Gli uomini hanno fontersità di diritti?
R. Voi siete tutti fratelli.
Chi lavora ha diritto ad essere pagato?
R. L'agricoltore che s'affatica deve essere il primo a partecipare dei frutti.
Colui che ara deve arare e colui che trebbia deve trebbiare nella speranza di partecipare al raccolto.
Il ricco può tenere tutto quello che possiede?
R. Ciò che avete in disavanzo (ciò che è di dentro al piatto) datelo ai poveri.
È lecito mangiare, senza lavorare?
R. Se taluno non vuol lavorare neppure deve mangiare.
Qual è il dovere dei padroni verso i dipendenti?
R. Voi, padroni, rendete ai servi il giusto e l'equo, sapendo che anche voi avete un padrone nei cieli.
L'operaio è degno della sua mercede.
Qual è la radice del male sociale?
R. Se abbiamo gli alimenti e di che coprirci, contentiamoci... Radice di tutti i mali è la cupidigia.
Cosa pensa Gesù dei ricchi?
R. Guai a voi ricchi, che avete la vostra consolazione!
Io vi dico che difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli.
È tempo, o ricchi, che piangiate e gettiate urla, a motivo delle miserie che verranno sopra di voi..., poiché la mercede degli operai che hanno mietuto i vostri campi, la quale è stata frodata da voi, grida contro di voi, e questo grido è giunto alle orecchie del Signore delle milizie.
Beati coloro che hanno il cuore staccato dalle ricchezze!
Chi rubava non rubi più; anzi lavori con le proprie mani, a qualcosa di onesto, in modo che abbia da dare a chi versa in necessità. ...
Nessuno soverchi o faccia frode al proprio fratello.
È assurdo che uno scialacqui, quando i più versano in strettezze.
Chi nega al lavoratore la mercede di danaro, si vedrà negata da Dio la mercede dei beni celesti.
Non defraudate in nessun modo né desiderate la roba altrui.
Se ciascuno prendesse soltanto di che sopperire ai propri bisogni e lasciasse il di più all'indigente, nessuno sarebbe ricco e nessuno sarebbe povero.
Dona al povero e hai donato a Cristo.
Quando il povero ha bisogno, è Cristo che ha bisogno.
Quelli dunque che avete il di più, cercate gli affamati... Badate voi che siete orgogliosi nelle vostre ricchezze, che i bisognosi non abbiano a gemere.
Il superfluo dei ricchi è il necessario dei poveri.
Possedere del superfluo è quindi possedere il bene altrui.
Tutto quello che Dio ci ha dato oltre il necessario non ce l'ha dato per noi, ma per distribuirlo. Se lo riteniamo, riteniamo il bene
Non del tuo elargisci al povero, ma restituisci del suo.
Il Signore dice di non gittar via i beni come se fossero mali, ma di dispensarli ai poveri.
Le ricchezze vanno fontise ai poveri; custodite nel seno dei bisognosi; non dei parenti ma delle vedove.
Dio ha fatto l'uomo per l'azione; è naturale che egli lavori; è contro natura che stia ozioso.
Bisogna lavorare sulla terra se si vuole godere nel cielo.
Bisogna darsi a lavorare; bisogna però non lasciarsi fontorare dalle preoccupazioni.
Ciò che è il freno al cavallo, è il lavoro alla natura nostra.
Donde viene allora così grande ineguaglianza nella vita? Viene dall'avarizia e dall'arroganza dei ricchi.
La ricchezza non deve essere adoperata per godimento nostro, ma per essere messa in comune.
Non li hai ricevuti per seppellirli, i beni della terra, ma per distribuirli.
Non stiamo ad accumulare e custodire tesori, quando altri soffrono per miseria.
La ricchezza immobilizzata è inutile, mentre se circola fontiene utile e feconda.
Non la ricchezza è un male, ma il cattivo uso; né la povertà è un bene, ma il buon uso.
Ogni ricchezza formata con lo spogliare gli altri è ricchezza iniqua.
Non ogni povertà è lodevole, ma quella che di libero volere segue il consiglio evangelico. Per vero in fatto di ricchezze, molti son poveri, ma sono avarissimi nell'intenzione: costoro l'indigenza non li salva e l'intenzione li condanna.
Come possono seguire Cristo coloro che hanno tante ricchezze? Essi non sono padroni delle loro ricchezze ma le loro ricchezze sono padrone di loro.
