Siamo venuti pellegrini su questi monti dove quarant’anni fa è stato effuso sangue innocente, dove una convivenza umana laboriosa, pacifica illuminata dalla fede, è stata distrutta da quell’orrido mostro che si chiama guerra.
Siamo venuti a fare memoria, nella celebrazione liturgica, del Figlio di Dio immolato per noi sulla croce e insieme a ricordare i nostri fratelli uccisi, piccolo gregge inerme e senza colpa.
Siamo venuti a riportare qui, col prodigio antico dell’Eucarestia, la presenza viva e reale di Cristo, il Crocifisso che è risorto e ora vive per sempre, e insieme a rinsaldare la certezza che i nostri martiri, così ingiustamente e crudelmente derubati dell’esistenza, torneranno nella risurrezione a gioiosa pienezza di vita.
Siamo venuti come per una riconsacrazione di queste terre profanate dall’odio e dalla ferocia.
Ci ha chiamati il sangue incolpevole che qui è stato versato e qui, divenuto eloquente come il sangue di Abele, vuol confidarci il suo ammonimento e la sua implorazione.
La voce di questi morti dopo quattro decenni sembra farsi più forte e vibrante nel richiederci una consapevolezza accresciuta della preziosità di questo sacrificio e di questo esempio. La Chiesa di Bologna possiede su questi monti un tesoro che deve custodire con amore, onorare con giusta fierezza, comprendere con intelligenza crescente nel suo valore e nel suo insegnamento.
Queste vittime non ci domandano di non dimenticare le barbarie e la crudeltà che le hanno stroncate; non ci invitano a conservare i risentimenti e i rancori; non esigono vendetta. Se questo fosse il nostro stato d’animo, basterebbe a smentirci e a farci ricredere la lezione che abbiamo appena ascoltato dalla parola di Dio: "Se qualcuno conserva la collera verso un altro uomo, come oserà chiedere la guarigione dal Signore?", ci ha detto la prima lettura. E l’insegnamento sovrumano del Signore Gesù ci ha parlato dell’assoluta necessità di perdonare i fratelli, per recuperare un rapporto di vera riconciliazione col Padre.
Noi non siamo qui dunque per far rivivere amaramente nei cuori la malvagità di chi ha ucciso; ma perché non vada perduto il magistero mirabile di chi si è lasciato uccidere, affidandosi solo alla giustizia di quel Dio, che è l’unica speranza degli umili e degli indifesi, e alla fine pareggerà tutti i conti nel suo Regno eterno.
Non siamo qui per imprecare contro gli esecrabili frutti di una disumana volontà di potenza, di una esaltazione assurda dello stato e della razza, di un irragionevole senso della disciplina che arrivava a trasformare gli uomini in implacabili macchine di sterminio; ma per imparare dal sacrificio nascosto, accolto senza prospettiva di gloria in questo mondo, dei pastori che hanno voluto morire coi loro fedeli, accomunati nella tragica sorte, così come avevano avuto in comune la fede e la vita ecclesiale, così come avevano partecipato alla stessa mensa del pane celeste.
I nomi dei parroci don Ferdinando Casagrande, don Ubaldo Marchioni, don Giovanni Fornasini, del salesiano don Elia Comini, di padre Martino Capelli, prete del Sacro Cuore, restano nella storia della nostra Chiesa a perenne esempio per tutti i sacerdoti, diocesani e religiosi, di totale fedeltà alla propria missione e di eccelsa carità pastorale.
La Chiesa di Bologna oggi è qui con il suo arcivescovo, con molti dei suo presbiteri e dei suoi fedeli, Ma la Chiesa di Bologna non vuole allontanarsi da questi luoghi e da queste memorie.
Essa perciò dà mandato ai fratelli e alle sorelle della Piccola Famiglia dell’Annunziata di restare a Monte Sole in suo nome e in sua rappresentanza.
Noi affidiamo a questa comunità monastica il compito della orazione di suffragio per quanti hanno imporporato del loro sangue tutta la nostra regione, in montagna e in pianura, prima e dopo il 1945, vittime di ideologie contrapposte, ma ugualmente anticristiane e perciò disumane; il compito della preghiera per la concordia tra i popoli e tra le fazioni, e per la conversione dei cuori; il compito dell’annuncio a quanti qui verranno della pace vera, che è la pace messianica portata da Cristo; il compito dell’accoglienza della illuminazione dei pellegrini, che qui arriveranno a ritemprarsi nella fede e a ricercare le motivazioni di una più coraggiosa coerenza cristiana.
La Chiesa è un popolo che ricorda; ricorda le sue origini dall’amore del Padre; ricorda la sua destinazione, che è la Gerusalemme eterna; ricorda il suo Salvatore, nella sua donazione per noi; ricorda tutti i testimoni della fede e tutti gli eroi dell’amore fraterno, della carità pastorale, della solidarietà cristiana, che hanno impreziosito la sua lunga storia.
Il Signore ci aiuti ad avere una memoria lunga e tenace, perché proprio da questa memoria è alimentata e sostanziata la nostra vitalità e la nostra capacità di irraggiare il Vangelo di salvezza sul tempo presente.