Ecco qui la Sua "carta d'identità".
Nacque a Baricella il 15 luglio 1885 da Donati Augusto e da Diolaiti Albina, gente di modesta condizione.
Nel Seminario di Bologna si preparò al sacerdozio compiendo gli studi con felice successo.
Ricevette gli ordini per le mani del Card. Giacomo Della Chiesa, il quale ebbe per il levita una speciale predilezione: fu ordinato Suddiacono il 31 ottobre 1909, Diacono il 12 marzo 1910 e Sacerdote il 24 luglio dello stesso anno, nella Cappella Metropolitana di S. Pietro.
La prima Messa la celebrò al Santuario di S. Luca il 25 luglio e quella solenne al paese nativo di Baricella l'8 settembre 1910.
Nel frattempo era stato destinato alla parrocchia urbana di Corticella in qualità di Cappellano.
Il 6 ottobre 1915 fu nominato cappellano di Lorenzatico, coadiutore del venerando Curato D. Didimo Bortolotti.
Scoppiata la prima guerra mondiale, dall'agosto 1916 al dicembre 1918 prestò servizio presso l'ospedale Militare di Riserva, Sezione Persiceto, ottenendo autorizzazione di celebrare la messa e di pernottare a Lorenzatico, dedicando le ore libere a quella parrocchia, con l'obbligo di ritirarsi in casa non oltre le ore 20.
Ottenne foglio di esonero dal servizio il 28 dicembre 1918.
D. Enrico fu estensore delle memorie della parrocchia di Lorenzatico e ne curò una cronistoria seriamente documentata, dalle origini fino alla sua morte, con dovizia di particolari, e con meticolosa esattezza.
Ne è uscito un manoscritto prezioso che si conserva nell'archivio della parrocchia.
Il 26 gennaio 1920, serenamente morì il Rev.mo Don Didimo Bortolotti, per 63 anni parroco a Lorenzatico.
Era nato a Ronchi di Mezzolara nel 1829, visse e morì poverissìmo, ricco di bontà, semplicità e generosità.
Aveva 91 anni: robustissima fibra, leggeva senza occhiali, non ebbe mai necessità di medici o di medicine.
Il giovane cappellano, che venerava il suo parroco, provvide personalmente alle spese dei funerali.
Il suo ricordo è intramontabile: mite di animo, di cuore generosissimo, affabile, di tenace memoria, di fede vivissima, sempre pronto al perdono.
Lo zelo per le anime e il decoro per la casa del Signore furono i suoi ideali di giovane sacerdote:
Dal 1920 al 1926 provvide con alacrità e con notevoli sacrifici al restauro dai fabbricati dei fondi, della canonica e soprattutto della Chiesa.
Già nel 1920 il Card. Giorgio Gusmini nella sua visita pastorale prese atto delle miserevoli condizioni della chiesa ed adiacenze e consigliò di provvedere a radicali restauri; nell'aprile 1926, infatti, furono inaugurati i primi lavori: la nuova volta in muratura, nuovo pavimento, decorazione dell'interno e il nuovo altare marmoreo che venne consacrato il 19 aprile.
Il Card. Nasalli Rocca, presa visione di ogni cosa, per manifestare la sua alta approvazione, insignì il parroco del titolo di Arciprete.
Molte congratulazioni pervennero da parte di ammiratori ed amici affezionati, fra i quali il rev.mo Don Domenico Gotti; « Mi rallegro, perché te lo sei meritato; solo, alle tante buone qualità, aggiungi un poco di vernice meno... spinosa e sarai contento ».
Don Enrico nutrì sempre una tenerissima devozione alla Madonna: le date più salienti della sua vita, gli avvenimenti più importanti non son disgiunti dalle feste in onore della B. V. di Loreto, decoro e presidio di questa parrocchia, che conserva da tempo immemorabile una vetustissima immagine, venerata dal 1630 al 1917 in un oratorio nei pressi del fiume Samoggia, meta di numerosi pellegrinaggi, e dal 19 marzo 1917 nella chiesa parrocchiale in un altare a Lei dedicato.