Se hai più di quanto t'è necessario al vitto e al vestire, quello dallo altrui.
Se due malvagi si presentano (al giudizio di Dio) d'impari fortuna, uno ricco e l'altro povero, non subiranno pari condanna, ma il più ricco sarà maggiormente colpito.
Se sei ricco, pensa che renderai conto dell'uso fatto del denaro: se lo hai speso per meretrici o per poveri,... in delizie... o per aiuti degli afflitti. E non delle spese solo dovrai render conto, ma anche dei modi di acquisizione se hai radunato denaro... con rapine e ingordigie... se sia provento da case rovinate di pupilli e da spoliazioni di vedove.
È approvabile il trattamento «macchina» dell'operaio?
R. Questo profondo avvilimento, questa odiosa oppressione della classe indigente è un effetto naturale, inevitabile del materialismo che regna nella società... La politica moderna non vede nel povero che una macchina da lavoro dalla quale bisogni trarre il maggior utile possibile in tempo determinato; essa misura la sua utilità su ciò che egli produce...
Lasciate che queste idee si diffondano, lasciate che si combinino con le più vili passioni che si nascondono nell'intimo del cuore umano, l'avarizia e la cupidità, e vedrete ben presto a quali eccessi può condurre il disprezzo dell'uomo. Voi avrete degli iloti dell'industria, iloti che saranno costretti, per un pezzo di pane, a rinchiudersi nelle officine, e che vivranno e moriranno..., senz’altro desiderio che quello del bruto....
No, questi infortunati, non hanno alcuna libertà: il terribile dominio che voi esercitate su di essi lo prova abbastanza. Le loro necessità li mettono sotto la vostra dipendenza; la società ne fa degli schiavi, e se voi dite che dopo tutto essi non sono vostra proprietà, noi ne converremo con dolore, perché se essi fossero vostra proprietà voi avreste interesse a curarli ben meglio, voi non invidiereste loro anche un giorno di riposo.
Che ne pensa il Cristiano del lavoro imposto ai bimbi?
R. Aprite gli occhi e guardate: i genitori ed i padroni domandano a queste giovani piante di portare dei frutti nella stagione dei fiori; per mezzo di fatiche eccessive e troppo prolungate essi esauriscono la loro linfa nascente, poco preoccupandosi di lasciarli vegetare e perire su di un tronco vacillante e secco... Che le leggi si affrettino ad estendere la loro protezione sulla vostra esistenza, o ragazzi, e che i posteri leggano con stupore sul frontone di questo secolo tanto contento di se stesso: «In questi giorni di progresso e di scoperte è stata necessaria una legge di ferro per proibire di uccidere i ragazzi per mezzo del lavoro».
Come giudica il Sacerdote la posizione dell'operaio?
R. Al bisogno di dominio ed al bisogno di gloria, è successo nella società un immenso bisogno di danaro il quale ha spinto l'industria al più alto punto della sua potenza. A suo turno l'industria ha creato una popolazione operaia che, agglomerata in città speciali o in certi posti isolati, vi forma una società a parte, dipendente da uno di quei capi i quali ne dispongono non per diritto di sovranità ma per il diritto di necessità, diritto che è assai più imperioso... La legislazione moderna non ha fatto nulla per il proletario.
Cosa ha fatto la legge in favore dell'operaio?
R. Non è, Sire, una cosa che meraviglia fortemente, che la legge, la quale penetra fino nel santuario della famiglia per regolarvi i diritti degli sposi e quelli dei figli, abbia fino ad oggi rifiutato di penetrare in questi immensi, laboratori ove tutte le passioni sono messe in effervescenza dalla principale passione, quella della cupidità?
Come vive l'operaio, ad avviso del Sacerdote?
R. Gli operai, da parte loro, attendono una protezione, una regola ed anche un freno. C'è in tutta Europa un certo movimento, una sorda agitazione che sembra partire dal di sotto della società e che, per uomini abituati allo studio dei fenomeni sociali, non può essere considerata che come l'espressione di una sofferenza e di un bisogno... La legislazione non avendole (alla classe operaia) ancora assegnato il suo posto nell'ordine sociale, essa lo cerca e, come l'ammalato, essa si gira e rigira per cercare un miglioramento che però non trova mai.
Il miglioramento delle condizioni della classe operaia è da cercarsi dalla società?
R. La fraternità per noi non è che l'amore evangelico del prossimo, amore che si traduce nelle leggi e nei costumi. Noi consideriamo il miglioramento progressivo dello stato morale e materiale della classe operaia come il fine stesso della società.
Dove ci condurrà il rinnovato «furore» del danaro?
R. Vedendo ricominciare questo furore del danaro e del piacere, queste agiatezze, queste speculazioni, queste imprese scandalose dell'ambizione e della cupidità, questa mania di fare fortuna il più presto possibile per poter godere più lungamente... noi non possiamo contenere il nostro dolore e il nostro zelo, e diciamo a tutti gli uomini che hanno influenza nel paese: «Quale opera malvagia state voi facendo? È forse così che vi hanno insegnato i vostri padri? Ma che? È forse un partito preso di dar fuoco alla folgore fontina ed a quella popolare ad un tempo?».....
Il materialismo è forse la causa del nuovo accecamento?
R. Ah! Gli è che l'interesse è una vana polvere, una sabbia mobile con la quale nessuna mano, per quanto abile essa sia, comporrà mai il cemento di una società stabile e solida. Gran Dio! La società muore di materialismo, e voi credete ch'essa sia salva perché un nuovo slancio è stato dato alla materia! La cupidità è la causa di tutti i mali, e voi credete che sovraeccitandola essa ne fontenterà il rimedio?
A quale livello l'industria ha ridotto l'uomo?
R. L'industria moderna si può dire che ha fatto discendere l'uomo ai livello, se non addirittura al di sotto delle macchine. Una macchina è tanto più stimata quanto fa più di lavoro. Così la corporatura dell'uomo è cresciuta o diminuita secondo l'importanza del suo incarico. E siccome egli non era nulla, messo in raffronto con le fortissime macchine, poiché il frutto del suo lavoro — messo a raffronto coi risultati delle evoluzioni delle macchine — non era che un grano di sabbia di fronte ad una montagna, perciò esse la vincevano sovente su di lui sulle bilance della stima. Noi stessi abbiamo sentito preferire lo strumento a colui che lo fa funzionare. Non è certo il minimo disonore della industria contemporanea quello di aver dato vita a questo odioso disprezzo per l'uomo.
Cosa pensare sul lavoro dei bimbi!
R. Si è avuto troppe volte lo spietato coraggio di impiegare dei ragazzi ad una età in cui la natura li chiamerebbe piuttosto al gioco che al lavoro. E queste povere creature, private di sole e di aria libera, allevate in una atmosfera satura di miasmi funesti, condannate a lavori superiori alle loro forze, sottomessi ad una disciplina austera, quando esse avevano bisogno di un po’ di libertà, deperivano nel loro germe, e quando non soccombevano avanti tempo, si vedevano dei condannati a non essere nel mondo che una razza impoverita, un abbozzo incompiuto, e come un'ombra di se stessi.
Cosa può salvarci dal mostro dell'egoismo industriale?
R. Al vertice c'è forse una ricchezza, una opulenza colossale; al basso della scala c'è la duplice tortura della miseria e della fame. I due estremi più opposti si toccano e, per l'effetto di questo avvicinamento o piuttosto di questo contrasto, le sofferenze del povero sono tanto più crudeli, quanto più la ricchezza del suo padrone lo domina più da vicino e più dall'alto. È ciò che si vede con lugubre evidenza in Inghilterra, è ciò che noi cominciamo a notare in Francia; e se l'industria continua a crescere senza essere vivificata dallo spirito cristiano, noi non mancheremo di essere invasi da queste opposizioni mostruose che regnano presso taluni popoli vicini e fontidono la società tutta in due grandi tronconi i quali non conoscono intermediari: coloro che possiedono tutto e coloro che non possiedono nulla.
Il salario com'è considerato? Che dirne?
R. Ecco la questione delle nostre classi operaie: esse sono ridotte a vivere del loro salario il quale è ridotto al ruolo di una merce il cui valore segue le fluttuazioni della offerta e della domanda. L'asse attorno al quale esso gira sono i bisogni della vita. Se l'offerta è superiore alla domanda esso si eleva non poco al di sopra del suo asse, per discendere nel caso contrario. La tendenza generale a produrre a buon mercato si traduce in privazioni, e tale fluttuazione meccanica, per così dire, produce talvolta la conseguenza che il prezzo del lavoro non basta più alle imperiose necessità della vita e che classi intere di lavoratori e loro famiglie languiscono e muoiono di fame.
