Don Achille Filippi

Un delitto misterioso

foto Don ACHILLE FILIPPI

  Di anni 64. Ordinato Sacerdote nel 1905 dal Cardinale Svampa, fu cappellano a Lizzano in Belvedere, sua patria, per 5 anni poi per due anni a Casalecchio di Reno, Economo Spirituale per qualche tempo a Pianaccio e a Vidiciatico, finchè andò Parroco a Qualto ove rimase per 9 anni. Di là si ritirò a vita privata a Lizzano ove si diede all'insegnamento, per passare poi Parroco a Maiola, ove fu ucciso il 25 luglio 1945.

  Nelle nostre colline, specie nella ridente zona di Lizzano in Belvedere e di Vidiciatico, tutti lo conoscevano e avevano simpatia per questo sacerdote gioviale semplice e colto, che sapeva il modo di far il bene seguendo l'insegnamento del Vangelo: «Non sappia la tua destra ciò che la la tua sinistra». Ma le vedove di guerra che ebbero da lui il più generoso sostegno materiale, specie nella riscossione dei sussidi, le centinaia di famiglie che trovarono in lui quell'assistenza economica e morale che li conforto nell'ansia e nel dolore, possono testimoniare dell'umile e preziosa opera svolta da d. Filippi.
  Perchè dunque è stato soppresso?
  È davvero un mistero indecifrabile: anche perchè d. Filippi, che viveva ormai nel terrore, non ne ha mai parlato con alcuno. Quando non seppe più resistere alle violenze di alcuni giovani banditi, che di notte ripetutamente avevano fatto irruzione nella canonica di Maiola, facendo man bassa di quanto poteva loro interessare e lasciandolo terrorizzato sotto minaccie di morte, scrisse una lettera accorata all'arciprete di Castelfranco, Mons. Roncagli, in cui confessava che la vita lassù gli era divenuta impossibile e chiedeva di venire accolto come ospite nella sua canonica, ma non spiegava le ragioni che lo costringevano a questo grave passo. Mons. Roncagli gli rispose subito dicendosi spiacente di non poterlo accontentare (aveva la casa zeppa di gente) e chiedendogli schiarimenti, ma probabilmente quella lettera d. Filippi non fece a tempo a leggerla.
  Proprio il giorno precedente alla sua morte spediva una lettera anche a S. Em.za il Card. Arcivescovo, in cui, rinnovando le sue intenzioni di lasciare la parrocchia, accennava anche ai soprusi a cui era fatto segno:
  «Sono state ben cinque le visite che ho avuto e sono state inesorabili; lascio immaginare come mi sono potuto trovare. L'ultima volta, andato in chiesa per trovarvi un conforto, alle sparatorie che udivo svenni, e mi ritrovai a letto portatovi da loro e... lasciamo lì per non rinnovare l'«infandum dolorem». Coraggio ancora e speranza nel buon Dio!» Ma a Sua Eminenza giunse prima la notizia della sua morte che questa lettera.
  Infatti la sera del 25 luglio 1945 i soliti fuorilegge, armati fino ai denti, fecero irruzione nella sua casa, sotto la minaccia delle armi lo invitarono a seguirli fuori di casa e «a far presto ad uscire, perchè la sua ora era suonata».
  Egli, sfibrato dall'incubo di quelle persecuzioni che duravano da mesi, non seppe reagire, e, chinata la fronte ad ogni peggiore evenienza, li seguì nella strada.
  Allontanatisi un poco dalla casa parrocchiale, quei banditi gli spararono a bruciapelo due colpi. D. Filippi cadeva esanime sulla strada, ove veniva abbandonato. Solo il giorno dopo era pietosamente raccolto.