L'emporio di tipo sovietico è un ottimo posto per chi voglia andare a perdere un po’ di tempo in giro. Non è però il luogo più adatto per chi voglia comprare qualcosa.
Il sistema di vendita, fantastico quanto e più dei prezzi che vi si praticano, rappresenta un incubo per chi abbia da fare spese.
Gli empori sovietici — si tratti di grossi magazzini per la vendita di commestibili oppure di «Univermag», massicci caseggiati dove si dovrebbe trovare di tutto — sono sempre molto affollati. Moltissima gente gira per i vasti locali dando un'occhiata a tutta la merce, senza fare acquisti.
C'è naturalmente anche chi compra, e quelli che lo fanno debbono assoggettarsi ad una serie snervante di file; così snervante e sconfortante che questo sistema ha dato origine ed alimenta un mercato nero del tutto particolare.
In ogni emporio sovietico c'è un numero rilevante di agenti di polizia, ai quali è affidato soprattutto il compito di tenere d'occhio i cosidetti «giocatori al rialzo»: gente che acquista la roba più richiesta nella giornata e meno disponibile, poi circola in coda alle file più lunghe e più cariche di malcontento e cede a prezzo di favore ciò che ha comprato a chi, fatti i conti, decide che val la pena di pagare un po’ di più la merce piuttosto che trovarsi alla fine senza niente in mano.
Andare a fare acquisti significa per la donna sovietica mettere in programma un buon numero di ore. Dato che molte donne lavorano, ne viene che per un certo numero di esse l'andare a fare spese rappresenta un problema rilevante.
Per quel che riguarda la carne e la verdura, la donna sovietica può evitare la ressa dei magazzini statali ripiegando sui mercati contadini. I prezzi sono un po’ più alti, ma ella è più sicura di trovarvi quello che cerca. I magazzini statali hanno forniture limitate e spesso la roba segnata sui listini dei prezzi non è disponibile; non è giunto il carico oppure è giunto ma in misura del tutto insufficiente. E poi, nei mercati contadini, dove si da un certo sfogo all'iniziativa privata, la donna si concede la rara soddisfazione di discutere sui prezzi, una cosa che non può fare nei magazzini statali dove i prezzi sono fissi.
Ma per quel che riguarda gli articoli di abbigliamento, gli utensili di casa e in genere per tutta l'altra roba che non siano i viveri, non c'è altra strada che quella che porta all'«Univermag».
Quando Natascia Ivanovna va all'emporio trova di solito una lunga fila di gente che preme sulle porte in attesa di entrare. Una volta dentro vi trova altre file. Quando è il suo turno Natascia Ivanovna si accoda alla fila che fa capo al banco che le interessa per primo ed al quale sta un uomo o una donna addetti alla registrazione: registrano su uno scontrino con estrema calma la cifra che il cliente deve pagare per la roba che vuole e consegnano lo scontrino al cliente. Natascia Ivanovna lascia quindi quel banco e va a fare la fila da un'altra parte, dove la scena di prima si ripete. Poi c'è la fila dinanzi allo sportello del cassiere, dove pagherà i rubli segnati sugli scontrini e tornerà a fare la fila dinanzi ai banchi di prima per consegnare gli scontrini vistati e ritirare la roba che ha scelto.
Insomma, tante file quante sono le cose che deve comprare, una fila per pagare, e ancora le file di prima per ritirare la merce. Una cosa estenuante. Persino la pesante amministrazione sovietica comincia a rendersi conto della futilità di questo sistema. In alcuni empori è dato trovare in cima ad alcuni banchi un cartello con su scritto che si può pagare direttamente all'incaricato della vendita. Si tratta di esperimenti, per ora.
Per comprare un pettine ordinario in un «Univermag» io ho impiegato venticinque minuti. Mi misi in fila e una volta presso il banco dissi alla commessa che volevo un pettinino da tasca, ne ebbi la ricevuta e l'invito a trasferirmi alla fila della cassa, dove pagai tre rubli e settantacinque, poi ancora la fila di prima a pestarmi per non perdere la precedenza e finalmente mi allontanai col pettine stretto in mano come un trofeo. Una settimana dopo il pettine che mi era costato tanta fatica aveva perduto quasi tutti i denti.
Mosca è piena di queste code interminabili, e in massima parte a causa del sistema succitato. La gente se ne sta pestata per ore negli empori, e per sua fortuna, mostra di non avere molta fretta. Però pesta di santa ragione per conservare il posto. Ho viaggiato per una trentina di nazioni e sento di poter dire che la gente che si accalca negli empori sovietici è fra la più rude e più scorbutica che mi sia stato dato mai di vedere. In definitiva, però, non ha molti torti, è così per una questione di autodifesa. Ad essere cortese ci rimetterebbe un mucchio di ore.
Le file per il latte — c'è una acuta penuria di latte nell'Unione Sovietica — sono poi ancora più strazianti. Le donne cercano di cavarsela un po’ ripiegando sui mercati contadini e un po’ tentando di farne provvista nelle giornate che sembrano buone quanto a disponibilità, ma si tratta di colpi piuttosto difficili da azzeccare. La gente si mette in fila con un carico di bottiglie vuote d'ogni forma e d'ogni dimensione. Il latte viene distribuito da enormi recipienti. Talvolta, molto prima che la fila si sia esaurita non c'è più latte. Alle donne rimaste senza resta l'alternativa di andarsene per tornare il giorno dopo o di andare ad ingrossare le altre file con la quasi certezza di non farcela a comprare il latte.
C'è poi roba che raramente appare nei magazzini statali. Ho cercato inutilmente degli agrumi in molte città dell'Unione Sovietica. A Kiev, la capitale dell'Ucraina, mancavano nei magazzini, ma li si poteva acquistare, sopratutto arance ma piccolissime, per le strade da ragazzi che li avevano portati dalla campagna direttamente.
Fare provviste non è possibile, e non soltanto perchè la merce a disposizione è sempre scarsa e, in caso di commestibili, deperibile, ma anche per i prezzi che sono alti.
I contadini traggono naturalmente un sensibile vantaggio dalla situazione nei magazzini statali. Appena carne, verdura ed altri viveri cominciano a scarseggiare nei magazzini statali, i prezzi salgono con punte amare nei mercati contadini. Con il limitato reddito che caratterizza la famiglia sovietica, Natascia Ivanovna deve manovrare con meticolosa accortezza il bilancio familiare. In confronto a una donna di un qualsiasi paese dell'Occidente, ciò che ella deve spendere per il vitto è una cifra enorme. Molte famiglie ce la fanno ripiegando in massima parte sulle patate e su altra roba di prezzo relativamente basso, e facendo leva sul fatto che tutti in casa si danno da fare a lavorare in qualche maniera.