... l'esistenza materiale di quasi tutta intera la classe operaia, cioè della grande massa dei cittadini di tutti gli stati moderni, quella delle loro famiglie, il pane quotidiano necessario all'operaio, alla sua sposa, ai suoi bimbi è soggetto a tutte le fluttuazioni del mercato e del prezzo della merce. Conoscete voi qualcosa di più deplorevole che una tale situazione? Quali sentimenti deve essa risvegliare nel cuore di questi infelici che si vedono ogni giorno, essi e i loro cari, esposti alle eventualità di un mercato! È il mercato degli schiavi dell'Europa liberale, tagliato sul modello del nostro liberalismo e della nostra massoneria filantropica, chiaroveggente ed anticristiana.
Qual è la situazione dell'operaio?
R. Allorché egli (l'operaio) guarda a destra e a sinistra e s'accorge del lusso che cresce, delle gioie che sono porzione delle classi superiori, allorché la piccola stampa lo inizia ai rumori di qualche scandalo dall'alto, alle gioie delle vostre (o ricchi) feste, allo splendido balenio delle vostre adunanze... egli guarda attraverso le angosce della sua povertà e grida: «I vostri palazzi io li ho costruiti, io ho innalzate le tavole dei vostri festini, mia figlia ha tessuto le vesti delle vostre donne; felici favoriti dalle gioie della fortuna, io lavoro per voi...».
La rivendicazione di un aumento di salario è giusta?
R. La prima rivendicazione della classe operaia è la seguente: un aumento di salario corrispondente al valore reale del lavoro. Tale rivendicazione è, in generale, più che giusta. Anche la religione esige che il lavoro umano non sia trattato come una merce nè valutato puramente secondo le fluttuazioni dell'offerta e della domanda...
Come è considerato l'uomo nell'industrialismo?
R. Non solo il lavoro è ridotto al livello di merce, ma l'uomo stesso, con la sua capacità di lavoro, è considerato del tutto come una semplice macchina. Nella guisa con cui si compera una macchina a più buon mercato possibile e che si usa dì e notte fino all'usura, ugualmente l'uomo con la sua forza è sfruttato secondo tali sistemi. Tale stato di cose ha raggiunto in Inghilterra proporzioni spaventose. ... La giustizia e il Cristianesimo esigono che il lavoro dell'uomo riceva una giusta mercede.
L'aumento del salario può essere illimitato?
R. Non potete non riconoscere, cari operai, che la elevazione del salario che ha essa pure un limite e che, nell'ipotesi la più elevata, essa non procura che una rendita assai modesta. Il limite naturale del salario è tracciato dal rendimento dell'industria nella quale lavorate. Il capitale intellettuale e materiale di una impresa si ritirerà immediatamente e se ne andrà verso altre industrie appena le esigenze si eleveranno al punto di impedire la impresa di produrre un beneficio almeno sufficiente. In tal caso il lavoro cesserebbe. Il tasso del salario ha dunque dei limiti, nonostante le coalizioni fra operai, e sarebbe assai funesto per voi se non vi rendeste conto esatto, della situazione e vi immaginaste che delle promesse oltrepassanti la misura bastino per rendere possibile un aumento esagerato del salario....
Di che hanno bisogno gli operai nelle loro rivendicazioni?
R. Inoltre, nei vostri sforzi per l'elevazione del salario, voi avete bisogno della religione e della morale affinché le vostre rivendicazioni non oltrepassino la giusta misura. Abbiam visto che l'aumento del salario ha dei limiti. Conseguentemente, nei nostri tempi, in cui il movimento che si manifesta fra gli operai per il miglioramento della loro situazione fontenta di più in più possente, è della più alta importanza che tali esigenze non oltrepassino i giusti limiti e che gli operai non si lascino sfruttare per tutt'altri fini. Non è la lotta fra il padrone e l'operaio che deve essere l'obbiettivo; bisogna tendere, al contrario, a stabilire fra loro una giusta pace.
Bisogna rompere la catena empia del capitale egoista?
