Il movimento comunista conta oggi oltre un secolo di vita. Ha avuto i suoi fondatori in C. Marx e F. Engels, i quali, con V. Lenin e G. Stalin, sono i maestri e gli interpreti autorevoli della dottrina comunista.
Il vero comunismo non è quello che viene predicato dal demagogo su le piazze o dal compiacente propagandista che passa di casa in casa per raccogliere adesioni. Si può pensare che in tali occasioni la dottrina del Partito venga accomodata ai gusti degli uditori. Ed è logico: chi vuol vendere la sua merce, deve conoscere l'arte di coprire i difetti e di ingrandirne i pregi.
Il comunismo è quello che è, non ciò che intendono e predicano il propagandista o il funzionario del Partito. Se si domanda a chi bisogni ricorrere per conoscere il vero comunismo, la risposta è molto semplice: ai fondatori e maestri infallibili, a Marx, Engels, Lenin e Stalin. Costoro sono come i quattro evangelisti del comunismo. Quanto essi dicono è verità che non si discute. Bisogna accettarla.
È naturale che, come non si è cristiani se non si crede tutto ciò che dicono i Vangeli, così non si è comunisti se non si ammette ciò che insegnano i quattro grandi maestri.
Qual è dunque il loro atteggiamento nei confronti della religione? Non è necessario dilungarsi per rispondere come si conviene.
Chi voglia esaminare a fondo la questione può consultare un nostro opuscolo sull'argomento .
Alcune citazioni fra le più chiare ed esplicite saranno riportate più avanti.
Che cos'è la religione e chi è Dio, secondo il comunismo? Marx e Lenin rispondono che «la religione è l'oppio del popolo». Che cioè, come l'oppio addormenta ed avvelena il fumatore, così la religione produce un sonno morale, per il quale il proletario si rassegna alla sua condizione di sfruttato.
Sull'esistenza di Dio e la sua natura si pronunciano in modo egualmente reciso: «Noi diciamo naturalmente che non crediamo in Dio», scrive Lenin: e l'ateismo è dichiarato parte integrante del programma ideologico comunista.
Non solo non si ammette l'esistenza di Dio e di una vita oltre la tomba, ma si intende lottare contro ogni forma di religione.
Di particolare disprezzo e odio è fatto segno il cristianesimo. Quale ne sia la ragione è spiegato da Lenin, là dove dice che il cristianesimo è la religione propria dei capitalisti e degli sfruttatori, poiché ai proletari essa «insegna a sopportare — senza mormorare — l'inferno terrestre, consolandosi con la speranza del cosiddetto paradiso celeste».
Contro la Chiesa Cattolica sono scagliate le calunnie e gli insulti più volgari.
Ci si chiederà come si spieghi allora che molti iscritti al Partito non condividano l'atteggiamento ufficiale del comunismo su questo punto, e professino sinceramente di essere legati alla religione.
Ciò si spiega pel fatto che fortunatamente, per ora, i veri e perfetti comunisti non sono molti.
In verità il comunismo, come dottrina, è tanto malvagio e riprovevole che generalmente i comunisti sono migliori dell’idea che professano.
È comunque cosa ben grave che uomini in buona fede seguano una dottrina tanto perniciosa, come il comunismo, che per sua natura è contrario alla religione.
A chi non è capitato, discutendo con comunisti, di sentirsi rispondere: «Il comunismo italiano non è quello russo o d'altri paesi, ma è semplicemente come lo vogliamo noi»? — È proprio vero?
Basterebbe osservare che simili affermazioni non sono uscite mai dalla bocca dei dirigenti e non sono mai comparse nella stampa ufficiale del Partito. Il semplice gregario può permettersi talvolta una certa libertà di parola, ma non è lui che rappresenta la linea del partito.
Potrebbe anche credere in buona fede di non essere legato ad altri e di forgiarsi un comunismo a modo suo; ma non sarebbe da prendersi in seria considerazione. Si tratta di un comunista non formato.
