Ventottesima udienza

«Tribuna aperta a tutte le idee»

    18 luglio 1949. - In una elegante rilegatura è apparsa sul tavolo dell’avv. Sotgiu, per la prima volta, una collezione completa del settimanale «L’Alba» e il patrono di Parte Civile se ne è abbondantemente servito per dimostrare false le asserzioni del Pubblico Ministero, secondo il quale su quel foglio non trovavano ospitalità che espressioni del pensiero marxista e comunista.

Tamboff, Krinovaia = Mathausen, Buchenwald

    Avv. Sotgiu: — È vero che il settimanale era compilato da comunisti, ma ciò non toglie che esso fosse lo stesso «una tribuna aperta a tutte le idee». Che il giornale non fosse un organo della propaganda comunista sta poi a dimostrarlo il fatto che nella parte politica di esso voi non troverete mai un attacco al fascismo (perché i redattori sapevano bene che la maggior parte di quanti avevano la tessera non erano fascisti nell'animo) ma molti contro il nazismo. In compenso a quel settimanale collaboravano scrittori di tutte le tendenze politiche, vi si scrivevano articoli in cui si discutevano programmi e direttive di tutti i partiti democratici malgrado l'Italia non fosse stata ancora liberata. Al partito comunista veniva riservato lo stesso spazio eguale a quello riservato agli altri partiti. Quindi non visioni particolaristiche in senso classista o marxista, ma unico scopo quello di preparare, attraverso la riconciliazione degli animi, quella unità morale degli italiani, indispensabile per affrontare la ricostruzione del Paese alla fine della guerra.
    Ricostruzione, si intende, a base di scioperi, agitazioni, prelevamenti e colpi alla nuca.
    Avv. Sotgiu: — Si è parlato di vita orribile nei campi di concentramento, ma basta sfogliare la collezione de «L'Alba», per accorgersi della falsità di queste asserzioni. Infatti vi si trovano articoli e fotografie da cui è possibile avere conferma di cerimonie e di feste avvenute nei campi di prigionia. Appare per lo meno strano, dunque, quello che in udienza è stato raccontato dagli imputati e dai loro testi. E voi (puntando un dito accusatore verso il banco degli imputati) avete osato paragonare i campi di Tamboff, Krinovaia ed altri a quelli tedeschi di Mathausen e di Buchenwald? Vergognatevene. E ricordatevi che qualunque potrà essere la sentenza voi dovrete sempre rendere conto delle vostre false accuse alla civiltà di tutto il mondo.

«Licenza premio a... Mosca»

    Avv. Sotgiu: — Legga, il Tribunale, in Camera di Consiglio la rubrica «La vita dei campi» alla quale collaboravano gli stessi prigionieri. In questa rubrica, il Tribunale troverà descritti gli svaghi, le provvidenze spirituali e morali che nei campi furono attuate in favore dei nostri prigionieri. Tra l'altro, il Tribunale apprenderà da questa interessante lettura, come cinque ufficiali italiani ebbero addirittura una licenza premio che trascorsero a Mosca. Nella rubrica che indico, questi ufficiali hanno lasciato scritto una descrizione delle meraviglie che videro in quella metropoli.
    L’avv. Sotgiu non spiega perché in Russia si danno licenze per ammirare le meraviglie di Mosca e non quelle d'Italia.
    P. M.: — Perché non ci dice pure che quei cinque ufficiali erano cinque attivisti?
    L'interruzione, passata forse inosservata all’avv. Sotgiu nella foga oratoria, è stata raccolta a volo dall'avv. Paone il quale è scattato per protestare vivacemente e per rispondere al P. M. Al tentativo fatto dal Presidente di riportare la calma, l'avv. Paone ha replicato che ha creduto necessario intervenire perché il suo collega era stato interrotto.
    P. M.: — Egregio avvocato, io in quest’aula sono sempre presente, mentre lei, avendo già parlato, è scomparso.