R. L'empietà del capitale che abusa dell'operaio e ne fa una macchina fino all'esaurimento delle sue forze, bisogna spezzarla. Essa costituisce un crimine verso la classe operaia.
L'operaio non ha limite nelle sue rivendicazioni?
R. Se però il movimento in favore dell'elevazione del salario oltrepassa la misura, delle catastrofi finiranno per prodursi le cui perniciose conseguenze ricadranno con tutto il loro peso anche sulla classe operaia.
Dove troverà l'operaio la guida vera alle sue rivendicazioni? R. Affinché la classe operaia osservi la giusta misura nelle sue rivendicazioni, affinché essa sfugga il pericolo di fontentare un semplice strumento al servizio di uomini ambiziosi, e perché essa eviti pure gli scogli dell'egoismo sregolato che essa combatte nei capitalisti, bisogna che essa sia una classe di buoni cristiani, di operai religiosi. La potenza del danaro senza la religione è un male. Ma non è meno male la potenza operaia senza la religione. Ibidem 1869
La prosperità pubblica può sorgere su l'accaparramento?
R. ... bisogna metter fine a simili abusi. L'accumularsi della ricchezza del paese, l'intasarsi della fortuna a profitto di talune classi e di taluni infontidui non possono continuare... La prosperità pubblica non può riposare su simili assise...
... la potenza enorme e sovente assoluta che l’accumulazione delle terre e delle ricchezze dà a un ricco proprietario per forzare il popolo a lavorare nelle condizioni che lui impone, tenendo per sé la parte principale del beneficio del lavoro, per accordare o negare arbitrariamente il diritto di vivere su tali terre, e far dipendere dal suo capriccio la vita e le famiglie di innumerevoli infontidui.
Chi è il despota della società attuale?
R. Il vero despota delle nostre società è il capitalista; perché tutti, imprenditori, padroni, operai son in balia del capitale.
Si può dare in elemosina ciò che è dovuto per giustizia?
R. Non ci si può rimettere al solo principio della carità cristiana per regolare i rapporti tra padrone e operai; è indispensabile stabilire questi rapporti sulla base della più tassativa giustizia.
Quale è il criterio con cui fontidere gli utili?
R. Ogni ricchezza è il prodotto sia del lavoro che del capitale che rappresenta solo lo strumento e l'utensile. Perciò, gli operai tanto quanto i capitalisti, devono poter vivere, e vivere con tutto ciò che è necessario a una esistenza conveniente; sia perché è mostruoso che l'operaio vivente possa esser trattato peggio che la macchina sempre mantenuta in buono stato e in condizioni di andare, sia perché è evidentemente contro la Provvidenza fontina che coloro che lavorano abbiano a morir di fame...
Diritti e colpevolezze: di chi sono?
R. ... il lavoro deve avere la sua giusta rimunerazione e il suo diritto a ottenerla deve essere protetto dalla società.
...Quanto sono colpevoli contro la giustizia, generale e particolare, coloro che agiscono coi loro dipendenti,in modo da privarli non solo dei mezzi per vivere convenientemente, ma perfino da distruggerne la salute e la vita obbligandoli a lavori insalubri, ammucchiandoli in camere od officine mal aerate, imponendo loro delle ore supplementari....
Come attuare la giustizia verso la classe operaia? R. La giustizia verso la classe operaia non può essere altro che la scomparsa della classe operaia, in seguito al suo assorbimento nella classe dei proprietari.
Giudizio sulla industria moderna.
R. Io non lo nego: meravigliosa è l'industria del nostro secolo.... Ma se le sue mani sono piene di ricchezza, le sue vesti coprono ignominiose piaghe, e tristi segni si scorgono nelle orme impresse dai suoi passi giganteschi.
Quale è la classe più amata dalla Chiesa?
R. Vi ha nella società una classe di uomini, che ha subito fasi e trasformazioni le più meravigliose; e che è stata oggetto ora della venerazione, ora del disprezzo; ora dell'amore ora dell'odio; una classe di uomini che fontiene successivamente per la società un pegno di salute od un pericolo, un principio di vita od un elemento di disorganizzazione; una classe di uomini i cui bisogni, le cui aspirazioni, le cui tendenze preoccupano oggi altamente economisti, politici, filantropi, e tutti i veri amanti della Religione e della Patria... E questa classe d'uomini qual è? Voi l'avete indovinata; il suo nome sta nel fondo del vostro cuore. Voi l'amate come l'amo io. È la classe operaia.
