La domenica sera 3 gennaio 1943 nell’ospedale di san Giovanni in Persiceto verso le 18 legali (17 solari) rendeva a Dio lo spirito verginale Mario Fanin, di nemmeno 10 anni. Lo stesso giorno era intervenuto al catechismo e alla S. Messa; ritornato a casa, aveva pranzato, senza dare segno alcuno di malessere, ilare e vivacissimo come sempre. Verso le 14 accusò mal di capo, che aumentò, fino ad obbligarlo al letto. Il medico non riscontrò alcunchè di grave: consigliò però il ricovero in ospedale, non riuscendo egli a diagnosticare la natura del male. Aggravatosi ancora, i medici non riuscirono a spiegarsi la cosa, e pensarono trattarsi di meningite, che gli tolse la vita. Il martedì ebbero luogo a Persiceto i funerali: i fanciulli del catechismo, gli appartenenti alle associazioni di A.C., specialmente i coetani, i condiscepoli col gagliardetto delle scuole nostre, moltissimi parrocchiani vi presero parte, accompagnandone la salma a quel cimitero, dov’è la tomba di famiglia.
Da qualche tempo gli attuali campanari-sacrestani Bussolari Romano e cugino Donato (i quali rappresentavano il rispettivo padre e zio Bussolari Luigi dal 1931 impotente) affermavano la impossibilità ad eseguire con impegno e diligenza il servizio; e finalmente sullo scorcio del 1942 manifestarono la decisione di ritirarsi, quantunque a malincuore, essendochè la loro occupazione di conduttori del fondo Chiesa assorbiva tutta la loro attività. Il parroco, testimone della verità della cosa, non vedendo la possibilità di insistere e pur manifestandosi dolente (trattandosi di lunghissima tradizione di famiglia, che da 123 anni attendeva al servizio della chiesa e che vanta pure tradizioni cristiane di fedeltà alla chiesa e al parroco; che da sì lungo tempo conduce lo stesso fondo, e che vanta di aver dato alla Chiesa e all’ordine dei Minori cappuccini un sacerdote, poi procuratore generale, quindi ministro generale e infine arcivescovo di Modena e abate di Nonantola) dovette pensare alla sostituzione, facile del resto, perchè un parrocchiano Fabbri Giuseppe, parente della famiglia dimissionaria, aveva già manifestato il desiderio di prenderne il posto. Venne indetta a questo scopo adunanza dei capi-famiglia pel giorno dei Santi 1 novembre, nella quale fu approvata la sua nomina.
Oltre i SS. Esercizi o Prediche di ogni anno al popolo tutto, a cura della Pia unione del Sacro Cuore di Gesù, le donne e giovani delle associazioni di Azione cattolica vollero un corso di esercizi per sè, a loro cura e vantaggio. E furono tenuti: per le giovani dal 27 al 31 gennaio 1943; per le donne dal 17 al 21 febbraio. Vi intervennero tutte le ascritte alle rispettive associazioni e molte altre, con una media di 60. Furono predicati da don Cleto Venturi di Faenza assai bene, con piena soddisfazione delle partecipanti, ed anche, almeno sperasi, con vantaggio duraturo. Le esercitanti fecero del loro meglio per sopperire alle spese incontrate per la chiesa e canonica.
Sia loro lode!
Come da parecchi anni si usa per disposizione governativa, anche nel 1943 si è tenuta la funzione di chiusura delle scuole ed è stato il 20 maggio, come del resto, e questo pure da molti anni, si è tenuta quella di apertura il 1° ottobre 1942. Quest’anno la chiusura è stata improvvisamente anticipata, causa le anormali condizioni per la guerra, che perdura dal 10 giugno 1940.
La funzione è riuscita bene, coll’intervento delle due insegnanti e della scolaresca delle quattro classi quasi al completo, col gagliardetto delle scuole nostre. Assistevano pure diverse mamme.
Iddio benedica i fanciulli nostri, e, per le le loro innocenti preghiere, le famiglie e la patria nostra, che sia salva dai tanti nemici, esterni ed... interni!
Mentre negli anni scorsi, dal 1925, la data delle prime Comunioni è stata la domenica di Pentecoste, nel 1943, ricorrendo la Pentecoste il 13 giugno (data non adatta per la scuola di dottrina nei giorni feriali, anche per il troppo caldo, senza dire poi dei lavori campestri, per cui i genitori abbisognano dei fanciulli più grandicelli), si è pensato di anticipare la data delle prime Comunioni stesse al 3 maggio, Invenzione di S. Croce, per noi ufficio del Comune e festa della Pia unione del S.Cuore di Gesù, festa di divozione sì, ma però da tutti osservata. Disgraziatamente abbiamo avuto una giornata pessima: è piovuto il giorno antecedente (domenica) e tutta la giornata della festa, la quale ciò nonostante è riuscita bene per la frequenza dei fedeli. Gli ammessi alla prima S. Comunione sono stati 34, dei quali 5 di Bagno ed 1 sfollato da La Spezia. Data la buona riuscita, forse anche negli anni avvenire si terrà questa data, anche perchè si tratta di festa fissa.
