Abbiamo già detto come il piano sedizioso rivelasse una accurata preordinazione. La giornata del 9 doveva segnare, nell'ambizioso piano degli organizzatori, non solo il riscatto dello scosso prestigio dei sindacati rossi presso le masse operaie, ma doveva essere altresì una prova di forza da potere poi sfruttare in campo politico largamente. Non si può non pensare ad una preordinazione di fronte a questa larga insurrezione nella città di Modena e nella sua provincia.
Contemporaneamente all'assalto alle forze dell'ordine in presidiò alle Fonderie, altre colonne di dimostranti si dirigevano sulla fabbrica di mattonelle Vignoni sita nella stessa via C. Menotti e sulla fabbrica di laterizi Zanasi in via Crespellani. Tutte due le fabbriche venivano occupate in un primo momento, ma poi le forze di polizia, nonostante fossero impegnate in numerosi diversi punti e sotto l'enorme pressione di migliaia di dimostranti, riuscivano a farle sgombrare.
Come se una parola d'ordine fosse partita, anche in provincia, si verificavano gravi disordini.
Al Bosco di Salicela, in comune di S. Felice sul Panaro, 200 dimostranti provenienti dalla zona bolognese, circondavano il vasto territorio del bosco ceduto in questi giorni ad una cooperativa di braccianti liberi e bloccavano l'accesso a 300 operai che vi si recavano al lavoro, isolando nell'interno del bosco i 60 soci cooperatori intenti al lavoro. Compiuta questa operazione, i braccianti liberi venivano circondati. Prima era una pioggia di contumelie, di minaccie e di intimidazioni, poi dalle parole si passava ai fatti e veniva ferito tra i primi il vice direttore della cooperativa dott. Reggiati. A questo punto i 60 liberi che stavano per essere sopraffatti dai 200 aggressori, si difendevano energicamente con gli attrezzi da lavoro e riuscivano così ad aprirsi un varco ponendosi al sicuro. Si avevano a lamentare feriti da ambo le parti fra cui il capeggiatore della aggressione tale Loris Manfredi segretario della C.d.L. di Crevalcore ben noto a Modena per essere stato processato e poi assolto nel processo per l'assassinio di don Giovanni Lenzini.
A Mirandola, colonne di dimostranti si dirigevano su Modena e, fermati dalla polizia ai posti di blocco, rivelavano subito le loro intenzioni minacciose. Gli agenti requisivano circa due quintali di randelli a frattura prestabilita tali da poter essere spezzati e ridotti al momento opportuno in numerosi solidi manganelli.
A San Felice sul Panaro i carabinieri disperdevano il minaccioso assembramento di 700 dimostranti davanti al locale canapificio.
A Carpi gruppi di dimostranti venivano dispersi davanti alle officine Magneti-Marelli.
A Sassuolo gruppi di manifestanti cercavano di occupare la fabbrica S.A.I.M.E. e nuclei di manifestanti dovevano pure essere dispersi dai carabinieri davanti all'officina Crotti di Campogalliano.
A Massa Finalese, infine, dovevano intervenire i carabinieri per sciogliere una minacciosa manifestazione nella tenuta del conte di Carrobbio.
Nonostante l'esiguità delle forze, la polizia ha saputo tener testa e controllare la situazione.