Ha bisogno, almeno, di un buon decennio, la Russia sovietica, per imperniare su basi solide quel vasto incremento delle sue risorse produttive che il Governo di Mosca vorrebbe effettuato in due o tre anni; e sta in questa sua necessità la maggiore speranza che la pace possa durare ancora a lungo.
Vi è motivo di sperare, infatti, che il Governo di Mosca eviterà di affrontare le incognite incalcolabili di un altro conflitto mondiale, anche se non è il caso di aspettarsi che rinunci spontaneamente alle conquiste, finora pacifiche, che ha realizzato oltre gli antichi confini dopo la fine della guerra. Sennonché, sono tanti i dilemmi che i successori di Stalin hanno da sciogliere, ed è cosi stridente l'incompatibilità tra il loro bisogno di pace e la sognata palingenesi comunista di tutto il mondo civile, che tutto, purtroppo, può ancora accadere.
Per molti riguardi, la Russia, o quanto meno vaste plaghe della Russia d'oggi, assomiglia a quello che dev'essere stata l'America agli albori del secolo. Oggi la Russia è come un atleta che distenda i muscoli prima di saltare. E siccome nel mondo meccanizzato nel quale viviamo le cose procedono molto più in fretta che mezzo secolo addietro, può darsi che una Russia pacifica riesca più rapidamente di quanto non abbia fatto l'America, ad aggiornarsi, come si suol dire. Ha ancora tanto da costruire, da organizzare, da modernizzare: strade, case, macchine, vie di comunicazione, trasporti, usi e costumi... Degli ostacoli immediati che ha da abbattere, il più grosso è la burocrazia, costituita dal partito comunista in venticinque anni di dittatura staliniana. Malenkov dovrebbe, anzitutto, debellare la strapotente organizzazione burocratica; proprio lui che ne fu per anni ed anni l'animatore ed uno dei supremi gerarchi. Può farlo?
Intanto, è fuor d'ogni dubbio che da tutte le parti, in tutti i ceti che contano della popolazione sovietica, le promesse del nuovo governo di Mosca hanno destato un senso di fiduciosa attesa. Si crede, si vuol credere che la gigantesca opera di riassetto e di potenziamento della vita economica e sociale dell'immenso conglomerato russo, può essere e sarà compiuta.
Degli osservatori occidentali di più matura esperienza, taluni prevedono che Malenkov prenderà di petto, per cominciare, l'esercito, visto che, fino a quando l'esercito continuerà ad accaparrarsi il più ed il meglio della mano d'opera e dei fondi disponibili, l'incremento a ritmo accelerato della produzione dei beni di consumo rimarrà, come è adesso, problematico. Consentirà, tuttavia, l'esercito ad una effettiva contrazione della sua potenzialità e, per conseguenza del suo prestigio, ora soprattutto, che la sua influenza sulle alte gerarchie dello Stato cresce, si può dire, di giorno in giorno? L'atteggiamento dell'esercito è uno dei fattori imponderabili della situazione.
Il processo di involuzione nel quale qualcuno, in Occidente, fonda precarie speranze è, o sembra, in corso ma nessuno può dire se non verrà arrestato dalla ressa dei dilemmi e delle contraddizioni, tra la quale deve aprirsi un varco il Governo di Mosca.
Ecco alcune delle contraddizioni più appariscenti:
1) Se anche non vorrà cimentarsi in un'altra guerra, il regime sovietico non può creare in Russia un clima stabile di pace nel senso non comunista della parola. Non può, perchè non può ripetere incessantemente al popolo russo che c'è un nemico armato fino ai denti il quale lo circonda, spiando il momento propizio per aggredirlo, e pretendere nello stesso tempo che il popolo si dia d'attorno per fabbricare frigoriferi, aspirapolvere, stoviglie, mobilio, abiti, biancheria, automobili, radio e case. Bersagliato senza tregua da una propaganda contraddittoria, il popolo non sa a quale dei due contrastanti richiami attenersi, col rischio che finisca col non dar retta nè all'uno nè al l'altro. A filo di logica un popolo che è continuamente aizzato contro un nemico che batte alle porte, trova più naturale stringere la cintola e costruire armi e fabbricare munizioni piuttosto che cucine a gas e letti ed orologi.
2) Dall'altro canto, avendo promesso al popolo una vita più comoda, un regime più umano, il Governo di Malenkov deve, per lo meno in apparenza, mantenere l'impegno che ha spontaneamente assunto. Va ricordato, a questo proposito che il Governo di Malenkov è ben diverso dalla dittatura assolutamente centralizzata di Stalin, e non ha più sottomano una polizia onnipotente ed onnipresente, perchè, dopo la caduta di Beria, una spietata epurazione ha anemizzati i ranghi della polizia capillare creata dall'inflessibile georgiano. Qualche caposaldo del regime staliniano ha da cedere, sia l'esercito sia la burocrazia, prima che la rigenerazione della vita economica e sociale del popolo russo, promessa da Malenkov, possa comunque aver principio. Oserà, il Governo di Mosca, dare un taglio alla produzione siderurgica di guerra, chiudere una buona parte delle fabbriche di armi e di munizioni e sfrondare i quadri dell'esercito?
