Cronistoria della parrocchia di San Giacomo di Lorenzatico - 1944

Da tempo era riconosciuta la necessità di un nuovo edificio scolastico per la nostra frazione e di parte di quella di Zenerigolo: il "palazzo delle scuole", così detto perchè da lunghi anni (fin verso il 1880 le scuole elementari furono tenute alla "Ca’ Lunga") servì a tal fine, non rispondeva più allo scopo, sia pei nuovi criteri di ampiezza e decoro delle aule, sia anche perchè trovandosi all’estremità (a sud del ponte di Loreto), era troppo scomodo l’accesso per gli alunni di Zenerigolo e Tassinara. Il municipio di San Giovanni si rivolse all’amministrazione del principe d’Orléans, duca di Montpensier, proprietario della tenuta Lorenzatico, chiedendo prima il terreno allo scopo presso il quadrivio del Cristo, nell’angolo Biancolina-Biancolina vecchia verso la chiesa; ma essendosi opposto l’affittuario della tenuta stessa Pietro Zucchi pel timore di minorazione di quiete (i bimbi sono turbaquiete per natura!), venne concesso nel fondo Mascellaro, sulla via Biancolina, al confine col fondo Gazzo del nostro beneficio. E nella seconda metà del 1914 venne intrapresa la costruzione dell’edificio scolastico, con tre aule al terreno (cantine e granai sotterranei) e tre appartamenti al primo piano, l’uno, il mediano, pel bidello, con accesso direttamente dalle scuole, gli altri due, uno per lato, con accesso da veranda con balustra di ferro. L’edificio è riuscito decoroso, quantunque di costruzione affrettata, o, meglio, di materiale scadente, specie quello coesivo.
Per l’innalzamento del cortile di detto edificio venne usato il terreno estratto dal vecchio macero eseguito nel 1787 a cura del parroco don Giacomo Pistorozzi "un piccolo macero di sei poste", macero che venne così ampliato a m. 35x15 e rivestito con assito di abete a cura del municipio stesso e col concorso degli affittuari dei due poderi Gazzo e Chiesa: ma fu assito eseguito non certo a regola d’arte; per cui dopo appena un paio d’anni si videro galleggiare travetti ed asce. Perciò, nel 1944 il parroco pensò ad un assito nuovo (veramente era suo desiderio vivissimo costruire in muratura, ma nol potè per la difficoltà e costo del materiale quasi introvabile); assito ricavato abbattendo due querce, cinque grossi gelsi, cinque pioppi dal fondo Chiesa; due gelsi, tredici pioppi dal Gazzo; due querce dal fondo Sassi in Zenerigolo, di proprietà della nostra chiesa: da tutti questi alberi furono ricavati anche i paletti (60 dalle querce, 20 dai gelsi del fondo Gazzo e altri 6 dai pioppi). Il lavoro, eseguito dal 31 gennaio al 18 febbraio è bene riuscito e sperasi duraturo.
Contemporaneamente si è pensato ad iniziare un altro lavoro molto importante: causa la gelata del 1929 e l’innondazione dell’agosto 1937, le viti ed anche le alberature ebbero a soffrire non poco. Si è pensato di ovviare a ciò, ed anche alla malattia degli olmi serpeggiante un po’ dappertutto, con filari nuovi in terreno vergine a 50 cm. dalle scoline, propagginando le viti, unico rimedio efficace a giudizio comune. Già nel febbraio 1943 venne eseguito un primo filare nell’appezzamento a sud dell’abitazione del fondo Chiesa, con immissione di 26 olmi, che hanno assai bene attecchito, a 50 cm, come si è detto, dalla scolina. Nel gennaio-febbraio 1944 si sono fatti due filari ai lati di quello a destra del suddescritto, ricavandone in mezzo una cavedagna di accesso a sud agli appezzamenti a ponente, troppo lunghi e non possibili di frazionamento. In questi due filari sono stati immessi 58 meli, 29 per ognuno. E’ stato inoltre eseguito altro filare ad olmi in corrispondenza di quello dei due suddetti a 50 cm dalla scolina, verso la chiesa: sono così quattro i filari nuovi, da cui tanto si spera. Naturalmente venne anche propagginata la vite, che bastò quasi completamente pei quattro filari, e, dove mancò, vennero immessi tralci. Venne atterrato il vecchio filare sulla nuova cavedagna, mentre gli altri due filari lo saranno, allorchè le propaggini della vite saranno assicurate.