Come ideologia e come movimento organizzato il comunismo è uno ed universale, identico per tutte le nazioni. La grande patria e madre comune è oggi la Russia: la capitale dello spirito è Mosca: ed ivi risiede il centro direttivo. Espressione di tale unità è il Cominform. Chi non intende assoggettarsi a tale disciplina, o intende agire di propria iniziativa, è ritenuto traditore e nemico del movimento internazionale per la redenzione del proletariato. L'esempio del Maresciallo Tito è molto significativo.
Come il cristianesimo, il comunismo ha la dote della cattolicità ossia della universalità, sia nella dottrina come, almeno in potenza, nello spazio.
Il cristiano ha un dogma ed una morale, cioè verità da credere e precetti da osservare, sempre identici, in qualsiasi parte del mondo. Il giorno in cui rifiuti una parte della sua religione, egli cessa di essere vero cristiano.
Lo stesso deve dirsi del comunista. In qualsiasi paese dimori, egli ha una comune dottrina ed uno stesso metodo. Rigettare qualcosa che tocchi la sostanza del comunismo, vuol dire essere messo al bando dalla vita del partito. Si sa per esperienza che l'espulsione dal movimento comunista è ben più grave, materialmente parlando, della scomunica, l'arma che la Chiesa Cattolica usa contro i fedifraghi!
D’altra parte chi non comprende che gli attuali dirigenti del P.C.I. sono al loro posto in ragione della loro fedeltà e dipendenza agli ordini che vengono da Mosca? Togliatti rimane al comando finche è legato al carro del comunismo russo: il giorno in cui divenisse dubbia la sua dipendenza, egli sarebbe defenestrato. Ed è logico, considerata la natura del comunismo.
Orbene il P.C.I., riguardo alla religione, ha lo stesso atteggiamento del comunismo internazionale, dichiaratamente ateo e nemico della religione?
Non vi può essere dubbio alcuno. So bene che molti affermano che precisamente su questo punto il comunismo italiano segue una sua linea che si differenzia da quella di Marx, Lenin e Stalin.
Ma ciò non è vero. Chi pensa così, e si tratta dei semplici gregari, può essere sincero ma è in errore. È sconfessato, del resto, da Togliatti, il quale autorevolmente ha dichiarato che il comunismo italiano è coerente alla linea di Marx, e segue, come ideologia, il marxismo-leninismo, alla cui base sta l'ateismo.
Le affermazioni ufficiali di Togliatti e di altri dirigenti qualificati saranno riferite in seguito .
Il partito comunista è materialista ed ateo; è deciso a distruggere completamente ogni sentimento religioso nell'anima dei lavoratori.
Questo è uno degli scopi precisi del movimento. La religione cristiana è ritenuta il nemico numero uno, ed è perfetto comunista solo chi è pervenuto all'ateismo militante.
Ma, per realizzare questo programma, il comunismo, che è il moto antireligioso più scaltro di questi ultimi tempi, conduce la sua lotta con abilità e intelligenza non ordinarie.
Inflessibile su lo scopo da raggiungere, è della massima duttilità circa i mezzi da impiegare. Il machiavellismo, cioè la teoria secondo cui tutti i mezzi, anche più immorali, sono leciti in ragione del fine, è uno degli aspetti fondamentali del comunismo.
In sede di lotta antireligiosa il metodo machiavellico prende il nome di tattica leninista.
È stato infatti Lenin a completare su questo punto il pensiero di Marx.
Per capire in che cosa consista la tattica, basta riflettere su qualche frase di Lenin:
«Noi non proclameremo, e non dobbiamo farlo assolutamente, l’ateismo nel nostro programma.
La propaganda atea può dimostrarsi superflua e nociva. Noi dobbiamo non solo ammettere, ma sforzarci per attirare al Partito tutti gli operai che conservano ancora la fede in Dio; noi siamo assolutamente contro la minima ingiuria alle loro convinzioni religiose, ma li attiriamo a noi per educarli nello spirito del nostro programma». Lenin cita un caso concreto.
In una località ci sono degli operai «molto evoluti, che sono, beninteso, atei» e degli operai «molto arretrati, che credono in Dio, frequentano la Chiesa e son sottomessi all'autorità del prete locale».
In questo luogo si fa uno sciopero.
Allora ecco la consegna: «Un marxista è tenuto a mettere in primo piano il successo dello sciopero, a reagire risolutamente contro la divisione degli operai».
