L’inchiesta

  Facciamo una revisione regionale dei quadri. Nessuna meraviglia che ciò avvenga ad armistizio, purtroppo non ancora proclamato. Ma tant'è. Nelle soste si usa rivedere il «ruolino di marcia», se non fosse altro per contare gli assenti.
  Ogni reggimento non conta i morti la sera della battaglia? Nel diario storico di ogni Brigata non sta segnato, dopo ogni fatto d’arme, il numero dei caduti in combattimento?
  Anche il Clero è uno schieramento ordinato a difesa. Quotidianamente impegnato! Forse per questo non ha tempo da perdere a scrivere diari storici soprattutto in Emilia. Qui, imboscati non ce ne stanno. E’tutta primalinea. Il trentottesimo parallelo passa per ogni parrocchia. Nè, tanto meno, il mio parroco è uno di quelli che faccia domande per fregiarsi di nastrini.
  I più petulanti agli sportelli, sono sempre i creditori improvvisati.
  Il Clero, in genere, ed il Clero emiliano in particolare, ha dato e continua a dare senza chiedere nastrini. Non intende fregiarsi di stellette per ogni morto del suo reggimento. Però è bene che si sappia quanti suoi confratelli sono caduti. Meglio, quanti gliene hanno ammazzati.

Per cause di guerra

  Proprio quello che intendiamo fare con la seguente rassegna.
  Il perimetro geografico di questa inchiesta, va da Rimini a Piacenza, da Modigliana a Guastalla, cioè abbraccia tutta l’Emilia, per lungo e per largo. S'interessa, si è detto dei PRETI AMMAZZATI tralasciando quanti hanno trovato la morte per cause di guerra: come potrebbero essere gli incidenti colle esplosioni, i bombardamenti o le malattie. Contiamo solamente la morte violenta procurata dalla mano armata di un assassino.
  In guerra è il cappellano militare colui che segnala i decessi. Ma chi segnala la morte dello stesso cappellano? Ecco: finora non è stato compilato alcun elenco generale dei «PRETI AMMAZZATI» in Emilia. Più che alla dimenticanza, il mancato catalogo lo si deve alla battaglia che in questa regione perdura.
  Ma oggi vogliamo buttare negli occhi degli avversari, dell’uno e dell’altro estremismo, un numero.
  Si sa che i morti non si schierano coi vivi e come i vivi, però la loro memoria sanguinante brucia nei cuori dei sopravvissuti.
  Come ultima considerazione sia detto che qui s'intende compilare un catalogo di martiri. Aliena quindi qualsiasi intenzione di buttar sospetti sugli eventuali assassini, qualora fossero ancora incerti, o incriminare fazioni politiche. Si fa nè più nè meno quello che faceva in guerra il cappellano militare: segnalare la morte e il posto dove il combattente era stato colpito. Ai familiari scriveva i particolari dell’agonia. Quello che faremo noi qui.

Segno di contraddizione

  Oramai il quadro dell’inchiesta è ben circoscritto. Si è detto il luogo: Emilia; si è stabilito il metodo: semplice segnalazione di morte, tutt'al più qualche particolare che ha accompagnato la scomparsa. Circa la motivazione dovremo purtroppo scrivere come sui moduli del Ministero: per causa di guerra.
  Resta da determinare il segmento di tempo. Da che giorno cominceremo a controllare i quadri? Da che giorno, insomma, incominciarono a comparire le mani assassine? Stabiliamo: l'8 settembre 1943.
  Va detto, prima di dar principio all’inchiesta, che contro il mio parroco se la sono presa un po’ tutti. Sotto qualsiasi regime o fazione il mio prete ci ha sempre preso di mezzo. Fascisti e non fascisti, brigate nere e partigiani, tutti insomma, al di qua o al di là del crinale, si sono trovati in collusione concorde contro di lui. l’eterno segno di contraddizione che permane a dimostrare ancora una volta (se non fosse superfluo) che chi tutela i diritti di Dio non si accorda con la compiacenza degli uomini, di qualsiasi fazione essi siano.

  Don Francesco Venturelli, arciprete di Fossoli vicino a Carpi, riproduce questa contraddizione. Era stato cappellano nel campo di concentramento sito proprio nell’ambito della sua parrocchia. Aveva assistito tutti quanti: prima gli inglesi, poi i fascisti, poi i partigiani e i ricercati politici, infine i brigatisti neri e i collaborazionisti. Il sacerdote non domanda la tessera politica. La sera del 16 gennaio 1946 uno sconosciuto bussò alla porta della sua canonica e l’invitò, angosciato, ad accorrere sulla strada provinciale dove si era rovesciata un'auto. Nel breve tratto che intercorre tra la canonica e la strada provinciale una scarica di mitra a tradimento lo fulminò. Il tempo appena di esclamare: «Oh, no!». Una macchina sulla strada col motore acceso caricò gli assassini e se ne partì.

L’altra fazione

  Don Venturelli aveva detestato gli atti di brutalità e di vendetta politica che andavano ripetendosi nel Carpigiano dopo la Liberazione con i suoi detenuti fascisti. Le sentinelle messe dì guardia al campo di concentramento riferirono. Riferirono altresì che don Venturelli portava ai relegati giornali anticomunisti.

  Fucilato nel poligono di Bologna dall’altra fazione fu invece il settantenne sacerdote faentino, don Antonio Lanzoni. Gli fu imprestata una tonaca prima di caricarlo sul furgone fatale, per risparmiargli anche l’ultima onta della nudità. Nella sua parrocchia di Montecchio, sopra Faenza, ospitava tutti: partigiani e non partigiani. La carità, ripetiamo, non chiede la tessera. Fascisti travestiti lo tirarono nel tranello politico. Fu trascinato via mezzo vestito, portato al comando fascista, inviato al carcere di Bologna e fucilato nel marzo 1944.

  A segare il collo al giovanissimo don Mario Turci, parroco di Madonna dell’Albero di Ravenna, furono invece i tedeschi. Insomma il mio parroco ha avuti tutti contro. Per impedire che i suoi parrocchiani entrassero nella zona minata dai tedeschi accanto alla sua parrocchia, don Mario stava segnando con frasche il terreno pericoloso. Una pattuglia tedesca lo prese e lo portò al Comando di Ravenna. Lì, venne sottoposto ad un interrogatorio. Poi c'è chi dice di averlo visto ritornare. Ma un caporale austriaco avvertì che «pastore non tornare più, perchè segato collo con baionetta». Il cadavere non si è ancora trovato.

  La stessa sorte per don Pietro Rizzo, parroco di Iolanda di Savoia (Ferrara). Prelevato dalla sua canonica la notte del 28 marzo 1944 da tre militi fascisti, venne fucilato lungo la spianata della Galena del Po. Unicamente per le sue idee espresse. Ecco il paradigma della contraddizione del mio parroco. Estremisti rossi e neri, brigatisti e tedeschi gli sono stati ostili. Miglior titolo onorifico non poteva toccare al suo martirio. La verità che non parteggia finisce per essere contro tutti. Fu il destino del mio parroco.