Can. Raffaele Bortolini

L'omertà nel delitto

foto Can. RAFFAELE BORTOLINI

  Di anni 62. Ordinato nel 1905 dal Card. Svampa, fu per 13 anni cappellano a Pieve di Cento, poi Parroco a Dosso dal 1919. Era Canonico della Collegiata di Pieve di Cento. Fu ucciso la sera del 20 giugno 1945.

  Retto e riservato, non ha mai dato appiglio ad alcun giudizio men che benevolo: la popolazione di Dosso era contenta di lui.
  Fu ucciso perchè non sono mancati i maligni i quali hanno montato contro di lui un castello di menzogne attribuendogli assurde complicità; ritenendolo un elemento troppo intelligente e saggio, che avrebbe ostacolato le prepotenze di un movimento estremista in quel territorio, si pensò di sopprimerlo.
  Era la sera del 20 Giugno 1945.
  Dopo aver assicurato i familiari che sarebbe ritornato fra breve, il sacerdote usciva e si fermava in una casetta a pochi metri dalla canonica: avendo intenzione di recarsi a Bologna per il disbrigo con la Curia Arcivescovile di pratiche relative alla parrocchia, il Canonico Bortolini chiedeva se il mattino dopo vi fosse qualche mezzo di trasporto in partenza da Sant'Agostino.
  Erano circa le 22,30; quando due individui, che vestivano in «cachi», venendo dalla parte delle vecchie scuole elementari, cominciarono ad ordinare bruscamente il coprifuoco, ingiungendo ai molti che stavano davanti alle loro case di ritirarsi e chiudere le finestre. Anche il sacerdote si alza per rincasare, ma uno dei due gli si fa accanto e gli dice: — Per lei non c'è il coprifuoco! Lei deve venire con noi. —
  Cercano di trascinarlo via, ma egli resiste, protesta ad alta voce e molti lo hanno udito ripetere:
  — Perchè mi perseguitate sempre? Io non ho fatto nulla di male! —
  All'altezza del sagrato il sacerdote, intuendo certo che la sua sorte era segnata, si libera dalle strette dell'individuo che lo teneva; ma, fatti pochi passi, viene raggiunto da colpi di pistola. La vittima stramazza a terra. L'assassino scarica allora anche il mitra, quindi col suo compare si da a precipitosa fuga verso l'argine del fiume Reno. È accertato che all'altezza delle vecchie scuole gli assassini presero un viottolo raggiungendo la strada maestra, ove avevano lasciato una motocicletta, con la quale si dileguarono verso Sant'Agostino.
  Moltissimi paesani hanno assistito alla scena del delitto, che potrebbero minutamente descrivere. Tale scena non ha provocato in loro che terrore. Nessuno ha portato soccorso al sacerdote, la cui morte deve essere stata istantanea.
  Verso mezzanotte, poichè egli non rincasava, la nipote, impressionata, è scesa in istrada e si è avanzata sulla piazza: il cadavere dello zio era disteso in un lago di sangue.
  Il povero sacerdote rimase in quella posizione fino alle dieci del mattino, amorosamente coperto da un panno posto dai familiari.
  Quindi le autorità, il Pretore di Cento, ecc. hanno fatte le constatazioni di legge: il Can. Bortolini era stato colpito da otto o nove colpi di arma da fuoco; nelle tasche dei calzoni della vittima si trovarono la corona del rosario, tre Reliquie di Santi e l'orologio.
  L'Autorità Ecclesiastica intervenne con un telegramma inviato da S. Em.za il Card. Arcivescovo ai prefetti di Ferrara e di Bologna.
  Non spetta a noi dare indicazioni all'autorità per rintracciare il movente e i mandanti del delitto, ma proclamiamo soltanto che sul barbaro misfatto di Dosso può e deve essere fatta luce completa. Una popolazione intera ha visto gli assassini e tace perchè il terrore li rende muti o perchè in parte si sentono complici: bisogna che parlino, perchè non è stato l'esecuzione di un colpevole, ma uno dei più vili sacrileghi delitti che abbiano offuscato la serenità della liberazione: e deve risultare ben chiaro, quando giustizia sarà fatta, che sulla memoria del Canonico Bortolini, la cui vita è stata tutta tesa al raggiungimento delle più alte mete cristiane, non vi è la più leggera nube, ma soltanto sole di virtù, di carità e di sacrificio.
  E noi vogliamo giustizia anche per questo nostro sacerdote!