Gli operai cristiani, uniti nella lotta ai comunisti atei, ne subiranno lentamente l'influenza, e saranno condotti, senz’accorgersi, all'ateismo.
C è dunque varietà di programma e di propaganda. Per coloro che da Lenin sono considerati degli «arretrati», la tattica vuole che si sia prudenti, che si tenda la mano, che nulla si dica che possa allontanarli. Per gli operai «evoluti» la propaganda deve essere senz'altro atea.
Iniziando il loro movimento in Italia, nazione profondamente cattolica, i Capi comunisti sono stati maestri di questa tattica leninista. Rivolgendosi a lavoratori cristiani, si sono presentati e si presentano ancor oggi, dicendo che il loro partito rispetta la religione e s'interessa solo della questione economica.
In tal modo il P.C.I. spera di attirarsi le simpatie degli operai cattolici e di farli entrare nelle fila del movimento.
Rispettati all'inizio nei loro sentimenti religiosi, i lavoratori cristiani vengono poi lentamente formati secondo la linea marxista.
Si verifica anche qui la favola del lupo e dell'agnello.
Se il lupo si fosse presentato all'agnello, non in veste di pecora ma col pelo che gli è naturale, come avrebbe potuto attirarlo e divorarlo?
È questa una scaltrezza, una ipocrisia propria dei comunisti.
I massoni di vecchio tipo, gli anticlericali di stampo repubblicano, il socialismo dell'inizio del secolo, proclamavano apertamente il loro odio contro la religione.
Ma non avevano molti seguaci.
Il comunismo invece ha usato ed usa come sua arma di conquista la menzogna: e molti cadono nel tranello. I primi erano, secondo una frase di Lenin, dei persecutori di prima elementare; i comunisti fanno uso di una intelligenza superiore.
Il Vice Segretario del P.C.I., Pietro Secchia, autorevolmente ha confermato tale direttiva:
«Noi non dobbiamo abbandonarci all'anticlericalismo di vecchio tipo.
Dobbiamo però diffondere i principi fondamentali della nostra dottrina, dobbiamo dare ai nostri quadri, ai nostri compagni, una educazione marxista — leninista» .
I vecchi anticlericali riuscivano con fatica a scalfire la veste esterna della religione; i comunisti intendono minarla dalle fondamenta e colpirla al cuore.
Conosciuta la tattica leninista è scoperto il gioco dei comunisti, ed è carpito il segreto della loro propaganda.
Coloro che ascoltano solo la propaganda comunista possono persuadersi che il comunismo vuoi essere tollerante in materia religiosa.
Chi conosce il vero comunismo, quello ad uso dei dirigenti e dei puri, sa che il comunismo è sostanzialmente ateo e che la cosidetta tolleranza religiosa è una menzogna ed un'arma di sottile adescamento.
Dal concetto di tattica leninista deriva, come naturale conseguenza, il metodo di elasticità e gradualità nella lotta contro la religione. Come criterio generale di azione, i comunisti seguono il principio dell'adattamento alle reali situazioni per meglio sfruttarle.
Un metodo, che rimanga lo stesso nelle molteplici differenze di tempo, di luogo e di soggetti, sarebbe destinato a riuscire del tutto inefficace.
Adattarsi alle condizioni di fatto per agire in senso marxista, è uno dei canoni più importanti dell'attività comunista.
Nei riguardi della religione, tale metodo è cosi spiegato da uno dei più grandi tecnici del sistema elastico, il russo GOLOVHIN:
«Il proselitismo antireligioso deve tener conto della diversità degli stati di coscienza. Da questo punto di vista, ci sono due categorie di persone: i credenti e i miscredenti. Presso i primi l'attività consisterà a minare le fondamenta della loro fede: i secondi devono soltanto essere incoraggiati a restare fedeli nella loro incredulità e a divenire atei militanti.... (Gli attivisti) si guarderanno bene dal ferire i credenti nei loro sentimenti religiosi, quando questa tattica rischia di nuocere al loro ultimo scopo; essi faranno una critica larga e completa delle origini della religione, dei suoi sviluppi, del suo inquadramento....» .
