicemente e poveramente raggiunti gli ottantasei anni e, se non poteva essere mandato in pensione, doveva, tuttavia, essere aiutato nel ministero. Gusmini comprese che era necessario affiancargli un giovane disponibile e paziente, rispettoso e insieme preparato a curare e sbrigare le incombenze minute e noiose, ma tanto necessarie al buon andamento della vita parrocchiale. Scelse don Enrico, un sacerdote di estrazione contadina, di Baricella, giunto al sacerdozio attraverso un percorso lineare, nonostante i traumi vissuti dal seminario diocesano di Bologna in quei primi anni del secolo. Entrato in seminario durante i primi anni di episcopato del card. Domenico Svampa, Enrico Donati aveva potuto usufruire del magistero, per molti aspetti, avanzato di quella stagione e di quel gruppo coeso di docenti, guidati da mons. Ettore Lodi.

Compiuti gli studi prescritti, mons. Giacomo Della Chiesa lo aveva ordinato sacerdote il 24 luglio 1910. Celebrata, significativamente, la prima messa davanti all’immagine della Madonna di San Luca e, poi, trascorsi al paese natale i mesi estivi, dove celebrò la messa solenne in un’altra solennità mariana, l’8 settembre, cominciò il ministero nella parrocchia dei santi Savino e Silvestro di Corticella, ai margini della realtà urbana di Bologna. Vi rimase cappellano per cinque anni.

Giunto a Lorenzatico, don Enrico Donati fu costretto a dividersi. Il servizio militare, prestato nell’ospedale di San Giovanni in Persiceto dall’agosto 1916 al dicembre 1918, lo costrinse a lasciare ogni mattina la parrocchia per ritornarvi la sera. La bicicletta lo aiutò, in questo percorso di andata e ritorno, a risparmiare il tempo da dedicare in modo puntuale all’uno e all’altro impegno.

Poi venne il suo turno. La sua gente non la volle lasciare mai. In due occasioni, quel profondo conoscitore di sacerdoti che fu il card. Giovanni Battista Nasalli Rocca, arcivescovo di Bologna, al termine della prima visita pastorale alla diocesi, gli propose un cambiamento di sede e, quindi, una promozione. Una prima volta nel dicembre 1928 lo lusingò con la proposta di ritornare nella parrocchia che lo aveva visto cappellano, a Corticella. Una seconda volta, nell’aprile 1933, gli propose la parrocchia di santa Maria Assunta di Monghidoro. Tra l’una e l’altra proposta , l’1 giugno 1931, aveva nominato, riconoscendone la dedizione e l’impegno, canonico statuario della collegiata di San Giovanni in Persiceto.

Il cortese rifiuto opposto da don Enrico al suo vescovo, probabilmente con il sostegno dell’arcivescovo di Modena, il cappuccino mons. Antonio Ferdinando Bussolari, nativo di Lorenzatico e molto attento agli sviluppi religiosi della sua parrocchia, ebbe buon esito.

Don Enrico venne lasciato a continuare l’opera intrapresa e condivisa dalla sua gente.

Ed egli comprese bene ciò che era necessario fare. Si documentò, organizzò, propose, realizzò, poi scrisse.

Quella che si pubblica non è, infatti, propriamente una cronaca parrocchiale, ma, piuttosto, il resoconto di un impegno assolto, le cui radici lontane, così come le ricorda don Enrico Donati, stanno ad indicare la continuità della vita di fede del gruppo umano di Lorenzatico e, insieme,la compenetrazione di questa con la soluzione lenta, ma costante, dei problemi legati al rapporto tra uomo e ambiente.

Quando si mise all’opera, nel 1940, don Enrico Donati, dopo vent’anni di esperienza parrocchiale, lo fece con l’intenzione esplicita, e in alcuni casi sottolineata, di lasciare una base di riferimento per il futuro; certo, per caratterizzare il suo passaggio, ma soprattutto per indicare un cammino percorso, in vista di quello da percorrere. Lo fece anche con rigorosa puntualità, propria di un amministratore oculato dei beni altrui, tanto da redigere il testo in terza persona.

Di qui, gli insistiti rimandi interni, la prolissità di alcune descrizioni. Tuttavia, ne l’una, ne gli altri tolgono valore alle notazioni e alle sottolineature originali e personali. Si vedano, in particolare, i giudizi e le osservazioni sui mutamenti della realtà umana della parrocchia; sulle scelte compiute, a scapito della popolazione, dal mal governo fascista; sui mutamenti prodotti dalle condizioni poste dal conflitto mondiale.

Dopo il recupero compiuto per gli anni precedenti, nel 1940, don Enrico Donati aggiunse in seguito la riflessione sintetica relativa all’anno trascorso. Così, il resoconto di don Enrico Donati rimane sospeso al 1944.

La stampa delle scritte di don Enrico Donati ha comportato alcuni limitati interventi, utili al fine di rendere meglio comprensibile il testo di complessive 234 pagine protocollo. Si sono aggiunte le date annuali, mentre si sono tolte le indicazioni marginali dei paragrafi e i rimandi interni.

Si è provveduto: a sciogliere e a uniformare le abbreviazioni; ad eliminare le eccessive ridondanze del lessico ecclesiastico del tempo. Si sono, infine, tralasciati, anche perché ampiamente riassunti dall’autore, i brani ripresi - pp.15-39 del testo originale - dalla cronaca redatta da don Giacomo Pistorozzi.