Ancora una volta la forza dello Stato si è dimostrata l'unica reale garanzia dell'ordine e della libertà. Dei 20 mila fascisti «disposti a battersi» che il M.S.I. e le organizzazioni analoghe dicono di vantare nella nostra provincia, neppure l'ombra durante la difficile giornata del 9 gennaio: gli eroi delle ore 12, che da tempo vanno dicendo che manca l'occasione solo per dimostrare la loro forza, sono poi comparsi prudentemente soltanto a burrasca passata.
La D.C., assumendosi tutte le sue responsabilità, precisava, la sera stessa dei disordini, il suo punto di vista al quale faceva seguito la seguente mozione approvata all'unanimità dai parlamentari democristiani dell'Emilia, dal Comitato Regionale e dai Segretari Provinciali:
«I Parlamentari democristiani, riuniti a Cento insieme al Comitato Regionale ed ai Segretari del Partito;
esaminata l'attuale Situazione politica e preso atto della sediziosa minaccia lanciata dall'opposizione a seguito dei luttuosi fatti di Modena, quasi a determinare con essa la clamorosa apertura di una fase acuta di lotta contro la democrazia e la legge, unica base della convivenza civile;
riaffermano nei termini più decisi la intangibilità delle istituzioni democratiche espresse dalla volontà popolare.
Il Partito è pronto, come sempre, ad assumersi con serena fermezza tutte le responsabilità che possono essere richieste dalla situazione nella difesa della legalità costituzionale, sicura della piena adesione di tutte le forze sane del Paese.
Davanti alle accentuate prove di incomprensione di molti gruppi economici che resistono alle più eque esigenze di un rinnovamento sociale;
il Partito ribadisce la sua ferma volontà di tenere ad ogni costo la sua via, tra le opposte forze dell'egoismo di categoria e dell'opposizione sediziosa, accentuando la sua positiva azione realizzatrice sul piano della giustizia».
«Chi avesse interesse — ha scritto il «Popolo» — a rievocare lo spettacolo della occupazione delle fabbriche del 1920, troverebbe presto motivo di delusione. Noi sappiamo che fu proprio quell'episodio, insieme con tanti altri elementi di disordine e di carenza dell'autorità dello Stato, a provocare la sfiducia delle masse verso la democrazia e a condurre, attraverso la reazione squadrista alla soppressione della libertà. Sono troppo recenti la storia e la lezione di ieri perchè possano ripetersi a così breve distanza. Il pericolo più grave per la libertà risiede sempre nella possibilità che il metodo agitatorio e demagogico prevalga su quello paziente e costruttivo della democrazia. Questo pericolo è stato oggi e sarà domani evitato proprio perchè l'Italia è guidata da uomini che hanno le idee precise nei confronti dei troppo sbandierati valori di libertà e di giustizia; sanno cioè di dover presidiare la libertà con il rafforzamento dello Stato democratico e sanno di dover realizzare la maggior giustizia possibile contro gli interessi egoistici e contro, la resistenza del comunismo che agisce nei Paesi democratici, come freno del progresso sociale».