Un libello, lanciato dalla Commissione Stampa e Propaganda della Direzione Centrale del P.C.I., e diretto agli attivisti delle Federazioni comuniste, ripete le stesse direttive per l'Italia, e precisa:
«I compagni devono studiare la situazione nella loro località, conoscere i metodi e gli argomenti della propaganda clericale, dalla predica al bollettino parrocchiale: devono conversare con i fedeli, seguirne le infrazioni e le reazioni».
Ad un attento esame seguirà un'efficace azione. Non c'è da meravigliarsi se si agisce con apparente contraddizione. L'importante è di raggiungere il fine: fare dei proseliti. Così, ad esempio, nei primi anni del dopoguerra, in alcuni paesi della montagna modenese e bolognese, tradizionalmente religiosi, i capi e gli attivisti comunisti erano fra i più assidui alle funzioni sacre. Era fatta pressione affinché gli iscritti al Partito si accostassero con frequenza ai sacramenti e fossero solleciti nell'accettare, ad esempio, gli uffici di priore, di presidente di confraternite, ecc... L'onore di portare in processione le statue dei santi era disputato fra i più accesi comunisti.
Il perché di tale comportamento è evidente.
All'opposto era, fin d'allora, il modo di agire in paesi della bassa bolognese, del ravennate e del ferrarese, ove le tradizioni religiose erano in grave declino. Ivi, per affrettare tale processo, i capi comunisti vigilavano severamente affinché gli iscritti non frequentassero la Chiesa o la Canonica. Di domenica non era difficile incontrare qualche attivo capocellula che, presso l'entrata della Chiesa, annotava diligentemente il nome dei fedeli.
Ancor oggi il metodo è lo stesso.
In occasione di solenni celebrazioni religiose, il comportamento dei comunisti è suggerito dalla diversa reazione della massa popolare.
Così, al passaggio della Madonna Pellegrina in paesi ove la manifestazione riscuote la simpatia della maggioranza dei cittadini, i comunisti sono i primi nel manifestarsi lieti della cosa.
Spesse volte le case meglio addobbate e più sfarzosamente illuminate sono la sede del P.C.I. e la Casa del Popolo. Altrove, se la tattica lo richiede, i dirigenti del Partito danno l'ordine di non fare assolutamente nulla. In alcuni grossi comuni dell’Emilia, i Sindaci comunisti non hanno permesso in simili circostanze l'illumuiazione notturna del municipio e dell'ospedale civile.
La tattica e la strategia acquistano poi un carattere talvolta blasfemo, tal'altra ridicolo in occasione di competizioni elettorali. Ad esempio, nelle elezioni amministrative del maggio 1951, accanto al gesto del rappresentante comunista di Pieve Modelara, il quale pretese che dall'aula scolastica, adibita a seggio elettorale, fosse tolto il Crocefisso, in quanto «suppellettile scolastica», si registra il comportamento dei comunisti di Castelnuovo d'Asti, i quali presero, come contrassegno della loro lista, l'immagine di S. Giovanni Bosco.
Tutto è sapientemente dosato in questo metodo di elasticità.
È vero che talvolta qualche comunista si dimostra non bene iniziato in tale materia; il suo comportamento però è sconfessato dal Partito, come quello di un pericoloso deviazionista.
Una linea consimile è seguita per ciò che riguarda la gradualità nella lotta antireligiosa.
Sarebbe stupido, pensava Lenin, illudersi di abbattere d'un colpo una pianta che conta diciannove secoli di vita. Per questo consigliava un lavoro lento e paziente per dissotterrare e recidere, ad una ad una, le radici del sentimento religioso.
Il comunismo italiano, in ossequio a tali direttive, svolge un'opera, talvolta oscura e quasi impercettibile, che purtroppo si rivela fin d'ora sommamente nefasta.
La formazione dei comunisti si svolge generalmente così: rilevata l'esistenza dell'ingiustizia sociale, si insinua nell'animo l'odio di classe: è nemico da odiare e da abbattere il capitalista sfruttatore.
I rappresentanti della Chiesa Cattolica (Sacerdoti, Vescovi, Papa) vengono presentati come i naturali alleati dei capitalisti; per questo sono circondati di disprezzo e di odio. Il passaggio dall’odio verso i sacri ministri all’odio verso la religione in genere è facile e breve.