Contemporaneamente nel fondo Gazzo si sono compiuti identici lavori, e inoltre un altro di bonifica, il quale è consistito nell’approfondimento e allargamento del fosso che dal confine a sud fra i due appezzamenti in appendice e i due altri corrispondenti raggiunge la via Biancolina per sfociare attraverso detta via nella bonifica. Mentre detto fosso era insufficiente allo scolo delle acque, studiata la cosa, si è rilevata la possibilità di ovviare all’inconveniente coll’allargarlo, come si è detto, e approfondirlo, e naturalmente, alzandone le sponde in proporzione. A ciò è occorsa parecchia manodopera (circa 300 ore lavorative), con tubi di cemento di 40 cm. nel ponte che dà nel cortile. Il lavoro è riuscito soddisfacente e ovvierà all’inconveniente dell’acqua sul terreno coltivabile, con grave danno anche all’alberatura e alle viti, quasi sterili. Sono stati eseguiti inoltre quattro filari, dei quali uno a meli nell’appezzamento a sud della casa, accanto al fosso di cui si è detto, in luogo del vecchio filare ad olmi vecchi e danneggiati, come detto, dal ristagno dell’acqua. Venne ivi propagginata la vite sopravvissuta e, dove mancava, furono trapiantate n. 100 barbatelle di clinton.
Altri due filari vennero eseguiti accanto all’edificio scolastico, ad olmi, con propaggine ivi pure della vite, previo atterramento della vecchia alberatura ad olmi e pioppi; un quarto nell’appezzamento a mezzogiorno in confine col fondo Mascellaro, pure ad olmi e con propaggine delle viti sopravvissute, e immissione di tralci dove queste mancavano. Qui pure, come negli altri filari del fondo Chiesa, a cm. 50 dalla scolina per più razionale utilizzazione del terreno e per immissione delle piante in terreno vergine, più adatto e più sicuro.
In complesso il lavoro sperasi ben riuscito e avrà felice esito. Per la spesa di bonifica e degli impianti nel fondo Gazzo e in quello Chiesa, spesa relativamente forte, è bastato fortunatamente il ricavato dalla legna rimasta dall’assito del macero.
E’ rimasta allo scoperto la spesa dell’assito del macero (acquisto due querce del fondino Sassi, segatura dei tronchi pei travetti e tavole, prosciugamento del macero, manodopera, vino agli operai) per £. 8325, a carico del parroco.
Nel tardo autunno 1939 vennero trapiantati nell’orto di canonica a fianco e tergo della chiesa diciotto meli e cinque peri ad alto fusto, coll’assicurazione da parte della ditta fornitrice Ansaloni di Bologna trattarsi di frutta per l’inverno; speriamo che ciò sarà, perchè di frutta estiva o autunnale non c’è necessità, potendosi provvedere con relativa facilità ed avendo già qualche pianta fruttifera all’uopo per l’estate, mentre per l’autunno sopperiscono l’uva e i fichi, cresciuti rigogliosi nel detto orto, addossati al muro della canonica, trapiantati fin dal 1920.
Gli impianti di cui sopra ebbero inizio nel fondo Gazzo, dove nel dicembre 1943 si eseguì il filare presso la via Biancolina, nel quale vennero trapiantate sedici piantine di meli, essendo questa inizialmente l’intenzione del parroco: un filare di frutti, tanto per incominciare; e proseguire poi negli anni avvenire. Le piantine erano in ottima forma e promettevano quindi bene.
La mattina del 26 dicembre il conduttore del fondo si accorse che ne mancavano cinque presso la via, veramente la cosa era tanto incredibile, che non voleva credere; ma era proprio vera: evidentemente in una notte imprecisata fra il 19 e il 25 un "galantuomo", al quale occorrevano appunto cinque piantine di meli, pensò di appropriarseli col minimo di fatica e senza spesa! In conseguenza di questo furto di nuovo genere il parroco abbandonò l’idea del filare a frutti presso la pubblica via, fece scavare un nuovo filare nell’appezzamento a mezzogiorno dell’abitazione, nel quale furono trapiantate le undici piantine di meli superstiti, aggiungendone di nuove; e nel filare già dei meli vennero trapiantati 16 olmi.
La mattina di giovedì 30 settembre 1943 il parroco accompagnato da 8 figliani, 2 uomini e 6 donne, recossi in bicicletta al santuario della B.V. di S. Luca per celebrarvi la S. Messa del voto alle 10.15, durante la quale tutti si accostarono alla S. Mensa; quindi fecero visita alla Madonna, ricevendone la benedizione. Dopo la colazione al sacco si recarono in città a visitarvi le rovine causate dalle incursioni aeree nemiche a cominciare dal 16 agosto, e specialmente dell’ultima del sabato antecedente 25 settembre, in cui oltre alle gravi rovine causate agli edifici anche sacri, si lamentarono i morti a migliaia. L’esiguo numero dei partecipanti al pellegrinaggio devesi al fatto della frequenza e gravità delle incursioni. Fortunatamente in quel giorno nulla si verificò. Deo gratias!

