Sono ritornati a casa loro i tre giovani bolognesi che vollero vedere di persona come si stava nelle «democrazie popolari». Dopo 80 giorni hanno scongiurato il Consolato Italiano di Vienna di sottrarli al comando sovietico e di rimpatriarli. Il lavoro di Pausbrunn, sotto la vigile tutela dei commissari sovietici, era pagato male. Avevano promesso loro 15 scellini ed invece ricevettero appena 5 scellini. E ciò nella repubblica del lavoro.
Ma eccovi intanto i tre giovani: Oriano Accorsi di Castel d'Argile, Valentino Riva e Benito Tassinari di Cento. I primi due hanno 26 anni, Benito 23. Naturalmente comunisti. Tessera con falce e martello.
I tre compagni, in occasione della partita di calcio Italia-Austria, andarono a Vienna. Volevano andare nella Repubblica del Lavoro, oltre la cortina di ferro. Ritardare anche un solo giorno sembrava loro una colpa. Precisamente a Praga. Comunque Cecoslovacchia, la giovane repubblica popolare.
Uno dei tre, l'Accorsi, teneva a Vienna un amico tedesco. L'amicizia era stata fatta in Italia durante la guerra. Vanno da costui il quale li riceve, li ammonisce, li consiglia. Nulla da fare. Partire subito verso la Repubblica del Lavoro. E partono con tutti gli ammaestramenti per varcare il confine, muniti di moneta austriaca e di una carta geografica.
Ecco la frontiera austro-cecoslovacca, ecco la polizia, ecco le sentinelle. Riescono a oltrepassare il confine e si dirigono a piedi al primo centro, a Mikuloff. Già l'aria e il sole libero della giovane repubblica li accarezza. Sono felici. Come si sta bene lontano dal capitalismo americano e dalla Coca-cola !
Alt. Al primo entrare in città sono fermati dai compagni commissari. Documenti. Ma i documenti non sono validi. La tessera del comunismo, la falce e il martello non valgono. E finiscono in prigione nella caserma della gendarmeria di Mikuloff. Interrogatori, domande... insomma per farvela breve il 23 giugno 1950 i tre giovani che avevano tanto sognato e desiderato l'aria della giovane repubblica democratica popolare vengono espulsi e consegnati alla polizia austriaca della zona sovietica di Misterbach.
Pazienza. Non era la zona dello sporco imperialismo americano. Zona sovietica. Si vedevano i compagni comunisti, con stella rossa sul berretto. «Ci fermeremo qui — pensarono i tre — saremo sempre in territorio democratico popolare».
Senonchè i gendarmi austriaci, dopo qualche giorno di interrogatori, li consegnarono direttamente alle autorità sovietiche con tanto di stella rossa sul berretto. I tre giovani bolognesi mostrano i loro documenti personali, le tessere con falce e martello, magari avranno salutato col pugno chiuso, avranno detto: «Zivio Stalin», fatto si è insomma che le autorità sovietiche li lasciano in libertà. Libertà limitata alla zona di Pausbrunn, ma libertà. A Pausbrunn c'era da lavorare: lavoro di escavazione con vanga e picco. Il compagno commissario dirigeva i lavori. I tre si presentano e vengono ingaggiati dietro retribuzione promessa di 15 scellini. Passa una settimana, due e la paga anzichè essere di 15 scellini vien portata a 5 scellini e acqua in bocca. Ordine del compagno commissario.
Il lavoro era pesante in quella zona della repubblica del lavoro, mal retribuito ed i tre sfiduciati pensano al ritorno. Troppo pochi 5 scellini anche se facevano vedere loro i films sovietici di propaganda, anche se dicevan loro con tristezza che «Scelba è un uomo cattivo». No, no, volevano tornare in Italia. Avevano visto abbastanza. La repubblica popolare del Lavoro è bella a vederla di lontano. Riuscirono perciò a mettersi in contatto con l'Ambasciata Italiana e scongiurarono il Console a farli rimpatriare.
Ora sono a casa e stanno bene anche se Scelba «è un uomo cattivo».
Cento, agosto 1950.