Verso le 14,15 del 19 luglio 1923, dopo vari giorni di caldo torrido, senza che si potesse arguire alcunchè di simile osservandosi appena un po’ di nuvolo all’orizzonte ad ovest, scoppiò d’improvviso un fulmine con fragore spaventevole, cui seguì violentissimo vento, che fu a sua volta seguito da furiosa pioggia a grossissimi chicchi di grandine: lo spaventoso fracasso durò non più di dieci minuti, ma gravissimi ne furono i danni: alberi spezzati senza numero, alcuni divelti e fra questi persino delle quercie, quasi tutti i comignoli abbattuti, tegole asportate. Per dare un’idea della violenza dell’uragano basti dire che asportò dal nuovo fabbricato del fondo Gazzo del benefizio parrocchiale ben 200 tegole, 50 dal tetto della chiesa, 40 dalla casa del fondo Chiesa; due pietrinfogli della stalla di canonica sfondati, un altro della casa dal 1933 di proprietà della chiesa. Venne abbattuta la croce sulla facciata della chiesa stessa, rotti i vetri tutti del lunettone della cappella maggiore, recando un danno di £. 337.40, spese nelle riparazioni. Gravissimi i danni alle campagne, specialmente alla canapa e all’uva, nonchè, si è già detto, alle alberature (per fortuna il raccolto del frumento era già al sicuro!). Il maltempo, con vento in direzione da ovest ad est, ebbe inizio nella parrocchia dell’Amola e investì la nostra, specialmente la parte verso la chiesa, lasciando quasi immune il quartiere Tassinara, poi la parrocchia di Bagno (dove causò danni ancor più gravi alla campagne), la parte di quella di Padulle verso Bagno, raggiungendo Casadio, dove danneggiò meno. Il vento fu avvertito in quasi tutta la provincia. Nessuna disgrazia alle persone.
Il 13 giugno 1923, proveniente da Molinella per recarsi a San Giovanni in Persiceto e a Crevalcore, passò in automobile con numeroso seguito di autorità, verso le 13,30 per via Biancolina s. M. il re Vittorio Emanuele III, accolto dalla popolazione festante.