Perdurando la guerrra mondiale, il sottosegretario di stato per le fabbricazioni di guerra ha disposto prima il censimento delle campane, poi la raccolta di campane di edifici di culto, e infine l’ordine di raccolta in data 6 ottobre 1942, nel quale è acclusa nota del peso dovuto da parte nostra: Kg. 830. Il parroco, avuta notizia che alcuni concerti erano stati esentati d’ufficio (fra i quali quelli di Decima e Bagno), si presentò al sopraintendente ai monumenti dell’Emilia Comm. Armando Venè, per esporre il caso suo: egli fu gentilissimo, e suggerì di inoltrare ricorso, facendo pure il suo nome, e corredandolo di quanto avrebbe facilitato il felice esito di esso, assicurando che egli avrebbe dato parere favorevole.
E, ne sia ringraziato Iddio, venne risposta favorevole.
E così, mentre in un primo tempo, e ciò per bonta di quell’arciprete, le nostre campane erano state destinate al campanile di San Giovanni in Persiceto (era ammessa dal decreto di raccolta l’esenzione, purchè altra chiesa avesse dato il quantitativo dovuto dalle campane esentate); mentre le parrocchie della nostra povera Italia, poche eccettuate, hanno visto partire parte delle loro care campane (cosa questa che tanto ha dispiaciuto al popolo, indifferenti per le cose di chiesa compresi, e ha fatto presagire la sconfitta delle nostre armi), le nostre son rimaste a dar gloria a Dio colla loro voce armoniosa e squillante!
L’immane guerra, che dal 3 agosto 1939 si combatte fra la Germania e il Giappone da una parte e l’Inghilterra, Francia e in seguito Stati Uniti d’America e Russia dall’altra, e alla quale,alleata della Germania, ha preso parte la nostra Italia il 10 giugno 1940 ha portato fra gli altri mali anche quello delle incursioni aeree su popolazioni inermi e specialmente sugli agglomerati e quindi sulle città, col fine confessato di colpire il nemico nelle sue forze vitali belliche, ma in seguito anche a fine terroristico. E anche la nostra Bologna ne fu colpita, e venne bombardata una prima volta il venerdì 16 luglio 1943, quindi il sabato 24 stesso mese con numerose vittime, fra le quali una nostra ex parrocchiana, comproprietaria della metà della tenuta Lorenzatico e del palazzo Ca’ Rossa.
Si tratta della signora Anna Zucchi in Gotti, d’anni 55: si era recata a Bologna in bicicletta di buon mattino per essere di ritorno verso il mezzodì, quando, sorpresa dall’incursione e tentando di raggiungere a piedi il deposito della bicicletta, incontrò la morte, causata evidentemente dallo spostamento d’aria provocato dallo scoppio di una bomba a pochi passi, accanto alla nuova chiesa della Cavalleria, fuori porta Saffi o S. Felice. La salma venne trovata solo il mercoledì seguente 28 nel pomeriggio, ricoperta dai calcinacci caduti dal volto del portico. Il 30 nella nostra chiesa ebbe luogo praesente corpore solenne ufficiatura con buon numero di Messe, cui fece seguito l’accompagnamento al nostro cimitero.
L’epigrafe-ricordo dettata dal parroco ritrae fedelmente la sfortunata pia signora, che speriamo in Paradiso a pregare pel marito e i 4 figli.
A causa delle spaventose e disastrose incursioni aeree anglo-americane anche sulla nostra Bologna si è verificato l’esodo forzato di numerosissime famiglie dai grossi centri, e quindi anche dalla nostra città, a cominciare dalla prima incursione (16 luglio 1943); esodo generalizzatosi in seguito, dato il persistere e l’aggravarsi del flagello. E non solo da Bologna, ma anche dal nostro capoluogo San Giovanni sono sfollate parecchie famiglie, a cominciare dal gennaio 1944. In una parola: chiunque ha potuto trovare un rifugio qualsiasi presso parenti, amici, conoscenti, ha fatto S. Martino, sobbarcandosi anche a spese gravissime pel trasporto dei mobili e masserizie, e al disagio di ritornare quotidianamente in città pel lavoro. Nella nostra parrocchia più di 50 famiglie sono venute ad aumentare l’animato e i disagi provocati da questa durissima e diuturna guerra; ed anche il parroco ha dato asilo a tre famiglie. E’ un’opera di misericordia questa resa necessaria, ma tanto grave e, speriamo, meritoria!