Anche nel 1944 si sono tenuti, oltre gli esercizi (prediche) al popolo dal 2 al 6 gennaio, quelli per le giovani dal 19 al 23 stesso mese, e per le donne dal 22 al 25 marzo; quelli al popolo e alle giovani predicati da don Alessandro Martini, cappellano di San Giovanni in Persiceto; questi da don Aleardo Bergamini, pure cappellano di quella città, arciprete eletto di Molinella. Ambedue predicarono la santa parola con unzione ed efficacia, e, si spera, con frutto duraturo. Il concorso fu consolante.

Il 19 gennaio 1944 moriva nell’ospedale di Moosburg in Germania il parrocchiano sergente maggiore Ranzolin Antonio Ferdinando, orfano dalla grande guerra, ottimo giovane, appartenente alla locale associazione giovanile di Azione cattolica S. Luigi Gonzaga, di retto sentire e di vita cristianamente vissuta, sempre sereno e gioviale, consolazione e orgoglio della mamma sua. Quando, il 9 settembre 1943, i nostri soldati vennero a trovarsi abbandonati, quelli che poterono fuggirono alle case loro, gli altri o passarono dall’altra parte, cioè al nemico, o furono fatti prigionieri dai tedeschi e, dopo varie tappe internati in Germania, il nostro fu tra questi ultimi: da San Giovanni in Persiceto, dove trovavasi da qualche giorno di servizio, poteva egli pure fuggire, ma non volle: "che male ho fatto - diceva - perchè debba fuggire?" E da Modena, e poi da Mantova, poteva eclissarsi, ma tenne duro. E alla mamma che andò a trovarlo fece coraggio: "tornerò presto!" Invece non tornò più: l’ultima sua lettera porta la data del 10 gennaio, e il 19 rese la bell’anima a Dio, speriamo (non si è potuto appurarlo) assistito dal sacerdote. Ma se anche ciò non fosse, la sua condotta e pubblica e privata, la sua rettitudine e fortezza d’animo, la sua imperturbabilità di carattere, lo fanno pensare in cielo a pregare assieme al babbo suo, caduto della grande guerra, per l’amata mamma, pel diletto fratello.
La mattina di sabato 29 aprile 1944 mancava improvvisamente ai vivi Cocchi Virginia in Gruppioni, d’anni 55, abitante alla Ca’ Lunga: si era recata verso le 8 legali (7 solari) al macero immediatamente a sud della stalla colonica per il bucato. I famigliari, vistala tardare, ne fecero ricerca e la trovarono in acqua, senza alcun sintomo di annegamento: il referto medico portava: per paralisi cardiaca. Il contatto coll’acqua ha provocata evidentemente la catastrofe.

