La denominazione è apolitica: scandalo di Modena. E' venuta a determinarsi spontaneamente. Magari forse tenute presenti tutte le prudenze che in queste zone non sono mai abbastanza quando sono in ballo la Camera del Lavoro, Di Vittorio, il partito comunista e tutti gli altri annessi e connessi.
Ad ogni modo lo «scandalo di Modena» si riassume in poche parole. Di diciotto milioni destinati dalla libera elargizione popolare a favore delle 6 famiglie delle vittime del 9 gennaio 1950, solo due milioni sono andati per quel verso. Col resto c'è perfino scappata fuori una fiammante automobile Fiat per i sindacalisti della Camera del Lavoro di Modena.
Ma andiamo con ordine e facciamo la cronaca della vicenda.
Come si è accennato, dopo la triste giornata rossa che vide 6 operai vittime del fanatismo e della lotta di classe presso le Fabbriche Riunite di Modena, fu deciso dai comunisti di fare una sottoscrizione nazionale per venire incontro alle 6 disgraziate famiglie. Il Governo diede il suo benestare e la Questura ratificò. La sottoscrizione ebbe inizio. Goccia a goccia le offerte andavano a finire nel grande alveo della Camera del Lavoro di Modena. Le offerte furono 835. La somma ottenuta L. 17.715.659. Passarono giorni e mesi. Lo scrupolo e la venerazione con cui era attesa codesta somma destinata a 6 famiglie, vennero man mano allentandosi. Fatto si è che qualche mese più tardi la Questura di Modena, a mezzo del comm. dott. Pedulla dell'Ufficio Politico e dei commissari Del Pennino e Carlucci, entrava nei locali della Camera del Lavoro, sequestrava i resti di quella somma, sequestrava documenti e carte e il tutto lo trasmetteva alla Magistratura perchè giudicasse. Qualcosa insomma che non andava.
Un passo indietro, vi prego. Prima che il comm. Pedulla dell'Ufficio Politico varcasse il portone camerale, c'era stato un episodio piuttosto clamoroso. Il sindacalista Giovanni Vandelli, nelle cui mani passavano le offerte e gli occhi del quale vedevano i rivoletti attraverso cui si dissolvevano quei diciassette milioni e rotti, s'era preoccupato non poco. Aveva avvertito l'on. Di Vittorio a Roma, Botteghe Oscure, il suo Partito. «Badate, — penso io abbia detto — badate che i soldi vanno per scopi diversi da quelli per i quali furono raccolti».
Il sindacalista Vandelli, a quell'epoca, era membro dell'Esecutivo provinciale della Camera del Lavoro, membro del Consiglio Nazionale dell'INCA, iscritto al PSI. «Badate che non ci vedo chiaro — ripeteva ai suoi capi — non ci vedo chiaro in quest'amministrazione dei milioni raccolti. Niente registri, niente fatture. Partono e vengono dalla cassa come corridori al Giro».
I Capi non l'ascoltavano, le cose peggioravano ed il Vandelli una bella sera tolse tutto ciò che restava di quella somma nella Cassa e cioè un mezzo milione, lo portò in Banca, denunciò le irregolarità per rimanere fuori da ogni responsabilità di cattivo amministratore del denaro pubblico, si dimise e dal partito e da tutte le cariche sindacali dicendo (e stavolta la sua frase è autentica): «La Camera del Lavoro ed il PSI hanno abbandonato gli ideali di giustizia e di libertà».
Poche ore dopo il comm. Pedulla dell'Ufficio Politico, i commissari Del Pennino e Carlucci bussavano alla porta della Camera del Lavoro, entravano e sequestravano tutto. Quel giorno il pubblico battezzò la faccenda «scandalo di Modena». La denominazione era apparentemente apolitica, ma tutti capivano.
Ed il comm. Pedulla trovò che dei 17 milioni e rotti di lire erano state destinate alle famiglie delle vittime L. 2.750.000. E il resto? E gli altri 15 milioni?
Ecco qua l'elenco preciso e scrupoloso: L. 745.000 a feriti bisognosi; L. 119.610 per rimborsi alla Camera del Lavoro di Nonantola; L. 486.050 rimborsate al PST; L. 979.407 date al P.C.I.; L. 742.478 consegnate al comitato provinciale di solidarietà democratica (associazione comunista); L. 1.186.493 per spese funerali; L. 5 milioni alla Camera confederale del Lavoro.
Come si è detto, ora tutto è sequestrato, dalle fatture ai libretti di Cassa. Tocca alla Magistratura sentenziare se è lecito ed onesto raccogliere in una pubblica sottoscrizione denaro per uno scopo e destinarlo ad altri. In altre parole se la legge permette di commuovere col ricordo dei Morti il pubblico, spillargli denaro per poi usarlo per pagare i debiti di associazione o di partito.
Io di legge non me ne intendo e non posso giudicare. So solo che si era rimasti d'accordo con Botteghe Oscure che gli scandali dovessero essere solamente nel Clero e nella Democrazia Cristiana. Perchè il capitalismo non può trovare le sue vittime tra i dirigenti stessi dell'anticapitalismo. Ripeto, si era rimasti d'accordo così con Botteghe Oscure. Evidentemente qualcuno è venuto meno ai patti. Così almeno lo pensa anche il sindacalista ed ex membro dell'Esecutivo Provinciale della Camera del Lavoro Giovanni Vandelli. Ed il Vandelli è tanto sicuro delle sue affermazioni che ha perfino querelato l'UNITA'.
Cane non mangia cane, dicevano i nostri vecchi. Sbagliavano.
Modena, giugno 1950.