A causa del numero impressionante di famiglie sfollate, e fra queste parecchie sinistrate, perchè rimaste senza tetto, e quindi anche nell’indigenza, avendo alcune perduto colla casa i mobili, masserizie, ecc.; senza contare le famiglie rimaste in Bologna per motivi di forza maggiore, ma in mezzo a privazioni e disagi, è stata raccomandata dal card. arcivescovo, di concerto con la civile autorità, una raccolta di indumenti e denaro, onde venire in aiuto a tanta indigenza. Nella nostra parrocchia si è pensato di farla a mezzo dei priori (i quali gli anni scorsi raccoglievano nell’autunno per la chiesa), rinunziando alla raccolta annuale a pro’ della chiesa, e devolvendone il ricavato pei sinistrati e sfollati. L’iniziativa ha sortito esito felice: parecchi indumenti si sono raccolti, distribuiti a mezzo dell’ente assistenza comunale di Persiceto, al quale sono state consegnate pure £. 1000 in denaro, mentre alla famiglia più bisognosa, residente nella nostra parrocchia, sbalestrata da Villa San Giovanni (Reggio Calabria), il cui capo è Caminiti Giuseppe, furono date £. 250, oltre alle offerte in denaro e indumenti fattele in antecedenza.
La tremenda guerra che dal 3 agosto 1939 perdura e alla quale il 10 giugno 1940 prese parte pure l’Italia a fianco della Germania e del Giappone contro la Francia e l’Inghilterra prima, e poi contro pure gli Stati Uniti d’America (ai quali si sono alla loro volta uniti molti stati delle due Americhe) e la Russia, ha avuto per la nostra povera patria un esito militarmente, economicamente e politicamente disastroso. Già l’unione dell’Italia alla Germania non era sentita dalla massima parte del nostro popolo, quantunque l’avvicinamento delle due nazioni avvenisse fin dalla pace di Versailles a conclusione della grande guerra (1914-1918), in cui l’Italia ebbe un trattamento ingiusto (e dire che aveva deciso della vittoria co’ suoi 700 mila morti!); e la Germania venne sottoposta a condizioni umilianti e impossibili, specie dal lato economico. Fu l’Italia a proteggere la Germania in seno alla Società della Nazioni e così pian piano venne l’unione fra le due nazioni, troppo dissimili però per temperamento, cultura, storia, lingua. Perciò la guerra accanto alla Germania non fu sentita. Inoltre, il fatto dei due eserciti o due forze armate in Italia (l’esercito regolare e la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale) concorse pure alla mancanza di unità e forza combattiva. Finalmente il fatto che mentre al fascismo va riconosciuto il merito di aver salvato l’Italia dal bolscevismo o comunismo nel 1919-20-21, cioè nell’immediato dopoguerra; mentre ad esso devonsi belle iniziative (la definizione della Questione romana col trattato o concordato fra la Santa Sede e l’Italia e il riconoscimento del matrimonio sacramento a tutti gli effetti civili, l’abolizione del duello, la nobilitazione pratica del lavoro e dell’agricoltura, i premi e i sussidi alle famiglie numerose, il potenziamento dell’esercito, marina, aviazione, la fondazione dell’impero, il concorso decisivo alla liberazione della Spagna dal bolscevismo (1938), ecc.) purtroppo il fascismo, vittima della sua subitanea, portentosa ascesa, tralignò nei suoi capi (escluso il duce Benito Mussolini, che secondo i più era sincero e di animo generoso), i quali si diedero ad arraffare, arricchendo i più smisuratamente; e il loro esempio trasse i subalterni a fare altrettanto, dimodochè alla dichiarazione di guerra alla Francia e Inghilterra, la nostra Italia, alquanto indebolita dalla campagna per l’impero e da quella di Spagna e dal fatto di avere stornato irresponsabili i fondi per gli armamenti ai fini suesposti, non era affatto preparata a una lotta sì grave e diuturna. A tutto ciò, ed è già troppo, va aggiunto l’incredibile decadimento delle condizioni morali del popolo, conseguenza del decadimento religioso, che col perdurare della guerra, con tutte le sue ingiustizie, errori ed orrori, venne aggravandosi; per cui, applicando il detto scritturale "miseros facit populos peccatum", l’esito era prevedibile. Si, il nostro esercito andò superbo di fatti eroici, di vittorie insigni, e così la marina e l’aviazione; e i nostri valorosi soldati della Libia si spinsero vicini ad Alessandria; e si sperò non lontana l’occupazione del Canale di Suez; ma altri fatti sono a vergogna, quello specialmente dell’avvilente sconfitta subita nell’inverno 1940-41 nella campagna contro la Grecia; e poi la perdita dell’impero prima, dell’Africa settentrionale, delle isole di Lampedusa e Pantelleria, della Sicilia ancora, e poi della Calabria.