Fu poi amicissimo di S. E. Mons. Giuseppe Ferdinando Bussolari, nativo di questa parrocchia, col quale era in continuo contatto attraverso una nutrita corrispondenza epistolare. Dapprima come Ministro Generale dei Cappuccini e poi come Arcivescovo di Modena e Abate di Nonantola, Mons. Giuseppe Antonio Ferdinando Bussolari dimostrò sempre una particolare predilezione per Lorenzatico ed il suo Parroco e dopo essere stato consacrato Vescovo il 23 maggio 1926, il 25 luglio dello stesso anno onorò della sua visita la parrocchia che gli diede i natali.
Don Donati amava la sua parrocchia, anche se piccola e dispersa nella campagna, perchè aveva profuso in essa le sue migliori risorse ed anche quando il Superiore gli proponeva una soluzione più consona ai suoi meriti e alle sue rare doti di ministro di Dio, ha sempre chiesto umilmente che ogni decisione in merito venisse revocata.
Il 12 dicembre 1928 S. E. il Card. Nasalli Rocca propose il trasferimento di D. Enrico alla parrocchia di S. Savino di Corticella; così pure lo stesso Cardinale lo invitò ad optare per la parrocchia di Monghidoro, il 26 aprile 1933.
In entrambi i casi D. Donati, per motivi famigliari o di parrocchia, si dichiarò spiacente di non poter aderire al desiderio del Superiore, presentando umilmente le sue riserve.
Il III Centenario della costruzione dell'Oratorio di Loreto offerse a D. Enrico l'occasione per portare a buon punto i lavori di ripristino e di abbellimento della chiesa parrocchiale.
Venne costruito un ambulacro attorno all'altar maggiore, furono eretti i due altari di marmo delle cappelle laterali, e il 4 ottobre 1931 S. E. Mons. Giuseppe Bussolari consacrò solennemente quella chiesa che lo accolse fanciullo.
Mons. Bussolari il 18 febbraio 1936, consacrò cinque nuove campane e il 10 dicembre dello stesso anno ritornò in parrocchia per la inaugurazione di un nuovo organo.
A compensare in parte i meriti acquisiti nell'umiltà e fedeltà, il 1° giugno 1931 il Cardinale Nasalli Rocca nominò D. Enrico Canonico Statutario della Collegiata di Persiceto.
L'indefesso sacerdote aveva sempre nuovi desideri da realizzare; uno dei suoi sogni più ambiti: la costruzione del campanile.
Il 7 aprile 1938 fece iniziare gli scavi delle fondazioni e il 3 maggio 1938, in occasione della visita pastorale, fu posta la prima pietra.
Gli eventi bellici e la morte gli impedirono di portare a termine la grande opera, ma... il seme sparso e fecondato dal sangue, germogliò dalla terra, per volontà del successore e dei parrocchiani il campanile venne inaugurato dal Card. Lercaro il 3 maggio 1953.
Se D. Enrico Donati, a 25 anni di distanza dalla morte, facesse ritorno alla sua parrocchia, forse non la riconoscerebbe più; i suoi vecchi e fedeli amici lo accoglierebbero con entusiasmo e la nuova generazione in cui è rinato il suo ricordo attraverso queste memorie, proverebbe anche la gioia di vedere realizzati i suoi sogni una chiesa ancora più bella, una canonica nuova, un maestoso campanile, un asilo che da 20 anni ospita gli agnelli del gregge..., ma soprattutto leggerebbe nei nostri occhi l'espressione di una profonda gratitudine.
Don Antonio Pasquali
Ecco qui narrati i fatti.
13 MAGGIO :
Era stato consigliato ad allontanarsi dalla parrocchia per qualche tempo; incombeva il pericolo, lo si avvertiva nell'aria: correvano tempi tristi nel 1945 per la nostra terra.
13 maggio: una domenica come tutte le altre; molta gente in chiesa, i soliti incontri domenicali, le adunanze di Azione Cattolica.
Dopo le funzioni pomeridiane gli uomini erano soliti intrattenersi per il gioco delle bocce fino all'imbrunire.
Poi al suono dell'Ave Maria vespertina tutti avevano fatto ritorno alle proprie case per la cena.
Anche quella sera, come di consueto, Don Enrico davanti alla porta della canonica si sedette a conversare con un parrocchiano.
