Questa relazione non potè essere da me svolta integralmente nella seduta consiliare del 30 novembre 1953 per le continue interruzioni e per le eccezioni procedurali sollevate dal Sindaco, il quale a un certo punto reclinò amabilmente il capo sul suo banco... mostrando di dormire ed esortando implicitamente i Consiglieri a non prestare attenzione a quanto andavo dicendo. In effetto, le mie parole che erano dirette ad illuminare a fondo il Consiglio su tutta la complicata questione, confutando minuziosamente la relazione di maggioranza della Commissione, non servirono a nulla. Vano risultò ogni richiamo alla ragionevolezza, all’obiettività, al sereno esame dei documenti e dei fatti, all'applicazione della legge e dei regolamenti: i consiglieri non si curarono di confutare i fatti, ma, come dissi in sede di replica, la loro tattica servì a dimostrare che «si desiderava più colpire colui che parlava, che non gli argomenti coi quali egli parlava». Si fece di tutto per isolarmi. Si tirò in ballo «una dignità da difendere», mentre proprio chi pronunciò questa frase, uno degli estensori della tesi maggioritaria, cadde di lì a poco in un tale grossolano errore che dimostrava quanto poco egli conoscesse la questione sulla quale aveva invece preteso di pronunciarsi dignitosamente, in coscienza e con perfetta cognizione di causa.
Insomma, non fui ascoltato. Però l'applauso del pubblico, alla fine della mia replica, fu l'inatteso premio alle lunghe fatiche spese nella ricerca della verità, per il trionfo della legge e della giustizia, nell'interesse della mia Bologna e dei miei concittadini. Non piacque quell'applauso al Sindaco, che si affrettò ad ammonire il pubblico e ad espellere un cittadino dall'aula; l'applauso, tuttavia, fece comprendere a me che vana non sarebbe stata la mia fatica se tutto il pubblico, anche quello non presente alla seduta consiliare, avesse potuto conoscere ciò che pure la cronaca giornalistica passò sotto silenzio.
Mi auguro che la relazione, qui integralmente esposta, sia letta, e attentamente soppesata da tutti coloro cui sta a cuore il bene pubblico e che amano la propria città. È bene si sappia che detta relazione non apparirà nella raccolta degli atti del Consiglio che il Comune pubblica annualmente, perché, respingendo la mia richiesta, la Giunta, in data 12 dicembre 1953 ha disposto « ... che al verbale non debba essere allegata la nuova relazione presentata dal Consigliere Toffoletto nel corso della seduta...». Anche per questo motivo ho considerato mio dovere verso i cittadini rendere pubblica la mia relazione.