Mons. Novello Pederzini, cappellano con don Guido, poi parroco a Bologna, scrittore e pubblicista, una delle voci più ascoltate di Radio Maria.
Quando don Guido fu nominato parroco di San Giovanni, ci recammo ad incontrarlo a Quarto Superiore, ove aveva fatto il parroco negli anni della guerra.
Accompagnavo un gruppo di Parrocchiani (io ero già a Persiceto da alcuni mesi) i quali, avendo in mente l’antecessore Amedeo Cantagalli che era un monsignore importante e rappresentativo, rimasero sorpresi nel vedere il nuovo Parroco: giovane (38 anni!), magrissimo, testa rasata, scarpe grosse, con atteggiamento schivo e quasi timido…
E l’imbarazzo crebbe quando io gli chiesi: “ Come faremo l’ingresso? Su quale macchina? Le va bene la ‘super’, offerta da Zoni (il grande industriale del momento)? Desidera la banda e l’incontro di accoglienza nella piazza principale?”.
La risposta ci raggelò: “No, vengo da solo; non voglio macchine, vengo in bicicletta!”.
Con fatica trovammo un compromesso, e l’ingresso avvenne in modo semplice, su una modestissima macchina, che don Guido poi lasciò alla ‘porta di sopra’ per raggiungere a piedi la chiesa. Il nuovo Parroco non entrò quindi in bicicletta, ma quella “bicicletta mancata” rimase e rimane l’emblema della sua vita e del suo stile.
Quanto sarebbe piaciuta quella scelta all’attuale papa Francesco!
E’ stato parroco di San Giovanni per più di 22 anni, e questa grande parrocchia, da lui percorsa in lungo e largo in bicicletta, è stata testimone di un’azione pastorale intensa e feconda. Io sono stato con lui 10 anni, condividendo la vita e l’impegno di un servizio non facile e non tranquillo: erano gli anni dell’immediato dopoguerra, contrassegnati da violenze culminate nell’uccisione di Giuseppe Fanin.
Chi era don Guido?
Anzitutto, un uomo intelligente! La sua era una intelligenza acuta e profonda, capace di comprendere e di interpretare i fatti e le persone, andando oltre le apparenze.
Era un uomo vero, autentico e libero, equilibrato e padrone di sé. Era, soprattutto, sincero: non l’ho mai sorpreso dire una bugia o cose diverse dalla verità!
Era semplice ed essenziale, nei discorsi e nelle scelte, secondo il principio evangelico: “Il vostro parlare sia sì, sì, no, no”. Parlando con lui, si aveva la certezza che nulla si nascondeva in ciò che diceva, perché, affermava spesso, “la verità è una sola”.
Era un uomo giusto, che si ribellava alle ingiustizie personali e sociali. Pur combattendo il marxismo, che nella sua realizzazione pratica si era dimostrato un fallimento per il suo carattere ateo e liberticida, ne condivideva l’aspirazione teorica ad una maggiore
giustizia sociale. Era fermo nel difendere la verità e nel condannare gli errori, ma comprensivo e tollerante verso gli erranti e i peccatori.
Aveva un sincero rispetto per tutti, e si asteneva prudentemente da ogni giudizio sull’operato degli altri. E’ singolare il fatto che nei tanti anni vissuti insieme non l’abbia una volta sentito dire male di qualcuno!
Era un uomo dal cuore grande, aperto ad una sincera comprensione per tutti, e specialmente per gli umili e i poveri.
Un giorno, con mia grande sorpresa, mi disse: “Da oggi, tutti i poveri che suoneranno alla porta, li inviteremo a condividere con noi la nostra mensa, e mangeranno a tavola con noi! Condividiamo così la loro povertà e …il loro cattivo odore (!!)”.
Papa Francesco avrebbe detto: “assaporeremo con amore l’odore della loro pelle, la pelle dei poveri!”.
Don Guido aveva assimilato il Vangelo autentico e lo viveva con semplicità e senza rumore.
Resterà un gigante della Chiesa bolognese, e, col linguaggio di moda, possiamo giustamente acclamarlo: “Don Guido…santo subito!”