Quale è il nodo della questione operaia?
R. Il nodo della questione operaia non è solo meno ore di lavoro, maggior salario, riposo festivo, assicurazioni, pensioni, protezioni della donna e del bimbo. Ma è specialmente la creazione di un nuovo ordine sociale.
Quale è il pensiero cattolico su lo sfruttamento?
R. Quello che è veramente indegno è abusare di un uomo come di cosa a scopo di guadagno.
Non è giusto né umano esigere dall'uomo tanto lavoro, da farne, per troppa fatica, istupidire la mente, e da fiaccarne il corpo.
Che pensare della durata del lavoro?
È obbligo dei padroni lasciare all'operaio agio e tempo che basti a compiere i doveri religiosi.
Non deve dunque il lavoro prolungarsi più che le forze, non comportino.
In generale si stabilisca questa regola, che la somma del riposo necessario all'operaio deve essere proporzionata alla somma delle forze consumate nel lavoro.
È dovere dei cattolici dare lavoro ai disoccupati?
R. Si deve poi provvedere che all'operaio non manchi mai lavoro.
Non è da tralasciare un altro punto di importanza non minore e assai necessario ai nostri dì: che cioè a coloro i quali e possono e vogliono lavorare si dia opportunità di lavorare.
Come può aversi la pace, mentre a tante migliaia di uomini manca il lavoro?
Al dovere personale del lavoro imposto dalla natura corrisponde e consegue il diritto naturale di ciascun infontiduo a fare del lavoro il mezzo per provvedere alla vita propria e dei figli.
È dovere dello Stato curare il benessere del popolo intero e di tutti i suoi membri, particolarmente dei deboli e diseredati, con larga politica sociale e con creazione di un diritto al lavoro.
Chi vuole che la stella della pace spunti e si fermi sulla società... sostenga il diritto di lavorare come mezzo indispensabile al mantenimento della vita familiare.
È opportuna la istituzione dei Sindacati?
R. Gli operai cristiani scioglieranno bene la questione operaia se uniti in associazioni e saggiamente diretti.
Finalmente allo scioglimento della questione operaia possono contribuire molto i capitalisti e gli operai medesimi, con istituzioni ordinate a porgere opportuni soccorsi ai bisognosi, e ad avvicinare ed unire le due classi tra loro.
Non si potrà far regnare nelle relazioni economico-sociali la mutua collaborazione della giustizia e della carità, se non per mezzo di un corpo di istituzioni professionali e interprofessionali in basi solidamente cristiane e formanti quello che si diceva la corporazione.
Lo scopo essenziale del Sindacato è quello di rappresentare e difendere gli interessi dei lavoratori nei contratti di lavoro.
Sul lavoro imposto alle donne (e ai bimbi), che pensare?
R. Un lavoro proporzionato ad un uomo adulto e robusto, non è ragionevole che si imponga a donna o a fanciullo. Anzi quanto ai fanciulli, si ha da stare ben cauti di non ammetterli all'officina prima che l'età abbia sufficientemente sviluppate le forze fìsiche, intellettuali e morali...
Cosi certe specie di lavoro non si confanno alle donne fatte da natura per i lavori domestici.
Non bisogna che si abusi dell'età fanciullesca ne della debolezza della donna.
Che poi le madri di famiglia, per la scarsezza del salario del padre, siano costrette ad esercitare un'arte lucrativa fuori delle pareti domestiche... è un pessimo disordine che si deve con ogni sforzo evitare.
Qual è il grande peccato del nostro secolo?
R. ...la sordida cupidigia dei soli interessi proprii... è l'obbrobrio e il grande peccato del nostro secolo.
Qual è il pensiero della Chiesa sul salario?
R. La quantità del salario, si dice, la determina il libero consenso delle parti; sicché il padrone, pagata la mercede, ha fatto la parte sua, né sembra sia debitore di altro... A questo ragionamento non può un equo estimatore consentire, né facilmente, né in tutto.
In primo luogo all'operaio si deve dare una mercede che basti al sostentamento di lui e della famiglia.
La giustizia sociale richiede che si introducano quanto prima quelle mutazioni che assicurino ad ogni operaio adulto il salario che basti per provvedere convenientemente alle comuni necessità domestiche.
