Iniziando l'udienza il Presidente legge la lista dei testi a difesa che hanno chiesto di deporre: tra di essi è l'avvocato Joe Nordmann che difese le «Lettres Françaises» nel processo Kravchenko, la signora Claude Bailan-Coutorier deputato al Parlamento, e l'avvocato belga Fontaine.
La parola è poi data a David Rousset che, in forma vigorosa, riassume il regime dei campi di concentramento sovietici: «Io vorrei dirvi innanzi tutto — precisa — che non mi considero né Accusatore né Procuratore. Dinanzi a voi io desidero essere soltanto il portavoce delle vittime, delle centinaia di migliaia, dei milioni di uomini che tuttora vivono in condizioni del tutto paragonabili a quelle che abbiamo conosciuto nei campi nazisti. Io porto dinanzi a voi la denuncia delle vittime».
Bousset descrive come, dopo le deportazioni in massa dei kulaki, alle ragioni politiche e sociali che sin dal 1927 portarono in Russia alla creazione dei campi di concentramento, a partire dal 1930 si aggiunsero ragioni di ordine puramente economico. L'argomento secondo il quale i campi di concentramento sono un fenomeno di guerra non resiste perciò alle testimonianze che si possiedono a tale proposito. Attualmente l'organizzazione dei campi di concentramento in Russia si è estesa a tal punto da coprire interamente il paese da nord a sud, da est ad ovest, con una fitta rete di galere.
Rousset prosegue descrivendo l'organizzazione interna dei campi, la loro struttura economica e amministrativa, le spaventose condizioni di vita, di lavoro e d'igiene che vi regnano. Solo pochi privilegiati riescono a giungere al termine della loro detenzione, i «proletari» dei campi, coloro che non hanno la possibilità di rientrare in una categoria privilegiata, non escono più: vi muoiono.
Ciò che è inoltre terribile nei campi di concentramento sovietici — termina Rousset — è il fatto che vi sono detenuti, oltre a milioni di uomini e di donne, anche ragazzi: o perché condannati (nell'Unione Sovietica si diventa penalmente maggiorenni a 12 anni), o perchè deportati coi loro genitori, o infine perche nati nei campi stessi.
Appunto per denunciare questo delitto contro l'umanità deve esser fatta luce completa sulle condizioni d'esistenza nei campi sovietici.
Dopo una breve sospensione d'udienza viene introdotto il primo teste, P. S. Serguiev, operaio, di 53 anni, nato a Tula.
Arrestato una prima volta nel 1922 per avere preso parte attiva ad un movimento di rivendicazioni operaie nella fabbrica d'armi dove lavorava, fu arrestato una seconda volta nel 1936 e condannato senza processo, come semplice misura amministrativa, a tre anni di reclusione sotto l'accusa generica di propaganda rivoluzionaria.
Nonostante fosse malato di cuore egli dovette lavorare duramente all'abbattimento di alberi ed al trasporto di legname, anche in pieno inverno, nei campi di Oust-Ousa e di Vorkuta. Fu liberato nel 1939 e considera di dovere la sua sopravvivenza esclusivamente al fatto di aver potuto impadronirsi di carne in una macelleria e di avere avuto un amico che gli forniva del pesce in aggiunta alla razione normale.
Secondo teste è G. A. Komiachoff, nato a Zarizine (Stalingrado), di 45 anni, già appartenente alla redazione del settimanale «Possev».
Arrestato a Leningrado nel 1927 a seguito di un attentato contro alcuni gerarchi bolscevichi, e benché si trovasse a centinaia di Km. distante dal luogo dell'attentato, fu condannato alla fucilazione poi commutata in 10 anni di detenzione. Egli fu denudato nel campo di Solovki, il più terribile dell'epoca.
A tal proposito Rousset fa presente che la deposizione è di valore eccezionale in quanto il teste ha vissuto il periodo di transizione nel quale i campi da semplici luoghi d'isolamento per elementi sovversivi sono divenuti quello che sono attualmente, vale a dire un inesauribile serbatoio di schiavi.
Proseguendo il teste racconta una sua evasione, la sua cattura, ed infine la sua liberazione nel 1935. Egli ha potuto sopravvivere al regime dei campi grazie alla situazione privilegiata di contabile, mestiere nel quale ha appreso i rudimenti nel campo e che, una volta liberato, gli ha permesso di vivere.
Egli cita numerosi casi di mutilazioni volontarie dei quali fu testimonio al campo e parla della terribile mortalità che vi imperava per epidemie ed esaurimenti fisici.
Racconta infine che nel 1929, alla notizia di una probabile inchiesta internazionale sulla condizione del lavoro forzato nell’U.R.S.S., le autorità avevano fatto evacuare dalla città di Arcangelo circa 40.000 detenuti in due giorni.
Dopo la deposizione di G. A. Komiachoff l'udienza è tolta alle 18,15 e rinviata a domani alle 10.