La parola del papa e dei vescovi - 21

IL DISCORSO DI SUA EM. IL CARD. ARCIVESCOVO

Eccellenze; cari Confratelli nel Sacerdozio; Fedeli,
In questa santa assemblea del popolo di Dio, intorno all’altare del Sacrificio ricordiamo stasera i preti che nell’ora torbida dell’immediato dopoguerra l’odio satanico dei negatori di Dio fece vittime del loro apostolato di verità e di amore.
Sono qui presenti anche loro, i preti martirizzati: non per una finzione vanamente consolatrice, ma presenti e uniti con noi nel vincolo misterioso ma realissimo della Comunione dei Santi.
Dei loro corpi sui quali infierì l’arma impugnata da mano fraterna, solo la salma insanguinata di don Umberto Pessina attende qui l’ultime gocce d’acqua santa quasi lacrime della Madre Chiesa, per scendere poi nella pace del suo sacello... Degli altri cinquantadue sacerdoti emiliani uccisi, delle centinaia che in tutta Italia furono sacrificati sono qui sulle croci i nomi: di alcuno, il corpo fu arso nel forno e disperse le ceneri; di altro, gettato nel macero, di altri la omertà dei pavidi non ha consentito ancora di rintracciare le tombe calpestate. Ma l’anime, l’anime loro sono qui tutte, stasera, con noi, che li ricordiamo con venerazione e rinnoviamo la coscienza della nostra comunione con loro nell’umiltà vivente del Corpo Mistico di Cristo: «Communicantes et memoriam venerantes...».
Sono qui alla Messa. Già, alla Messa; sono infatti dei preti, pei quali la Messa fu il sogno della giovinezza pura e operosa; fu la meta del lungo cammino combattuto e faticoso del Seminario...; fu poi, dopo le gioie e gli entusiasmi delle prime celebrazioni, il fulcro della loro vita sacerdotale, la sorgente misteriosa della loro forza, il modello del loro quotidiano sacrificio...
E nella Messa, ancora una volta, come sempre nell’umile vita della parrocchia campestre, maestri: maestri non d’una parola umana spesso errata, ma anche se vera, incapace di rispondere all’ansie d’uno spirito immortale; maestri dell’unica parola di vita eterna: quella di Gesù: «chi ascolta voi, ascolta Me!».
Maestri oggi ancora, e in questa assemblea della Messa, i preti uccisi: non è la loro lingua inerte, non sono le labbra sigillate dalla morte a ridirci stasera la divina parola... Eppure parlano; e mai forse la loro parola fu così eloquente, la loro voce così forte da farsi sentire anche a chi non vorrebbe sentirla oltre;... la loro vita, la loro morte costituiscono oggi la prestigiosa omelia di questa Messa...
Omelia nel senso della più pura tradizione; se infatti San Giustino - il primo scrittore che ci parla dell’omelia nella Messa - la sintetizza come una esortazione alla imitazione delle cose belle lette nei libri dei Profeti e nei racconti dell’Evangelo... Parla per questi preti, la loro vita umile e pura; parla la povertà dignitosa, lo zelo operoso, combattivo talvolta, ma illuminato sempre da una fiamma di carità, di quella carità che li ha trattenuti al loro posto, accanto al gregge vessato e tribolante negli anni di guerra, o ve li ha trattenuti dopo, sperduti talvolta in una canonica solitaria isolata alla campagna, anche quando troppe voci e troppi indizi rendevano prudente paventare il pericolo: «il mercenario, ha detto Gesù, quando vede il lupo venire, fugge, perché è mercenario e non gl’importa delle pecore; il pastore dà la vita per il suo gregge...»; perché ama.
La parola di Gesù s’è incarnata così nella loro vita modesta; s’è tradotta nella loro morte...
Ed eccoli ora intorno a noi ancora sulla cattedra; su quella che fu già la cattedra suprema del Maestro: la croce: le braccia aperte della croce parlano... «Guai a me se non predico: una necessità mi incombe!» scriveva San Paolo: e neppure la morte li ha messi a tacere, questi preti! Li ascoltiamo noi, qui, commossi; e sentiamo che c’è nella loro voce uno stimolo potente, forse un rimprovero severo ma cordiale alla nostra fiacchezza di cristiani mediocri, di pavidi, facili al compromesso e alla transazione... e li ascoltano, loro malgrado anche gli altri!...La loro parola non si tace; la loro voce non si attenua: «clama ne cesses!» « Grida, non fermarti!»...
Ed è voce di vita illibata, di morte eroica; è voce di sangue innocente, iniquamente versato...