La mattina di martedì 25 aprile 1944 il parrocchiano Malaguti Antonio di Giovanni, d’anni 7, recatosi coi genitori a San Giovanni in Persiceto per una visita medica, essendo fatta la visita, stato dato l’allarme, segno di imminente incursione aerea, si allontanò dai genitori inavvertitamente e per quanto essi cercassero subito e investigassero nol poterono trovare. Sulle prime pensarono che il loro piccolo si fosse avviato verso casa, ma no; cercarono ancora, ma inutilmente; si recarono presso la stazione dei carabinieri denunciando il fatto; poi per tutto il martedì essi, gli altri famigliari e alcuni amici si diedero a cercarlo ancora in Persiceto, nei dintorni e ancora verso Bologna, Decima, Cento, Crevalcore; sempre invano, e così fino a mercoledì sera quando, recatisi ancora una volta alla stazione dei carabinieri fu loro risposto che il fanciullo era al sicuro presso una famiglia di Castelvetro di Modena! Figurarsi la gioia di quei poveri genitori! I quali la mattina di giovedì in auto poterono ricondurre a casa il loro caro dal quale appresero che egli a piedi aveva fatto il lungo viaggio - 30 chilometri circa - credendo naturalmente di avviarsi verso casa, e che a quanti l’avevano interrogato non aveva saputo rispondere abbastanza bene per essere instradato. Per tutto martedì egli aveva camminato e sfinito per la fame e per la sete a tarda ora di notte aveva bussato alla porta di agiata famiglia di quel paese, manifestando il suo nome e dando le altre generalità ma in modo confuso, per cui tutto il mercoledì fu necessario a quella stazione dei carabinieri per riuscire a scovare il domicilio dello smarrito, il quale interrogato della sua avventura nulla sa dire se non che egli credeva quella mattina di tornare a casa sua, e invece andava all’opposto. Si è guadagnato così il soprannome di Castelvetro! E dire che è fanciullo normale, di mente sveglia, di genitori pure normali. Evidentemente l’allarme l’aveva confuso!

La sera del 30 maggio 1944 avvenne nel fondo Palazzo di Tassinara un’orribile disgrazia: la fanciulla Vecchi Imelda, d’anni 7, fatta salire assieme ad altri piccoli su un carro di fieno, per un sobbalzo del veicolo scivolò d’improvviso battendo col capo sul timone e poi rotolando sotto il carro, incontrando così morte istantanea. Era tanto buona, diligente, cara a tutti! Il Signore l’ha voluta con sè prima che perdesse l’innocenza battesimale.

Anche nel 1944 le prime SS. Comunioni si sono tenute il giorno dell’Invenzione di S. Croce - 3 maggio - e sono riuscite assai bene, anche per frequenza del popolo, che in tal giorno interviene quasi al completo. Gli ammessi alla S. Mensa sono stati 24, dei quali 9 sono parrocchiani, 8 di Bagno, 4 di Zenerigolo, 3 sfollati.

Perdurando la guerra guerreggiata fra le truppe tedesche e le anglo-americane in Italia e avvicinandosi il fronte alla città di Bologna dalla Toscana, venne riconosciuta la necessità di ampliare in essa la possibilità di ricovero e cura dei militari feriti e infermi, anche per poter così ottenere dalle parti in conflitto il carattere di città ospedaliera, e per conseguenza di preservarla dalle incursioni aeree e dalla distruzione, certo non ipotetica, allorchè le truppe in contrasto dovessero trovarsi a combattere nei pressi della città stessa. Il nostro card. arcivescovo compì l’alto gesto di mettere a disposizione di sì nobile fine diversi locali attigui a chiese e conventi, primo fra tutti quello dei domenicani. Per l’attrezzatura dei nuovi ospedali (da notare che nella terribile incursione del 25 settembre 1943 l’ospedale militare e l’ospedale maggiore vennero quasi completamente distrutti) fu una gara commovente da parte degli enti e dei privati in Bologna e provincia nell’offrire letti, lenzuola, federe, materiale sanitario, ecc.., nonchè denaro.
Anche la nostra parrocchia vi concorse: la domenica 3 settembre 1944 venne fatta in chiesa e alle porte una raccolta, che fruttò £. 650, versate l’8 seguente all’apposito ente.

Il desiderio della luce elettrica nella nostra parrocchia, reso più forte dalle tante promesse fatteci e dalle ben cinque istanze inoltrate dietro consiglio autorevole, a cominciare dal 1927, erasi acuito ancora dalla mancanza quasi assoluta delle materie illuminanti a causa della diuturna, sfibrante guerra. Per l’elettrificazione della linea nostra ferroviaria Bologna-Verona-Brennero anche le frazioni Martignone e Amola ebbero finalmente la luce, restandone così prive soltanto la nostra frazione e quella di Zenerigolo. Un fatto imprevisto diede a sperare fortemente: per l’interessamento del distaccamento di militari tedeschi ivi accampati, anche la frazione Tassinara nella parte presso l’oratorio potè avere il prolungamento della rete con attacco dalla via Persiceto-Cento presso il Voltone, e il 2 settembre 1944 il fabbricato del podere Granaio potè inaugurare la luce, che poi ebbero le case circonvicine a poco a poco. Il parroco pensò giunto il momento di agire, e ricorse all’opera del maresciallo comandante il distaccamento tedesco accampato nelle nostre scuole comunali, il quale si prestò ben volentieri (spinto dal desiderio di usufruirne essi pure), e prelevò i pali per la linea dalla tenuta Barchessa, avendo assicurato la direzione della Società elettrica di San Giovanni in Persiceto di eseguire il resto in pochi giorni. Sembrava la cosa procedere a gonfie vele: i pali (57) vennero trasportati costà dalla vicina tenuta con quattro carri dei coloni della tenuta Lorenzatico, entusiasti questi di godere essi pure della tanto desiderata luce. Ma l’amministrazione proprietaria dei pali protestò, minacciando di denunciare il maresciallo al suo comando per questo operato, e fu giocoforza permettere il ritiro dei pali, rimandando l’appagamento del vivissimo desiderio. Ma il prolungamento della linea elettrica alla Tassinara dà a sperare in bene.

