Con animo pieno di commozione, noi celebriamo il sacrificio di Cristo in questo giardino fiorito di croci, dove sono stati deposti mille e quattrocento nostri fratelli, venuti da una terra lontana a morire per la nostra libertà. E’ come una seminagione: una seminagione in attesa che passi il lungo e tribolato inverno della vicenda umana e più gioiosa e splendente rinasca la vita nella primavera della risurrezione.
Sono morti con questa fede nel cuore; ed è la stessa fede che oggi ci consola e ci dà la forza di contemplare con serenità, senza odio e senza disperazione, anche il tragico spettacolo di questo camposanto. Anch’essi come noi hanno ripetuto nel Credo: "Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà". Anch’essi, come noi, sono parte della grande famiglia dei discepoli di Gesù, che, oltre ogni angoscia e ogni orrore, sempre si affida all’amore paterno di Dio.
Diversi per lingua e per stirpe, noi e loro siamo accomunati e resi fratelli dall’identica speranza cristiana, che è il solo modo di guardare al dramma dell’esistenza che ci possa salvare dalla desolazione e dall’assurdità.
Sono morti per l’Italia, pensando alla loro amata Polonia, la patria aggredita, soffocata, straziata in quell’oscuro autunno del 1939 dal cinismo di due dittatori e dal vergognoso accordo di due potenze, asservite a ideologie opposte e ugualmente disumane.
Di fronte a queste vite immolate, il nostro cuore è pieno di pietà e di gratitudine.
A quarant’anni di distanza, noi vogliamo esprimere la nostra pietà con la preghiera di suffragio per questi e per tutti i caduti, e vogliamo manifestare al popolo polacco la nostra riconoscenza con l’omaggio sereno e senza timori reso alla verità della storia.
Al tempo stesso la nostra implorazione a Dio e il nostro augurio è che nel mondo si affermino in modo totale e definitivo i valori della pace, di una effettiva autodeterminazione dei popoli, della fraternità tra tutte le genti.
Dio ha cura di noi: questa parola di san Pietro, che abbiamo ascoltato nella prima lettura, valga a rianimarci e a farci vincere ogni sconforto e ogni stanchezza nella lotta contro la menzogna e l’ingiustizia.
Dio vi ristabilirà: è un’altra delle parole con cui il Signore oggi vuol ridare fiducia a quanti ancora attendono di essere liberati dalla malvagità e dalla prepotenza.
State saldi nella grazia di Dio: così siamo esortati a superare ogni comprensibile momento di interiore debolezza e ogni spirituale smarrimento.
Gesù risorto, che - come ci ha detto il vangelo di Marco - fu assunto in cielo dove siede alla destra di Dio, è la radice della nostra dignità e la ragione di ogni nostro vigore.
Noi cristiani, quale che sia la nostra nazionalità e la nostra cultura, siamo un popolo che non diventa mai schiavo di nessuno, perchè abbiamo nei cieli l’unico che vogliamo riconoscere come Signore. Ed è inesauribile l’energia che arricchisce il nostro essere, perchè da Cristo, vivo e attivo nel santuario celeste, viene a noi senza interruzioni la forza dello Spirito Santo, principio di ogni vera libertà.
Questi morti, che noi con questa Messa affidiamo alla misericordia del Padre, ci aiutino a capire sempre meglio il valore, la carica vitale, la capacità di affermarsi e di infrangere ogni ostacolo della nostra fede. "Questa - sta scritto - è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede".