La parola del papa e dei vescovi - 36

OMELIA NELLA MESSA AL CIMITERO POLACCO PER IL QUARANTESIMO DELLA LIBERAZIONE

Cimitero Militare Polacco
di S.Lazzaro di Savena
Domenica 28 aprile 1985

Con animo pieno di commozione, noi celebriamo il sacrificio di Cristo in questo giardino fiorito di croci, dove sono stati deposti mille e quattrocento nostri fratelli, venuti da una terra lontana a morire per la nostra libertà. E’ come una seminagione: una seminagione in attesa che passi il lungo e tribolato inverno della vicenda umana e più gioiosa e splendente rinasca la vita nella primavera della risurrezione.
Sono morti con questa fede nel cuore; ed è la stessa fede che oggi ci consola e ci dà la forza di contemplare con serenità, senza odio e senza disperazione, anche il tragico spettacolo di questo camposanto. Anch’essi come noi hanno ripetuto nel Credo: "Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà". Anch’essi, come noi, sono parte della grande famiglia dei discepoli di Gesù, che, oltre ogni angoscia e ogni orrore, sempre si affida all’amore paterno di Dio.
Diversi per lingua e per stirpe, noi e loro siamo accomunati e resi fratelli dall’identica speranza cristiana, che è il solo modo di guardare al dramma dell’esistenza che ci possa salvare dalla desolazione e dall’assurdità.
Sono morti per l’Italia, pensando alla loro amata Polonia, la patria aggredita, soffocata, straziata in quell’oscuro autunno del 1939 dal cinismo di due dittatori e dal vergognoso accordo di due potenze, asservite a ideologie opposte e ugualmente disumane.
Di fronte a queste vite immolate, il nostro cuore è pieno di pietà e di gratitudine.
A quarant’anni di distanza, noi vogliamo esprimere la nostra pietà con la preghiera di suffragio per questi e per tutti i caduti, e vogliamo manifestare al popolo polacco la nostra riconoscenza con l’omaggio sereno e senza timori reso alla verità della storia.
Al tempo stesso la nostra implorazione a Dio e il nostro augurio è che nel mondo si affermino in modo totale e definitivo i valori della pace, di una effettiva autodeterminazione dei popoli, della fraternità tra tutte le genti.

Dio ha cura di noi: questa parola di san Pietro, che abbiamo ascoltato nella prima lettura, valga a rianimarci e a farci vincere ogni sconforto e ogni stanchezza nella lotta contro la menzogna e l’ingiustizia.
Dio vi ristabilirà: è un’altra delle parole con cui il Signore oggi vuol ridare fiducia a quanti ancora attendono di essere liberati dalla malvagità e dalla prepotenza.
State saldi nella grazia di Dio: così siamo esortati a superare ogni comprensibile momento di interiore debolezza e ogni spirituale smarrimento.
Gesù risorto, che - come ci ha detto il vangelo di Marco - fu assunto in cielo dove siede alla destra di Dio, è la radice della nostra dignità e la ragione di ogni nostro vigore.
Noi cristiani, quale che sia la nostra nazionalità e la nostra cultura, siamo un popolo che non diventa mai schiavo di nessuno, perchè abbiamo nei cieli l’unico che vogliamo riconoscere come Signore. Ed è inesauribile l’energia che arricchisce il nostro essere, perchè da Cristo, vivo e attivo nel santuario celeste, viene a noi senza interruzioni la forza dello Spirito Santo, principio di ogni vera libertà.
Questi morti, che noi con questa Messa affidiamo alla misericordia del Padre, ci aiutino a capire sempre meglio il valore, la carica vitale, la capacità di affermarsi e di infrangere ogni ostacolo della nostra fede. "Questa - sta scritto - è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede".

La parola del papa e dei vescovi
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