Terza udienza

Mistica marxista

    24 maggio 1949. - Il seguito della deposizione del sen. D’Onofrio, si protrae per tutta l'udienza odierna concludendosi con un vivace incidente fra gli avvocati della difesa e quelli di parte civile.
    Il querelante ha esordito smentendo di avere assunto in Russia lo pseudonimo «Edo».
    Presidente: — Ci parli delle sue conferenze con i prigionieri.
    D'Onofrio: — Nei primi giorni dopo il mio arrivo al campo di Oranki ebbi alcune conversazioni singolarmente con gli ufficiali internati, soprattutto con quelli che costituivano il gruppo antifascista. Ma poi volli parlare con tutti gli ufficiali, molti dei quali avevano sollecitato questi colloqui.
    Presidente: — Chi era presente a queste conversazioni?
    D'Onofrio: — Quasi sempre si svolgevano tra me e l'ufficiale senza la presenza di terze persone. Solamente qualche volta assistette alle conversazioni il magg. Orloff. La porta delle baracche, ove esse si svolgevano, era sempre aperta e non fu mai redatto alcun verbale, in alcuna lingua, di quanto si diceva nel corso di quelle conversazioni. La mia era, dunque, una semplice inchiesta giornalistica che mi doveva servire per i miei discorsi e per gli articoli da stampare sul settimanale «L'Alba». Gli ufficiali mi erano presentati dall’istruttore politico Fiammenghi.
    Presidente: — Era presente il Fiammenghi alle conversazioni?
    D'Onofrio: — Solo qualche volta. Escludo che io o il Fiammenghi, o il magg. Orloff (il quale non è vero appartenesse alla polizia di Stato sovietica ma era soltanto ufficiale di amministrazione) abbiamo mai scritte in precedenza domande o risposte che avrebbero costituito l'oggetto delle conversazioni.

«Un ordine del giorno... inno di italianità»

    Il D'Onofrio nega di aver minacciato, in un incontro personale, il ten. Ioli, che, a suo dire, faceva nel campo attiva propagando fascista, e di averne provocato l'invio in un campo di punizione. Ma non può contestare, che lo Ioli fosse in realtà gravemente punito e allontanato.
    Il senatore comunista dice di aver scritto su «L'Alba» un ordine del giorno che costituirebbe un inno di italianità, di compiacimento per la caduta del fascismo e per il nuovo governo Badoglio, approvato all'unanimità. Inesistente quindi, a suo dire, l'appello antigovernativo e rivoluzionario.
    Inizia il serrato fuoco di fila delle domande, rivolte dagli avvocati, tramite il Presidente.
    Avv. Taddei: — Quale era la posizione giuridica degli italiani emigrati in Russia?
    D'Onofrio: — Io ho sempre mantenuto la cittadinanza italiana, in Francia, come in Spagna, come in Russia.
    Avv. Taddei: — Perché, allora, mentre l'Italia era in guerra con l'U.R.S.S. lei circolava liberamente in Russia?
    D'Onofrio: — Non ritengo necessario rispondere a questa domanda.
    Avv. Paone: — Qui si vuole fare il processo all'antifascismo. La domanda non è pertinente alla causa.

Parlano i morti... da radio Mosca

    Avv. Taddei: — Spieghi, il sen. D'Onofrio, come mai il tenente Amadeo, fucilato nel 1943, poté far pervenire per radio notizie alla sua famiglia ancora nel 1946.
    D'Onofrio: — Non conosco questo fatto specifico. Quel che posso dire è che tutti i messaggi venivano ammassati da Radio Mosca che li trasmetteva a gruppi; Non è quindi escluso, dato il gran numero di essi, che alcuni potessero esser trasmessi con ritardo (ritardo triennale!).
    Avv. Taddei: — Il querelante, sa che contro qualcuno dei prigionieri italiani da lui interrogati, è stato celebrato in Russia un procedimento penale?
    D'Onofrio: — No. Non mi risulta... D'altra parte non ho mai fatto indagini in proposito.
    Avv. Taddei: — Certi Danilo Ferretti e Fidia Gambetti, facevano parte del gruppo antifascista?
    D'Onofrio: — Sì. Li conobbi ambedue. L'uno e l'altro mi confermarono la loro fede fascista ma poi mutarono radicalmente le loro idee. Il Ferretti diventò collaboratore de «L’Alba».
    Avv. Mastino Del Rio: — Infatti... prima era capo della stampa e propaganda del fascismo e poi...
    La frase dell’avvocato della difesa provoca un vivace incidente fra i patroni delle due parti e il pubblico, come al solito numeroso, sottolinea il battibecco con lunghi mormorii e con segni evidenti di nervosismo sicché il Presidente ritiene opportuno rinviare la udienza a domani.

vedi didascalia
«Il redivivo, il redivivo» ha gridato Padre Fiora quando ha incontrato nei corridoi di Palazzo di Giustizia, il sottotenente Santoro, dato ormai per caduto da tutti i commilitoni, dopo che da cinque anni non si avevano più notizie di lui. I due compagni di prigionia si sono abbracciati commossi.

Le udienze
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