Nulla, proprio nulla di nuovo. Neanche quei mattacchioni rossi hanno dette cose nuove quando han data la colpa a De Gasperi e al Vaticano per le inondazioni paurose del 1951. Già Nerone, il sanguinario, li ha preceduti nella malvagità della insinuazione.
Nemmeno gli «sciacalli» sono figure nuove emergenti dagli impantanati campi melmosi verso le case e le cose abbandonate dai profughi senza custodia.
Forse un fatto nuovo c'è stato. La presenza ardente, organizzata, efficacissima della carità di Cristo nelle persone e nelle organizzazioni cattoliche. Quasi enormi argini levati contro la miseria dei colpiti, contro l'avidità degli sciacalli egoisti, contro la spericolata tattica marxista. I primi han ricevuto l'affetto caldo di un aiuto fraterno; ai secondi rimane l'altruismo esemplare dei cattolici, un monito ed un richiamo. E gli sconsolati marxisti, mestieranti della speculazione ad ogni costo, han veduto che il mondo nuovo della civiltà operaia ha bisogno di Cristo così come ha bisogno d'amore.
Toccherà poi ai posteri giudicare se gli uomini che guidavano la cosa pubblica nel 1951-52 abbiano fatto quello che potevano e dovevano fare per imbrigliare la strapotenza del «flavo ramarro» che la sua fecondante generosità irrigatrice ha troppo spesso turbata, portatore di rovina e di morte.
Agli italiani del '52 la recente catastrofe ricordi che è nella solidarietà cristiana, specialmente dei poveri, il segno promettente della ricostruzione per il bene dei figli.