Sono qui i preti uccisi: a Messa! Alla Messa che è sacrificio; l’unico sacrificio che possa dalla terra essere offerto alla santità di Dio per espiare e per implorare...
Ma in questo sacrificio, alla Vittima divina Cristo Gesù, che sull’altare rinnova l’offerta del suo Sangue già fatta sulla croce; si unisce, offerente ed offerto, più di ogni fedele, il Sacerdote.
Così ogni mattina, all’alba della sua giornata, il prete, trasfigurato anche esteriormente nella maestà degli abiti liturgici, nella penombra della sua Chiesa, s’avvia all’altare come ad un Calvario; unito a Cristo, del cui sacerdozio è partecipe, si offre con lui e in Lui e per mezzo di Lui, vittima alla santità infinita di Dio per l’espiazione delle colpe sue e dei fratelli, per implorare a sé e al mondo la larghezza delle misericordie e delle benedizioni divine.
Egli sa, il prete, - e la lunga iniziazione nella clausura del Seminario gliel’ha ripetuto e inculcato bene - egli sa così di dovere quotidianamente immolare se stesso, sicché la Messa non sia un’ora felice della sua giornata, ma tutta la giornata, tutta la vita... la sua vita!
Può la debolezza nostra rendere la realtà inferiore all’idea, portare pause e arretramenti, causare momenti di ribellione e suggerire gesti di rifiuto, mettendo così una contraddizione o una incrinatura più o meno cosciente, più o meno profonda tra la Messa e la vita... Ma la realtà è quella e resta quella; e torna nei momenti di maggior impegno per il prete, a illuminare il pensiero, a guidarne l’azione...
Le circostanze - che sono poi i tratti del disegno divino - diranno al prete se il suo sacrificio ha da consumarsi lento nell’oscurità della quotidiana fatica, nell’ansia costante e tormentosa per le anime a lui confidate, disagio e nell’asprezza d’una lotta, che è, sul piano umano, impari e sproporzionata; nella visione sconcertante della apparente inutilità dei suoi sforzi e delle sue fatiche...; o se, quella vita che già s’è spesa nelle opere, Dio la voglia immolata violentemente, sotto i colpi dell’odio a Dio e al suo Cristo...
Comunque sia, il Sacerdote è preparato; e dal giorno in cui, disteso sul pavimento del presbiterio, ha giurato fedeltà al suo Signore, ha inteso che la sua vita non è più sua ma di Dio e delle anime; e ne ha accettato il sacrificio...
Eccovi, dunque, cari fratelli nostri e più vivi che mai, eccovi qui intorno all’altare. Su questo altare cui vi accostava tremanti e gioiosi ogni giorno come a sorgente di perenne giovinezza, su questo altare, il vostro sangue s’è fuso col Sangue prezioso di Cristo, del quale in voi si è misteriosamente continuata e completata la Passione...
Eccovi qui; e noi, vostri fratelli, membri con Voi di questa divina famiglia che è la chiesa, oggi presentiamo a Dio con la Vittima santa, pura, immacolata che è Cristo, il sacrificio vostro, le vostre lacrime, la vostra passione; le lacrime e la passione dolorosa della Chiesa tutta, che nel mondo continua a soffrire persecuzione e martirio;... che pur su queste terre irrorate dal vostro sangue, sente l’amarezza dell’incomprensione e della diserzione dei figli, la contraddizione, l’odio bieco e cieco dei nemici; la calunnia, l’oltraggio...