Accompagna e facilita questo cammino l'immoralità difesa in teoria e assecondata in pratica.
Per gradi vengono abbattuti i pregiudizi religiosi, è reciso il legame con la tradizione e si forma l'uomo nuovo: il comunista perfetto, ateo militante.
Non deve stupire il fatto che i comunisti, in genere, non trascendano in atti volgari od insulti verso le cose e persone sacre. Ciò sarebbe contro la linea del Partito.
Ad un sacerdote che si lamentava per un insulto ricevuto da un operaio comunista, il capocellula, pieno di gentilezza, diceva:
— Lo voglia scusare: è un comunista non formato.
Nulla vale tanto a confermare le osservazioni sin qui fatte, quanto un esame delle varie fasi, attraverso le quali si è manifestata la posizione del P.C.I. nei confronti della religione.
Apparirà chiaramente come i dirigenti comunisti siano stati maestri, anche in Italia, nell'uso della tattica leninista ed abbiano tenuto un comportamento elastico a sviluppo graduale.
a) Periodo clandestino. Durante la guerra partigiana i comunisti hanno ostentato una piena collaborazione coi cattolici. Apparentemente dimostravano disinteresse per i problemi religiosi, solo preoccupati di abbattere il fascismo. La stampa ufficiale del Partito prendeva addirittura posizione in difesa delle tradizioni cattoliche degli italiani.
Togliatti, già dall'aprile del 1944, aveva scritto:
«La politica comunista dell'avvenire rispetterà i sentimenti cattolici e garantirà a tutti la libertà di parola, di culto e di associazione» .
E l'anno seguente: «Noi rivendichiamo e vogliamo che nella Costituzione italiana vengano sancite e difese la libertà di coscienza, di fede, di culto, di propaganda religiosa e organizzazione religiosa» .
Il Clero era esaltato come eroe, anti-nazista, salvatore d'Italia! Va però notato che, fin d'allora, per formare i quadri del partito, i posti di comando erano dati, di preferenza, ad uomini ostili alla religione.
b) La mano tesa. Immediatamente dopo la liberazione, il P.C.I., per allargare la sua base e diventare un partito di massa, condusse una campagna di adescamento nei confronti dei cattolici.
Nella stampa ufficiale, come nei pubblici comizi, si sosteneva la piena armonia fra i principi del comunismo e quelli del cristianesimo.
Si seguiva la tattica della «mano tesa». In senso letterale e un po’ maligno, era il gesto di chi allunga la mano per chiedere l'elemosina.
Con la scaltrezza, che gli è propria, Togliatti, nel discorso al Planetario di Roma, in occasione del II Congresso Nazionale del P.C.I., aveva dichiarato:
«Sappiamo benissimo che ci sono nel partito molti credenti, e noi abbiamo, dopo matura riflessione, aperto le porte del nostro partito anche ai credenti. Il che vuoi dire che noi non facciamo dell'adesione alle nostre ideologie una condizione per l'ingresso nel partito, nel quale vi è in materia religiosa, oggi, un regime di tolleranza» (7 aprile 1945).
Quale sarebbe stato il regime di domani, era preannunciato da una incipiente campagna di propaganda, destinata a gettare il discredito su alcuni ministri della Chiesa.
Avvenuto l'ingrossamento delle file del Partito con le masse operaie del Nord, la tattica comunista si evolveva. Bisognava iniziare l'opera di scristianizzazione delle masse, ma quasi insensibilmente, con un lavoro lungo e tenace, in modo che molti non potessero comprendere l'opera di distruzione che avveniva nella loro coscienza. L'accordo fra comunismo e cristianesimo veniva così incrinato dalle prime critiche verso le gerarchie ecclesiastiche; e non mancarono dichiarazioni ufficiali sui principi marxisti che dovevano guidare il P.C.I..
La mano era ancor «tesa» ma già «minacciosa».
c) Il pugno chiuso. Un passo chiarificatore fu fatto in occasione del Congresso Nazionale del P.C.I. a Milano, nel Gennaio 1948. Il leader del Partito, il prudentissimo Togliatti, gettando definitivamente la maschera, rivolse aspre accuse al Vaticano ed alle alte gerarchie della Chiesa. All'inizio un'accusa vaga e generica: «Nel nostro Paese è disgraziatamente attiva un'altra grande potenza internazionale, il Vaticano». Quindi il primo capo di imputazione: la Chiesa è alleata del capitalismo.
