Sull'onda dell'interesse e delle emozioni suscitate dal recente libro di Giampaolo Pansa “Il sangue dei vinti” mi sono deciso ad una piccola ristampa di questo scritto che apparve come contributo nel libro del Prof. Spreafico “I Cattolici Reggiani dallo Stato Totalitario alla Democrazia: la Resistenza come Problema” nel 1991.
A distanza di quasi 13 anni quanto scrivevo allora appare certamente datato. Manca qualsiasi riferimento agli scavi effettuati nei primi mesi del 1991 nella zona del Cavòun, a poche centinaia di metri dall'abitato di Campagnola.
Il ritrovamento della fossa del Cavòun portò Campagnola agli “onori” dei telegiornali e dei giornali nazionali. Il Procuratore della Repubblica di Reggio E. affidò il recupero dei resti della fossa comune all'Istituto di Medicina Legale dell'Università di Modena. Questo Istituto eseguì un'analisi accurata e minuziosa dei poveri resti, stabilì che si trattava di 18 persone e mezzo tra quelle uccise il 29 Aprile 1945; per 10 di queste l'Istituto arrivò anche ad una identificazione quasi certa.
Da un rapido conto delle persone prelevate e uccise il 29 Aprile risultò evidente che nella zona del Cavòun doveva esserci anche una seconda fossa comune; questa venne cercata per qualche tempo ma inutilmente.
Questa seconda fossa nel 1991 in effetti non esisteva più. Essa si trovava circa a metà della parte esterna del lato nord del cimitero di Campagnola. Nel 1972, proprio intorno a quella zona, vennero effettuati i lavori di ampliamento del cimitero, la fossa venne probabilmente “scoperta” e il suo “contenuto” fatto rapidamente sparire. A conferma di questa ipotesi il Sindaco dell'epoca, Dimmo Sghedoni, mi disse nel 1991 che questa seconda fossa non si sarebbe più trovata. I resti di quei corpi vennero probabilmente gettati in una discarica: quando ci si dice che “i morti, di una parte e dell'altra, meritano comunque rispetto”!