Cuore di lavoratore

    Ti prego, non prendermi in mano in un giorno di festa. E neanche in un'ora qualunque del giorno. La sera, quando tornerai dal tuo snervante lavoro, quello è il momento adatto. Con la tua bimba sulle ginocchia ad accarezzarti, e col cuore tanto buono, puoi cominciare a leggere questa storia. È una bimba che racconta, una povera bimba. Non avere vergogna se ti verrà da piangere. È una storia così dolorosa! E il pensiero che anche la tua Silvana debba un giorno rivivere, essa stessa, questa vicenda, quel pensiero, amico mio, allontanalo come un pensiero cattivo.
    Ecco, la bimba, gli occhi lucidi di lacrime, racconta: «Avevamo un cavallo, una vacca, una piccola giovenca, cinque pecore, qualche maiale e un granaio: è tutto. Ogni sera veniva un poliziotto e portava il papa alla caserma del villaggio. Volevano da lui il grano e non credevano che non ce ne fosse più. E invece era proprio vero, lo giuro. Per tutta una settimana non lasciarono dormire il papa e lo picchiavano con dei bastoni e con il calcio delle rivoltelle: era tutto pieno di lividi e di gonfiori. Poi, una mattina, quasi un anno fa, arrivarono degli estranei. Ce n'era uno che veniva dalla polizia, e con lui c'era il presidente del nostro tribunale. C'era anche un altro uomo che scriveva in un libro tutto quello che c'era da noi, anche i mobili e i vestiti, e i piatti e le pentole... E poi sono venute delle macchine e hanno portato via tutte le nostre cose, e le bestie che rimanevano furono portate all'ammasso... La mia mammina s'era messa in ginocchio e supplicava gli uomini piangendo, e anche il papa e mio fratello Valia piangevano, e anche la mia sorella Shura. Ma non servì a niente. Ci ordinarono di vestirci e di prendere un po’ di pane e di porco salato, delle patate e delle cipolle perché dovevamo fare un viaggio molto lungo. Ci misero tutti nella Chiesa. C'era molta altra gente del nostro paese, coi bambini: tutti avevano dei pacchi e tutti piangevano... Abbiamo passato lì tutta la notte, al buio: non si faceva che piangere e pregare, e ancora piangere e ancora pregare... Al mattino ci fecero uscire con una trentina di altre famiglie, e ci fecero mettere in cammino, scortati da alcuni soldati. Quelli che ci vedevano passare facevano il segno della croce e si mettevano a piangere come noi... Alla stazione c'era molta altra gente come noi, che veniva da altri paesi: erano migliaia e migliaia, mi sembra... Ci ammassarono in un granaio in muratura... Dopo un po’ ci fecero uscire e salire su dei carri bestiame: ce n'erano delle lunghe file... Quando il vagone fu pieno, così pieno che non ci stava più nessuno nemmeno in piedi, lo chiusero a chiave dal di fuori. Allora tutti si misero a invocare la Madonna e a gridare. Poi il treno partì. Nessuno sapeva dove eravamo diretti: chi diceva a Est, chi all’estremo Nord, chi nei deserti dei paesi caldi. Vicino ad una città mi permisero di andare a prendere un po’ d'acqua con mia sorella Silura. La mamma ci diede una bottiglia e qualche soldo dicendoci di comperare un po’ di latte per il nostro fratellino ammalato. A forza di supplicare, la guardia ci lasciò andare... C'erano vicino delle capanne di contadini e noi corremmo in quella direzione più in fretta che potemmo. Quando i contadini sentirono chi eravamo, si misero a piangere. Ci diedero da mangiare, riempirono di latte la nostra bottiglia e non vollero accettare denaro. E ritornammo correndo alla stazione: ma era troppo tardi, il treno era partito senza di noi».
    La bimba, sola al mondo, ha finito. E piange. Amico mio, sospendi la lettura. Guarda i bei riccioli della tua Silvana. Non dirle quello che hai letto. Pensa soltanto al suo domani. Ma... potrebbe essere che anch'ella... No, tu non vuoi. Te n'eri accorto? Mentre leggevi, Silvana s'è addormentata. «Piccola Silvana, mia piccola bimba, a te non accadrà mai nulla di tutto questo». E mentre la baci, la tua bimba, i tuoi occhi sono pieni di lacrime.
    Sai dove è avvenuta questa brutta vicenda?
    Te l'ha raccontata il testimone auricolare Kravchenko. Sembra quasi impossibile, nevvero? Eppure è proprio stato il Comunismo a ridurla così la Russia: una terra di schiavitù.
    Ti hanno detto che il Comunismo e la Russia sono il Partito e la Patria dei lavoratori? Ascolta: prima di crederlo leggi con me la legislazione sul lavoro e la sua applicazione per mezzo del Comunismo in Russia. Poi tu, tu solo, concluderai. Liberamente.