Guardiamo a voi, e ci sentiamo fieri d’esservi fratelli di fede e di passione...
Guardiamo a voi, preti caduti sotto l’arma dei nemici di Dio; e pensiamo che non la Chiesa soltanto, ma il popolo tutto d’Italia, ma ogni uomo libero vi è debitore; perché non soltanto per la libertà della Chiesa, ma per la libertà di tutti siete caduti; per sottrarre queste terre e questa gente al dominio di una ideologia atea e disumana, che, oggi, coloro stessi che ispirarono la mano che vi uccise, attestano al mondo stupefatto e inorridito: si incarnava in un dispotismo feroce e pazzo...
A quell’ideologia, alla tirannia liberticida che la incarnava e la incarna e la traduce sul piano dell’azione, voi vi opponeste, barriera apparentemente fragile; ma, cadendo, voi avete arrestato l’avanzare dell’orda e dato un apporto incomparabile alla libertà del nostro popolo, che vi dice oggi il suo grazie; mentre il vostro sangue resta un monito severo a quanti, oggi ancora dopo tante esperienze, per vile timore o per più vile interesse, tentano acquietare la voce della tradizione e della coscienza nell’illusione di una impossibile conciliazione tra la negazione dei valori dello spirito e la libertà; «ubi spiritus ibi libertas!».

Ma il vostro sangue accanto a quest’altare, dove tra poco gemerà nel Calice del sacrificio il Sangue redentore dell’Agnello immolato per noi, è soprattutto preghiera...
La sua voce è potente e chiede non vendetta, ma pace: pace nella giustizia, perché «opus justitiae pax!» «la pace germoglia dalla giustizia».
Per questo siete morti!
Per affermare una fame ed una sete di giustizia; autentica fame e sete, che l’Evangelo ha posto nel mondo come un germe; fame e sete di giustizia che impone oggi problemi urgenti e affannosi di fronte al disagio profondo, alle inumane condizioni di molti fra i membri della famiglia umana; mentre nelle miserie e nelle giustizie, nelle sperequazioni tra classe e classe, tra popolo e popolo, trova nella sua marcia il punto d’appoggio e il pretesto per giustificarsi l’ateismo organizzato.
Il vostro sangue ha gridato alto e grida che solo nella luce di una paternità divina curva amorosamente su tutta l’umanità e su ognuno degli uomini si può sentire, autentica e operante, una fame e una sete di giustizia: perché solo nella luce di quella paternità gli uomini possono sentirsi fratelli e amarsi.
Per questo il vostro sangue chiede per il mondo soprattutto l’amore!
Non l’odio opererà la giustizia, come mai non l’operò; l’odio alternerebbe la vicenda ma perpetuerebbe il disordine, lo moltiplicherebbe e lo aggraverebbe, lo avvelenerebbe nel profondo, rendendo le sorti degli uomini sempre più disagiate e dure che mai.
Il vostro sangue, come quello di Cristo implora perciò per gli uomini l’amore.
Può apparire talvolta che l’amore sia disarmato e debba cedere il passo alla violenza... Appare questo anche nei tempi nostri; voi ci dite che no; l’amore vince, tutto vince, tutti gli ostacoli supera: "omnia vincit amor". E voi avete vinto! Non con la violenza: i violenti anche se potenziati da risorse enormi, cadono; muoiono, anche due volte muoiono... Voi, inermi vittime, voi caduti nell’amore e per l’amore, vivete e vincete!
E in un clima d’amore sarà possibile attuare una giustizia, che a tutti chiede necessariamente sacrifici e rinunzie; chiede soprattutto comprensione; quella comprensione che è dell’amore la condizione preliminare e nel tempo stesso il frutto più gustoso.

Sacerdoti caduti sotto il ferro dell’odio, presenti con noi intorno all’altare, levate le coppe del vostro sangue al trono di Dio, mentre la Chiesa leverà per le mie mani il Calice del Sangue di Cristo; e chiedete per questa terra tribolata, per l’Italia, per la Chiesa santa, per l’umanità tutta libertà, giustizia, pace; chiedete per i figli di Dio, divisi dal veleno dell’egoismo, l’amore!
È la preghiera della Liturgia odierna:
Da nobis, quaesumus Domine, ut et mundi cursus pacifice, tuo ordine, dirigatur et Ecclesia tua tranquilla devotione laetetur. Amen

La parola del papa e dei vescovi
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