Il pozzo artesiano, o fontana, perforato nel marzo 1925 pel macero del fondo Gazzo di questo beneficio parrocchiale, che per parecchi anni aveva dato acqua sufficiente, dal 1940 aveva diminuito sensibilmente il gettito, che non bastava più alla bisogna. Eseguito poi il nuovo assito nel gennaio-febbraio dell’anno in corso, era tanto più riconosciuta la necessità di acqua, anche per la conservazione dell’assito stesso. Perciò nel giugno venne eseguito l’espurgo di detto pozzo, mediante trivellatura della tubatura; ma con esito negativo. Fu quindi giocoforza provvedere un nuovo pozzo, che venne perforato dal 7 all’11 agosto con esito felicissimo: in quattro giorni l’acqua aveva coperto l’assito. Sono occorsi m. 33.30 di tubatura (oltre il filtro), compresi m. 20 tubi estratti dal vecchio pozzo, con certezza quasi assoluta che l’acqua perdurerà, zampillando di fra la ghiaia alla detta profondità, ed essendo così escluso l’ingorgo dei tubi, come quando l’acqua erompe di fra la sabbia. Il nuovo pozzo artesiano è stato perforato presso il macero a levante in corrispondenza del precedente ed è costato complessivamente £. 3350, somma relativamente modica; mentre £. 112 costò l’inutile espurgo della vecchia fontana.

La mattina del 22 ottobre 1944 spirava piamente Bussolari Luigi fratello germano di mons. Bussolari, arcivescovo di Modena e abate di Nonantola, dalla fanciullezza addetto al servizio della nostra chiesa, seguendo una tradizione più che centenaria della famiglia. Ebbe fede umile, ardente; diligenza somma per la casa di Dio, rispetto e venerazione del parroco, specialmente di don Didimo Bortolotti, che lo vide fanciullo; non conobbe nemici, mai sparlò di alcuno. Peragrò, quando ancora non era campanaro-guardiano, può dirsi tutte le parrocchie per largo raggio, bene spesso a piedi, interessandosi delle sante funzioni che vi si celebravano. dell’apparato delle chiese e delle campane, che suonava specialmente a festa egregiamente. E vide con gioia l’arrivo del nuovo nostro concerto nel 1936, che pure pulsò assai bene, quantunque privo di una gamba. Il Signore, in premio di una vita spesa nel servirLo nella sua dimora terrena, lo abbia nella celeste! Il parroco dettò la seguente epigrafe-ricordo: "La mattina del 22 ottobre 1944/spirava nel bacio del Signore/Luigi Bussolari/d’anni 76/Eccelse quale campanaro-guardiano/di questa sua chiesa natale/continuando la tradizione di famiglia/rimontante al 1819/Fin dal 1931 minorato e oppresso/dal male che lo vinse/ebbe sempre fede viva/speranza/ rassegnazione a Dio/Il figlio, fratello, sorella, cognata, nipoti e parenti/lo ricordano in preghiera/Iddio conceda pace eterna/all’umile servo fedele".

La guerra immane, resa più tremenda a causa dei continui pericoli di incursioni aeree, ha prodotto fatti, che certo non si sarebbero nemmeno concepiti in tempi meno burrascosi: anche da San Giovanni è stato uno sfollamento quasi generale dal maggio 1944 fino all’inizio della cattiva stagione, in cui la massima parte ebbe a far ritorno nella cittadina (per la stimata diminuita pericolosità dei centri in confronto delle campagne). Durante questo periodo, e precisamente dall’8 al 15 settembre, nel camerone dell’abitazione predio Ca’ Rossa si sono tenuti gli esami della seconda sessione delle scuole medie di San Giovanni in Persiceto, mentre a Decima contemporaneamente si tenevano quelle della scuola di avviamento di Crevalcore. Anche Lorenzatico ha servito a qualche cosa!