«Ventisette ufficiali «ufficialmente» trattenuti in Russia»

    Ma non si è ancora spenta la eco di questo primo battibecco che subito ne sorge un secondo. Infatti l'avv. Sotgiu, proseguendo nell’esposizione della propria tesi, stava consigliando al Tribunale la lettura di una lettera del gen. Pasqualino, pubblicata da «L'Alba», nella quale si elogia il servizio di assistenza sanitaria praticato nell’ospedale, assistenza di cui egli stesso ebbe occasione di fare esperienza, quando l'avv. Mastino Del Rio è intervenuto.
    Avv. Mastino del Rio: — Perché non dite pure che il generale Pasqualino è tra i ventisette ufficiali che sono stati trattenuti in Russia?
    Avv. Sotgiu: — Vuol dire che il gen. Pasqualino non è stato trattenuto per ragioni politiche....
    Avv. Mastino Del Rio: — Diteci allora: perché la Russia non ce lo restituisce?

Domande senza risposta

    Ma quest’ultima domanda è rimasta senza risposta e l'avv. Sotgiu ha continuato illustrando l'attività degli emigrati politici nei campi di concentramento, e in particolare l'opera svolta dal D'Onofrio. Gli emigrati arrivarono nei campi dopo il periodo delle epidemie e loro prima cura fu quella di portare una parola di conforto a quei disgraziati fratelli. Gli imputati parlano di «interrogatori», di «vessazioni», di «violazioni di coscienza». Ma D'Onofrio come avrebbe potuto parlare ai prigionieri, dopo dieci anni di esilio, se non avesse prima guardato gli uomini in faccia? se non avesse esaminato le loro idee? Ecco, secondo la P. C. in che cosa consistevano gli «interrogatori» e le «vessazioni». Ed una prova la troviamo ancora ne «L’Alba» dove in uno dei primi numeri si legge un articolo di D'Onofrio dal titolo «Chiacchierando con i prigionieri». E quali le precise ragioni di queste conversazioni fra l'emigrato D'Onofrio e i prigionieri? Nient’altro che il desiderio di saggiare la loro coscienza, conoscere in qual guisa le vicissitudini avessero agito su di loro, riportarli alla piena realtà del momento. E del resto le conversazioni furono improntate alla più schietta italianità e patriottismo, alla più pura obiettività.

«Vessazioni e violazioni di coscienza»

    Avv. Sotgiu: — Gli imputati e i loro testi hanno riferito che grande differenza c'era fra le conversazioni che il D'Onofrio teneva in pubbliche adunanze e quelle che aveva in privato con i singoli prigionieri. Ma se questo fosse vero noi ci troveremmo di fronte ad una tale illogicità, ad una tale incoscienza che davvero ne dovremmo rimanere sorpresi. C'è piuttosto da chiedersi: Che bisogno aveva D'Onofrio di coartare le coscienze dei prigionieri? Tutti nei campi potevano liberamente esprimere le loro idee e il giornale murale era una palestra su cui ognuno poteva liberamente esercitare la propria critica. Del resto non è stato affatto dimostrato che coloro i quali volevano persistere nelle proprie convinzioni politiche subissero coercizioni morali o materiali.
    E qui l'avv. Sotgiu ha cominciato a parlare del caso del cap. Magnani e del ten. Ioli per dire che non è vero che essi si limitassero a fare dell’opposizione, ma continuarono tranquillamente a fare propaganda fascista senza che nessuno li disturbasse.

«L'attività del cap. Magnani»

    Avv. Sotgiu: — E poi quale pericolo poteva mai rappresentare per la Russia o per il comunismo l'attività del cap. Magnani?
    Assurda più che temeraria, è dunque da considerarsi l’accusa mossa contro D'Onofrio di aver costretto ufficiali prigionieri a rinnegare il loro credo politico anche con minacce.

    Ma di ciò si parlerà ancora perché all'avv. Sotgiu non sono state sufficienti neppure tre udienze per esaurire la sua arringa.

Le udienze
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