3) Nulla induce a credere che i successori di Stalin abbiano l'intenzione di rinunziare all'appoggio delle quinte colonne comuniste all'estero, o che si accingano a farle desistere dal fomentare nei loro rispettivi centri di azione le crisi sociali, il fermento sovversivo, la rivoluzione, il caos. E finchè i partiti comunisti di qua dalla cortina d'acciaio continueranno ad esser nient'altro che servili complici ed agenti di una mostruosa congiura contro la pace sociale e la stabilità politica del mondo non russo, il Governo di Mosca continuerà fatalmente a suscitarsi contro la diffidenza e la resistenza di tutti i popoli indipendenti, fino al giorno che la guerra, quella guerra che la Russia oggi non può fare, diventerà inevitabile.
4) Pur seguitando a bandire la sua crociata per la palingenesi mondiale, la Russia sta deragliando, in realtà, dal classico binario del
Leninismo, e proprio nello stesso momento in cui la sua grande vicina asiatica, la Cina, si sforza di imboccare precisamente quel vecchio binario. È già sorta, in molti settori della società sovietica, la nuova borghesia, con tutti gli istinti di conservazione che sono proprii delle classi sociali assurte al possesso di una riserva patrimoniale che intendono trasmettere alle future generazioni; una borghesia che, a parte le definizioni opportunistiche, è essenzialmente l'antesignana di una reazione capitalistica.
È difficile orizzontarsi fra tante contraddizioni. E se è difficile per noi, osservatori stranieri, figurarsi per i ceti colti della popolazione sovietica. Due calamità — lo Stalinismo e la seconda guerra mondiale — hanno ostacolato lo sviluppo economico di un Paese straricco di risorse attuali e potenziali, ma le possibilità di sviluppo esistono e sono anche evidenti. L'industrializzazione, l'espansione degli impianti idroelettrici, la meccanizzazione dell’agricoltura, hanno gettato le basi di una poderosissima struttura ancora da costruire. E per incominciare a costruirla, bisognerà rimuovere i due ostacoli più grossi, la burocrazia e, più che l'esercito in sè, l'ossessione della strapotenza militare.
Sotto Stalin, la Russia costruì grandi stabilimenti siderurgici, molte centrali idroelettriche, canali, reti di irrigazione, ecc. ecc. ma trascurò del tutto la produzione dei generi di consumo. Senza gli aiuti degli Alleati questo sarebbe stato il tallone di Achille della Russia sovietica durante l'ultima guerra; e questo stesso equilibrio delle risorse produttive nazionali potrebbe, in date e deprecabilissime circostanze, rivelarsi un fattore decisivo di inferiorità per il colosso sovietico. Per dare all'economia nazionale l'elasticità che finora le è stata negata, un'elasticità che consenta alla società russa di resistere a qualunque scossa, è necessario ed urgente rincalzare quel troppo fragile puntello della sua potenza. Potrà il governo collettivo di Mosca portare a compimento quest'opera di radicale restauro, senza che il partito comunista perda la sua posizione d'egemonia? La nuova classe media, che va diventando sempre più ricca, è quella che avrebbe più da perdere dalla minaccia di un'altra guerra. Quanto più si arricchisce tanto più vuole arricchire. La nuova borghesia ha poco in comune col bolscevismo rivoluzionario e difficilmente si lascerebbe convincere a mettere a repentaglio tutto ciò che ha potuto acquistare per servire la causa della rivoluzione mondiale.
E c'è ancora un altro fattore da tener d'occhio. Sebbene sia vero che il popolo sovietico, preso nella massa, è straordinariamente ignaro del mondo occidentale, sono molti gli spiragli che incrinano ormai la cortina di acciaio. Per poter assimilare i metodi, le invenzioni, la prassi dei popoli d'Occidente, è stato necessario diramare in Occidente un gran numero di persone colte, le quali hanno inevitabilmente assimilato anche molte delle idee e dei modi di vivere dei popoli non comunisti. Un po’ da per tutto, nelle città di tutta la Russia, saltano agli occhi dello straniero le imitazioni e le copie conformi di cose, ed anche di iniziative, di pretta marca occidentale e, più specialmente, americana.
Mi pare che tutte queste considerazioni, prese insieme, tendano ad avvalorare la speranza che la guerra fredda possa a poco a poco diventare qualche cosa che assomigli alla pace.