Col perdurare della guerra e coll’avanzare dalla Toscana delle truppe anglo-americane, giunte ormai da Ravenna e Forlì alla via Emilia e per la via Toscana verso Pianoro, essendosi approssimato il pericolo dell’invasione con conseguente quasi certezza della nostra popolazione (con tutte le rovine materiali e morali facilmente prevedibili, ma non descrivibili), il parroco ha pensato di indire una funzione speciale per impetrare la misericordia divina per l’intercessione della Madonna, Madre delle grazie divine e rifugio dei cristiani. E venne celebrata nei giorni 9-11 ottobre 1944, con S. Messa e preghiera per la pace, seguita dal Miserere, all’altare maggiore, dov’era esposta la Madonna Lauretana. Il cappellano di Zenerigolo è intervenuto per le confessioni; in buon numero i fedeli, intervenuti numerosissimi, si accostarono alla S. Mensa. Si sono raccolte in chiesa e offerte da particolari £. 427.85; e spese £. 250. La Madre di misericordia ci impetri la liberazione da tanti mali!

La penosissima situazione politico-militare a seguito dell’armistizio dell’8 settembre 1943 ebbe col passar del tempo a produrre ben amari frutti, quali vendette pubbliche e private; banditismo; furti e rapine, anche a mano armata; numerosissime le irruzioni nelle case per uccidere e specialmente rubare. Ed anche la nostra parrocchia ha dovuto prendere atto di un episodio gravissimo in materia: la sera di lunedì 2 settembre verso le 22 legali nella casa di Fanin Virgilio, possessione San Martino della Tassinara irruppero in una ventina di individui in grigioverde, armati di fucili mitragliatori, pugnali e bombe a mano, mascherati, i quali, annunziatisi per militari tedeschi, gridarono "mano in alto!" e, fra lo spavento dei malcapitati famigliari, si divisero in varie direzioni e rovistarono dovunque; poi obbligarono il capofamiglia ad aprire un nascondiglio, dove erano state riposte le cose migliori. Conclusione: abiti invernali, biancheria, una somma di denaro aggirantesi intorno alle 50.000 lire, quindi un danno ingente; e fortuna che i malviventi rifiutarono i titoli di Stato, perchè evidentemente non ne conoscevano il valore. Dopo questa bell’azione e l’intimidazione di nulla dire, pena rappresaglie feroci, se ne andarono per la campagna in direzione del fondo San Vincenzo Ferreri presso il Condotto, donde forse erano venuti. Fra i famigliari della malcapitata casa vi fu chi ebbe l’impressione che fra i rapinatori ci fosse anche una donna; tutti poi furono convinti trattarsi di persone ben pratiche del luogo, nonchè della casa, almeno qualcuna (anche l’episodio del nascondiglio è sintomatico), ma poco adusate ai titoli di Stato. Questi indizi e il fatto di essere andati pei campi (ed era piovuto il giorno stesso), fece sorgere il sospetto di trovarsi in presenza di persone non molto lontane. In seguito si pensò a parrocchiani. E, per colpa degli stessi colpevoli, i quali spinsero l’imprudenza sino all’inverosimile, ciò diventò certezza; e se ne parlò nei pubblici ritrovi; e si disse di un’associazione a delinquere costituitasi nella nostra parrocchia, e precisamente in una casa colonica della tenuta Lorenzatico, facendo i nomi di singoli componenti, compresa una giovane donna, tutti parrocchiani, purtroppo, e capitanati da uno sbandato di altra parrocchia. Il parroco, di ciò reso edotto quando tutti già sapevano e parlavano, pensò bene di intervenire per troncare ogni attività ulteriore; e lo fece presso qualche famigliare dei principali indiziati, con quei modi che l’estrema delicatezza della cosa voleva: gli appartenenti alla combriccola protestarono la loro innocenza, qualcuno anzi si fece vivo, compresa la donna. Tutto concorse (anche certe contraddizioni in cui incapparono alcuni alla presenza del parroco) a concludere con certezza la verità dei "si dice", e che anche il fallito tentativo della sera 27 settembre di irruzione nel palazzo Ranuzzi dei signori Funi della tenuta Zenerigolo, e quello, riuscito, un mese dopo, nella casa dell’affittuario del fondo oltre Samoggia di fronte a quello San Cristoforo (di grave entità esso pure in denaro ed effetti personali) si devono a questa banda di facinorosi, che, vistisi scoperti, mogi mogi hanno troncata ogni attività, e , si spera, per sempre. Però la nostra povera parrocchia ne esce non poco malconcia!

