La parola del papa e dei vescovi - 44

IL SALUTO DELL'ARCIVESCOVO DI RAVENNA - CERVIAMONS. ERSILIO TONINI

Grazie, Padre Santo,
Grazie, Signor Presidente della Repubblica,
grazie con tutta l’anima.

Ma le parole sono povere e inerti in questo clima, con quel che ci portiamo dentro.
Ci limitiamo a dirvi: qui non siete ospiti, ma semplicemente a casa; e non c’è pericolo di confusione di poteri o di invasione di confini.
La testimonianza del martirio trasferisce questo incontro in un piano superiore, dove l’amore sa distinguere e unire. Novantadue sono quelli che ricordiamo stasera: 5 seminaristi e 87 sacerdoti di cui 10 cappellani militari morti sul campo: è stata la fede a suggerire loro l’amore che li ha sospinti a saper morire per tutti.
Il fervore che ha spinto Don Minzoni a dare la vita qui, da parroco, a motivo dei giovani e dei ragazzi Scouts, è lo stesso che l’aveva spinto a divenire cappellano militare al fronte, presso la fanteria, per essere vicino ai giovani, pronto sempre a morire insieme con loro.
Un altro Cappellano militare, mio compagno di studi, Don Alberto Carrozza, anche lui sempre tra i ragazzi, inabissandosi la nave, passò il suo salvagente al soldato che gli stava accanto e scomparve benedicendo tutti.
Grazie, Padre Santo e Signor Presidente, per essere qui insieme. Il Vicario di Cristo e il Cap dello Stato ritti insieme dinanzi alla tomba di Don Minzoni, in uno stesso atto di venerazione: minuti che ci han fatto avvertire sentimenti indicibili. Peccato che lo stretto spazio della Chiesa non abbia consentito, come avremmo voluto, che tutta la popolazione fosse qui. In quei minuti di grande silenzio non potevamo non ricordare che appena ieri l’altro il Presidente Cossiga si trovava, nello stesso stato di stupefazione, davanti alla salma di un Magistrato della Repubblica crivellato di colpi per la fedeltà al proprio compito al servizio dello Stato, nell’amministrazione della giustizia, che dello Stato è il cuore. Ricordarlo ora non significa cambiare intonazione all’incontro. E’ piuttosto ampliarne ed esplicitarne il senso, riversando la memoria dei preti uccisi dentro l’alta vibrazione con tutta l’anima del paese.
E’ ritornato il tempo del martirio; la durata dei giorni della Passione s’allunga: la stessa inesorabile ferocia, lo stesso arbitrio sui più deboli, lo stesso infierire sistematico e mirato sui servitori dello Stato.
A questo punto, inesorabile come allora la chiamata in causa della comunità cristiana e dei suoi Pastori per i quali scatta l’ora del caso serio che esige scelte estreme senza rinvii.
Son tornati i tempi forti che richiedono anime forti.
I sacerdoti della Regione sono venuti qui stasera, insieme ai loro Vescovi, per attingere, dalla memoria dei confratelli che li hanno preceduti nel caso serio, ispirazione e forza per essere all’altezza del compito e del costo già previsti nella loro vocazione.
Ma merita ancora l’uomo che si muoia per lui, in un momento in cui la grandezza umana è screditata?
E’ una domanda che i 92 uccisi non si erano posta. S’erano solo ricordati d’essere ministri di Redenzione, preparati appositamente per ore estreme come queste, quando, screditate le parole, a rivalutare il valore della vita umana, resta ancora il dare la vita per i fratelli.
Ma questo è prodigio che solo una paternità dotata di amore infinito può consentire: è quel che a noi è stato assicurato nel pacchetto di promesse che fa parte della nostra vocazione.
Padre Santo, consapevoli di quest’ora forte per la vita del paese e della Chiesa, ci siamo convocati qui, Vescovi e preti della regione, come la comunità cristiana di Roma che conveniva nelle catacombe ad martires, per trovare nella parola del Pontefice la prontezza alla stessa testimonianza.
Vogliate ora Santo Padre darci l’aiuto ad addentrarci nel mistero del martirio cristiano, perchè abbiamo a sentir meglio il valore della missione sacerdotale dentro questo che è il nostro tempo.

La parola del papa e dei vescovi
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