E a questi fatti umiliantissimi va aggiunto pur l’altro provato dai nostri combattenti in licenza: i rimasti a casa, lungi dal partecipare col sentimento e coll’austerità della vita alle loro privazioni e pericoli, se la godevano paganamente, solo intenti ad accumulare e a passare allegramente la vita. E vennero avvenimenti gravissimi: l’arresto del duce del fascismo, Benito Mussolini per ordine di s.m. il re (25 luglio 1943), il quale diede l’incarico al maresciallo Pietro Badoglio di reggere il governo e di continuare la guerra, mentre poi alla chetichella si facevano approcci per l’armistizio, pubblicato l’8 settembre, ma firmato, si disse, parecchi giorni prima. E come alla notizia della rinuncia di Mussolini, così il 9 settembre fu un’esplosione di giubilo, perchè si sperò la pace.
Ma pace non fu: in vece sua, fu il castigo subìto dalla nostra patria a causa della disorganizzazione penetrata nell’esercito: mentre i comandanti le varie piazze dovevano fare resistenza contro chiunque si fosse opposto all’armistizio, cacciando le formazioni tedesche, le quali si trovavano dovunque, chiamate già a dar man forte al nostro esercito in Libia e in Italia, essi diedero ordine prima di non agire, poi di abbassare le armi; quindi lo sbandamento dei soldati e degli ufficiali (rimasti senz’ordini); in seguito l’annientamento dell’esercito e delle altre armi; e ciascuno come potè fece ritorno alla propria casa; gli altri, impossibilitati, vennero arrestati dai tedeschi e internati; altri ancora passarono agli anglo-americani. S.m. il re, principale responsabile, per la sua debolezza di carattere, della situazione, fu costretto a fuggire, prima, si disse, a Palermo, poi a Napoli, quindi a Bari.
E fermiamoci qui, perchè degli altri avvenimenti sempre più dolorosi diremo alla fine del 1944.
Tutto questo non ha fatto che aggravare le condizioni morali ed anche religiose, che pure erano così pietose. Quanto a quelle economiche, è da rilevarsi che le autorità preposte all’annonaria hanno riconosciuta l’opportunità di lasciare libertà nella confezione del pane, che dianzi lo si voleva contenuto in percentuali di miscele impossibili, pena gravi multe pecuniarie; e inoltre quella di non insistere sulla draconiana sorveglianza dei mulini, per cui non ha macinato chi non ne aveva. Quanto al resto, niente, o quasi, condimenti; (niente olio di qualsiasi genere: un fiasco £. 1000-1500-2000!; la carne bovina £. 70-80-100-120 il Kg., secondo le circostanze e le persone; il vitello 100-120 il Kg.; le uova £. 8-9-10 l’una). Non parliamo poi degli articoli di abbigliamento: delle calzature (un paio di scarpe di pelle £. 1000-1200-1300); un vestito per uomo (non parliamo di quelli delle donne) £. 3000-4000, ecc.
Scomparse le calze per le donne, alle quali è stato giocoforza permettere di presentarsi anche in chiesa scalzate. E i medicinali? La maggior parte scomparsi; i rimasti a prezzi proibitivi.
Quasi ciò non bastasse, le incursioni aeree hanno aggravato di molto le condizioni di tutti, costringendo allo sfollamento dai grandi centri, causa questo di tanti disagi e danni materiali e morali facilmente immaginabili.
La Provvidenza è venuta, come sempre, in aiuto opportuno a tanti mali con un inverno assai mite, senza neve o quasi, senza freddo, tranne pochissimi giorni; per cui i lavori campestri hanno proseguito ininterrotti, ed anche gli altri operai hanno sofferto assai meno per recarsi dal luogo di sfollamento in città ogni giorno. La mitezza dell’inverno ha reso quindi meno grave la situazione, che si presentava assai preoccupante, anche per la penuria della legna da riscaldamento, salita al prezzo, in certi casi, di £. 150 al ql.!
E dopo tutto questo: "beatus vir, qui sperat in Domino!"(beato l’uomo che spera nel Signore!).