Se il minor guadagno di una azienda è dovuto a indolenza dei padroni, a incapacità e a noncuranza del progresso tecnico-economico, questa non è da stimarsi giusta causa per diminuire la mercede agli operai.
Chi, e soprattutto qual sacerdote o cristiano, potrebbe restar sordo al grido che si solleva dal profondo e invoca giustizia?
La Chiesa non può ignorare o non vedere che l'operaio, nello sforzo di migliorare la sua condizione, si urta contro qualche congegno che contrasta con lo scopo che Dio ha assegnato per i beni terreni.
Guai a chi dimentica che una vera società nazionale include la giustizia sociale, esige una equa e congrua partecipazione di tutti ai beni del paese.
Quali, in sintesi, i doveri dei datori di lavoro?
R. I doveri dei capitalisti sono questi:
non tenere gli operai come degli schiavi;
rispettare in essi la dignità della persona umana.
È un contratto «giusto» quello che l'operaio accetta spinto dalla necessità?
R. Se l'operaio costretto da necessità, accetta patti duri, perché imposti dal proprietario, questo è un subire una violenza contro la quale la giustizia protesta.
Quali, i doveri dei lavoratori?
R. Gli obblighi di giustizia del proletario ed operaio sono:
a) prestare interamente e fedelmente l'opera che liberamente e secondo equità fu pattuita;
b) non recar danno alla roba dei padroni;
c) nella difesa stessa dei propri diritti astenersi da atti violenti;
d) non mescolarsi con uomini malvagi promettitori di cose grandi, senza altro frutto che di inutili pentimenti e di perdite rovinose.
È esatto affermare che la ricchezza è un prodotto del solo capitale?
R. Non d'altronde è prodotta la ricchezza se non dal lavoro degli operai
È giusto che i guadagni si accumulino nelle mani dei datori di lavoro?
R. È necessario dunque di procurare con tutte le forze che in avvenire i capitali guadagnati non si accumulino se non con equa proporzione presso i ricchi, e si distribuiscano con una certa ampiezza fra i lavoratori.
Sono necessarie due cose: la riforma delle istituzioni e l'emendamento dei costumi.
La giustizia impone che siano convenientemente distribuiti quei beni e quelle ricchezze che Dio ha profuso nel mondo.
Fate che la giusta distribuzione delle ricchezze sia effettuata realmente in modo durevole, e vedrete un popolo, anche disponendo di minori beni, farsi ed essere economicamente sano.
È cristianamente desiderabile l'elevazione operaia?
R. Nell'ordine economico e sociale il pensiero cristiano ravvisa come un elemento sostanziale della elevazione del proletariato, la cui risoluta attuazione appare ad ogni vero seguace di Cristo come l'adempimento di un obbligo morale.
Non si spenga tra voi la voce dei due Pontefici delle Encicliche sociali, che addita il dovere morale di cooperare all'ordinamento della società... accendendo all'azione non meno coloro che ad essa appartengono che lo Stato.
Quale sarebbe la soluzione ideale della questione operaia?
R. Le esigenze del lavoro comprendono, oltre ad un salario giusto, la conservazione ed il perfezionamento di un ordine sociale che renda possibile una sicura, se pur modesta, proprietà privata a tutti i ceti del popolo.
...e favorisca una formazione superiore per i figli delle classi operaie particolarmente dotati di intelligenza e di buon volere.
La soluzione rivoluzionaria può portare buoni frutti?
R. La rivoluzione sociale si vanta di innalzare al potere la classe operaia: vana parola! Di fatto voi vedete che il popolo lavoratore rimane legato, aggiogato e stretto dalla forza del Capitalismo di Stato.
È bene razionalizzare la produzione?
R. Dei frutti che si ricavano dall'uso dei processi tecnici giovarsi anche per migliorare le condizioni personali dell'operaio, per rendere meno ardua e dura la sua fatica e rafforzare i vincoli della sua famiglia, nel terreno ove abita, nel lavoro di cui vive.
Le ACLI sono una istituzione cristiana?
R. Le ACLI sono oggi un mezzo indispensabile di apostolato.
Le ACLI debbono contribuire a rendere la famiglia del lavoratore cristiano atta a educare bene la prole e a governare la casa con vantaggio spirituale e materiale dei suoi membri.
Le ACLI tendono ad un fine comune che è quello di elevare le condizioni di vita del lavoratore.