«L'alta gerarchia della Chiesa Cattolica si è ormai, in modo sempre più stretto, legata alle forze di organizzazione della società capitalistica; è diventata non direi nemmeno un'appendice del grande capitalismo, è diventata parte del grande capitalismo».
Seconda accusa: la Chiesa vuole la guerra.
«Il Vaticano, mentre da un lato conduce campagne a favore della pace in termini generali e che possono illudere la gente di buona fede, dall'altro lato ogni volta che la situazione internazionale si acutizza, non manca di schierarsi dalla parte di quella potenza che conduce una politica conseguente di espansione imperialistica e di provocazione alla guerra».
Alleata del capitalismo e fautrice di guerra, la Chiesa viene additata come il nemico numero uno, contro cui deve dirigersi l'attività del Partito comunista. La mano non è più tesa; il pugno è chiuso in segno di lotta.
d) Lotta aperta contro la Chiesa e propaganda antireligiosa. Nel settembre del 1948, durante la convalescenza di Togliatti, per impulso specialmente di Luigi Longo, nelle cui mani era passata la reggenza del Partito, si entrò nella fase di lotta aperta contro la Chiesa e della propaganda antireligiosa.
Coloro che avevano subito la subdola e pertinace azione di allontanamento dalla propria fede, erano ormai pronti ad abbandonare quel patrimonio che in altri tempi avrebbero difeso ad ogni costo.
Nella riunione del Comitato Centrale del P.C.I., il 23 settembre 1948, quasi a tirare le conseguenze della clamorosa sconfitta elettorale del 18 aprile, Luigi Longo diede precise direttive di lotta ideologica, cioè religiosa.
Disse fra l'altro: «Mentre tutta la propaganda avversaria si impernia nella contrapposizione tra cristianesimo e comunismo, tra civiltà latina e americana e civiltà sovietica e orientale, tra America e U.R.S.S., è inammissibile che la nostra risposta su questi temi sia sempre tanto debole e qualche volta perfino incerta e dubbiosa. Spesso i nostri propagandisti sono sfuggiti al confronto, hanno fatto concessioni inammissibili, hanno capitolato, e si è lasciata la strada aperta alla penetrazione ideologica dell'avversario, fra le grandi masse del popolo».
Fu sopra tutto richiamata l'attenzione dei Dirigenti sul rafforzamento ideologico di tutto il Partito.
Pietro Nenni, socialista di nome ma in realtà più comunista di Togliatti, non sa tacere ciò che gli bolle nel cervello; trattando del Decreto del S. Uffizio del 1 Luglio 1949, a nome dei comunisti, dichiarava:
«La Chiesa può scomunicare il socialismo e il comunismo, ma deve accettare le conseguenze della sua sfida, e cioè la lotta in cui essa si trova attualmente impegnata nei paesi dell'Est e che si andrà organizzando pienamente anche da noi, malgrado il governo clericale» .
Da allora l'attività antireligiosa si è intensificata nella stampa del Partito e tra le file degli iscritti, in mille modi. Sempre con lo stesso metodo: a parole rispetto per le convinzioni religiose di tutti, di fatto attività subdola e capillare per distruggere ogni attaccamento alla fede cristiana. La massima attenzione e cura del Partito si rivolge ai fanciulli ed ai giovani, nei quali è più facile impedire il sorgere del sentimento religioso e sradicarlo appena sorto.
Per diverse vie si può dimostrare come il Partito comunista, anche da noi in Italia, sia ateo e conduca una lotta aperta contro la religione. Tutti i metodi possono esser buoni. Uno però, fra tutti, a noi sembra di maggior efficacia. Documentare, con somma fedeltà e senza possibilità di smentite, l'atteggiamento antireligioso del P.C.I., quale si dimostra nella stampa o in discorsi ufficiali e nei fatti concreti.
I commenti ci sembrano inutili, tanta è la chiarezza di ciò che i comunisti dicono e l'eloquenza di ciò che fanno.