Il razionamento, effetto della scarsità dei generi, specialmente di prima necessità, dovuta alle distruzioni causate dalle incursioni aeree e alla conseguente deficienza dei mezzi di trasporto e di comunicazione, ha aggravato il cosidetto mercato nero, pel quale, chi non ne aveva a sufficienza è stato costretto a ricorrere al mercato clandestino a prezzi naturalmente maggiorati, sì da raggiungere, certe voci, cifre incredibili: il sale, razionato esso pure, fino £. 300-500 il Kg.; il burro 500-600-800; lo strutto 800-1000; le sigarette 20-50-70-100 e più il pacchetto. I tessuti dell’anteguerra, tenuti nascosti, hanno segnato prezzi enormi: £. 500-1000 al metro; un abito da uomo è venuto a costare 10.000-30.000; e così in proporzione ogni articolo del genere. Così anche i fiammiferi, il lucido, le calzature, e tutte le altre cose, specialmente di prima necessità, non escluse le carni, prima razionate, a mercato libero poi, infine ancora sottoposte a razionamento, e quindi qui pure a mercato nero, ed ancora macellazione clandestina, colle conseguenti forti penalità ed anche arresti pei pochi rintracciati. Solo le granaglie, grazie all’ottimo raccolto, hanno fatto eccezione: £. 400 il ql. il frumento; il frumentone però l’ha superato, raggiungendo, cosa strana questa dato il buon raccolto, £. 700-900. Il vino è salito da £. 10 il litro a £. 20-25-30 ed anche più; e in seguito è scomparso completamente dal mercato, per cui molte osterie, dopo averlo somministrato con parsimonia, hanno dovuto chiudere i battenti. E questo è uno dei pochi benefizi (forse il solo) prodotto dalla situazione.
A proposito della deficienza o scarsità dei mezzi di trasporto e di comunicazione, si sono verificati due fatti, che vi hanno contribuito: la requisizione delle biciclette da parte dell’esercito germanico, e la mancanza quasi assoluta delle coperture (un copertone ha costato fino a £. 2000-3000; una bicicletta fino a £. 20.000-30.000); e la inutilizzazione quasi completa delle ferrovie a causa dei bombardamenti, mentre i tedeschi prima e gli italiani poi hanno fatto il resto, asportandone le traverse di quercia, quelli pei lavori di fortificazione, come si dirà, questi pel riscaldamento, mancando quasi totalmente la legna e totalmente il carbone. I tedeschi poi hanno incominciato l’opera di distruzione coll’asportare il filo di rame per l’energia elettrica e guastando le locomotive e i locomotori. I tedeschi hanno dovuto pian piano ritirarsi, prima da Napoli, da Roma poi e quindi da Firenze, attestandosi infine all’Appennino tosco-emiliano, con pernio il passo della Futa. Le rovine non sono state poche: valga per tutte il bombardamento anglo-americano a completa rovina della celeberrima abbazia di Montecassino - 15 febbraio 1944 - e, a Roma, della basilica di San Lorenzo al Campo Verano, che è stata distrutta per due terzi verso la facciata. Firenze è stata poco danneggiata; mentre la nostra città ha subite molte incursioni: San Francesco, il Corpus Domini (la Santa), il santuario del Sacro Cuore, la metropolitana nella facciata, la chiesa parrocchiale dei Santi Filippo e Giacomo, la Mascarella e il santuario della Madonna di via del Borgo (queste due completamente), con molte vittime, complessivamente: si calcolano a 25.000! A queste si aggiungano le vendette private e di partito, le grassazioni a mano armata, che molte vittime hanno causato. La proclamazione della Repubblica sociale italiana da parte del risorto partito fascista con a capo il duce Mussolini (liberato dalla Germania) ha causato una insanabile divisione fra gli italiani, che ne hanno fatto le spese.
Le condizioni religioso-morali si sono ancora [...]

Il manostritto si interrompe a questo punto (p. 234)