La calma di quel tramonto di maggio era soltanto apparente:
Verso le ore 22 infatti si presentarono due sconosciuti in bicicletta, che lo invitarono a S. Giovanni per alcune informazioni, richieste dal Comando Alleato (così si erano espressi).
D. Enrico assicurò di essersi già presentato e non riteneva opportuno accettare quella proposta, specialmente in un'ora così insolita. Non mancarono le insistenze: «Venga, vogliono interrogarla ancora!».
Evidentemente anche quella volta il suo ottimismo, la sua bontà d'animo furono più forti della prudenza ed abituale oculatezza con cui offrontava ogni decisione.
Entrò esitante in canonica, prese il cappello, la bicicletta e partì; non sarebbe più tornato alla sua casa, non avrebbe più rivisto la sua amata chiesa.
Presso i confini della parrocchia, alla comitiva dei tre se ne aggiunsero altri, in bicicletta ed armati: lo stavano aspettando.
Povero D. Enrico! in quel momento avrà avuto la certezza della tragedia imminente.
Percorsero altri due chilometri, poi improvvisamente in un tratto deserto di Via Zenerigolo, poco oltre l'incrocio di via Poggio, scese dalla bicicletta, forse si rifiutò di proseguire, urlò che lo lasciassero, protestò la sua innocenza.
Gli spararono alla mascella, si accasciò riverso sulla strada, gli spararono ancora alla fronte: i proiettili erano usciti entrambi dalla nuca.
Gli assassini avevano provveduto a cancellare appena le tracce di sangue sulla strada attraverso i campi, lo rinchiusero in un sacco con alcuni massi e il cappello e lo gettarono in un macero all'altezza del n. 36 di Via Poggio.
L'Arciprete non aveva fatto ritorno, fu la donna di servizio ad avvertire il campanaro, al suono dell'Ave Maria mattutina.
Si era sparsa sommessamente la notizia; quattro persone fidate, cominciarono le ricerche, mentre furono avvertiti i parroci delle chiese circostanti.
Furono le macchie di sangue sulla strada, furono quelle sparse in lunga scia sull'erba calpestata dei campi e attorno al macero, che indicarono ai fedeli e coraggiosi parrocchiani il luogo della tragedia.
Non poteva esserci alcun dubbio, ma solo dopo faticosi sondaggi, sul mezzogiorno, con l'aiuto di bastoni e di rastelli, la salma mal contenuta nel sacco, venne ripescata.
Una vicina di casa, da sola, sulle sponde del macero, rimase accanto a quel corpo martoriato dalle ore 14 alle 16.
Indi la salma su un carretto trainato da un cavallo, seguita da due persone, fu recata al cimitero della parrocchia, ove altre quattro persone erano ad attenderla: fu poi pietosamente ricomposta, sommariamente ripulita dal fango e deposta in una bara di legno grezzo.
15 MAGGIO :
Un giovane sacerdote di passaggio fu invitato al cimitero per benedire la salma che venne sepolta quasi clandestinamente in un locale adiacente alla cappella...
Le tue campane non ebbero rintocchi per te.
Il tuo grido che ferì il silenzio de la notte, il tuo gemito, il sangue che gocciolò ne la stradina bianca, la partenza senza ritorno furono l’annuncio de la tua morte.
Mancarono i ceri per te.
Le stelle occhieggianti nel firmamento furono le fiammelle che ti vegliarono.
Non fiori per te.
Ma da le siepi, da le aiuole i mille fiori del maggio composero la tua corona.
Il tuo corteo? Come quello del Calvario: di coloro che ti tesero agguato e ti avvolsero ne l’ampia coltre della buia notte.
Ma iniziò un pellegrinaggio che continua, che ingrossa.
Fosti il Buon Pastore per i 25 anni del Tuo Sacerdozio e anche in morte somigliasti a Lui.
C’è da piangere su la tua tomba.
Per lavare quel sangue.
Per spegnere tanto odio.
Ne l’ampio sorriso dei Cieli volgiti a noi che rimanderemo il tuo nome per sempre più benedetto.
E ne l’amplesso di bontà e di amore del Padre i figli tutti si ritrovino fratelli.
Questo opuscolo è stato redatto per commemorare i venticinque anni dalla morte del Can. Enrico Donati, dall'allora parroco di Lorenzatico Don Antonio Pasquali.