22 luglio 1949. - L’aula non poteva assolutamente contenere più gente di quanta ne contenesse all’inizio dell’udienza, l'ultima di questo, si può ben dire, strepitoso processo, che ha polarizzato la attenzione dell’opinione pubblica di tutta la nazione. Decine e decine di persone sono state costrette a rimanere fuori nei corridoi nell'attesa che il Tribunale pronunciasse la sua sentenza: attesa silenziosa, tranquilla, sicura; la giustizia non poteva fallire. La verità sarebbe finalmente apparsa nella sua luce sfolgorante.
L'avv. Mastino Del Rio ha concluso rapidamente la propria arringa. Egli ha discusso con chiara oratoria la pura questione di diritto della causa prendendo in esame le asserzioni apparse nel numero unico incriminato ed ha sostenuto che è emersa, nel corso della istruttoria dibattimentale, la prova più completa dei fatti attribuiti al sen. D'Onofrio. E cosi ha proseguito polemizzando con l'avv. Sotgiu.
Avv. Mastino Del Rio: — Non so se quello che ha affermato il mio illustre contraddittore risponda a verità. Non so se sia vero che, come lui ha detto, l’Unione Nazionale Reduci dalla Russia ha avuto la sovvenzione di un milione dal Ministero dell'Assistenza Post-bellica. Ma mi auguro che sia così perché quel denaro sarà servito ad alleviare le sofferenze di questi sventurati i quali sono rimpatriati nudi e ammalati, perché quel denaro avrà forse potuto sollevare quelle madri e quelle vedove lasciate nella più squallida miseria.
L'accenno fatto dall’oratore al fatto che tali informazioni furono fornite dai numerosi agit-prop, che si annidano in tutti i ministeri violando i segreti d'ufficio, ha suscitato l'ennesimo e ultimo incidente di questo processo. L'avv. Paone è saltato su eccitatissimo gridando frasi sconclusionate e senza senso: deve aver perduto la testa nell’imminenza della sconfitta.
Avv. Paone: — Anche i peculati sono segreti d'ufficio?
Ma il Presidente è intervenuto con energia e tutto è finito lì.
La conclusione dell’on. Mastino Del Rio ha vivamente commosso i presenti.
Avv. Mastino Del Rio: — Io sento nel mio spirito una calma divina. Sento di aver compiuto fino in fondo il mio dovere. Se nei miei ventisette anni di professione nulla avessi fatto, nessun’altra causa avessi discusso, sarei ugualmente soddisfatto per la mia opera. Oggi il mio sguardo va lontano, oltre i confini della Patria, in uno squallido campo dove vedo tremulare ventisette fiammelle di vita.
Avv. Mastino Del Rio: — Signori, voi avete una delicata causa da risolvere, una causa grondante di sangue e di dolore. Se voi condannerete questi giovani, essi usciranno da quest'aula a fronte alta, da soldati quali sono stati e quali sono. Se voi condannerete questi giovani, condannerete a morte i ventisette ufficiali che non hanno fatto ritorno, spegnerete quelle ventisette fiammelle che ancora brillano e sperano. Se voi invece assolverete, non spezzerete quest’ultimo filo di speranza e Iddio e la Patria vi benediranno. Perché la vostra sentenza deve dire a quella Nazione che è preferibile, per gli stessi interessi della sua propaganda, che rimandi i figli alle madri, gli sposi alle mogli.
In silenzio i giudici si sono alzati e si sono ritirati in camera di consiglio. Sono le 9,45.
Il Tribunale rientra nell’aula alle 14,40.
Nel più profondo silenzio il presidente dott. Carpanzano si alza e legge il dispositivo della sentenza.
Visti gli articoli 479 e 482 del C. P. P. il Tribunale assolve gli imputati Luigi Avalli, Domenico Dal Toso, Ivo Emett, Giorgio Pittaluga, Ugo Graioni dal reato di diffamazione loro ascritto in ordine ai fatti specificati nei numeri 1 e 2 dell’opuscolo «Russia» essendo provata la verità dei fatti stessi, e dalle diffamazioni relative ai fatti specificati dai numeri 3 e 4 e dall'ultima pagina dell’opuscolo perché il fatto non costituisce reato.
Condanna inoltre il querelante sen. Edoardo D'Onofrio al pagamento delle spese processuali.
A titolo di curiosità ci piace qui ricordare che, durante la sospensione dell’udienza e mentre i giudici erano riuniti in Camera di Consiglio, D'Onofrio si è avvicinato all'avv. Taddei e gli ha detto con una certa vivacità: «Avete, fatto male ad insistere sulla mia condanna. Se sarò condannato, non staranno meglio quelli che sono rimasti in Russia».
Chi ha riferito la breve ma significativa frase ha forse capito male? Ce lo auguriamo vivamente. Perché, tra l'altro, è buona regola che chi gioca deve essere pronto a perdere e soprattutto a saper perdere con dignità. Sono i serpi che mordono il piede che ha loro pestato la coda...
Il pubblico ha accolto la sentenza nella più grande compostezza e soltanto quando il Tribunale si è definitivamente ritirato e il sipario è finalmente calato su questa dolorosa vicenda, si sono avute le prime reazioni. I reduci sono completamente assediati da parenti e da amici. Fuori, nei corridoi, la folla si è moltiplicata e quando gli avv. Taddei e Mastino Del Rio escono insieme con i loro «ragazzi» la folla li circonda, li benedice, vuole toccarli, vuole dir loro tutta la devozione, tutto il ringraziamento. Molte donne piangono di commozione e negli occhi dei giovani brillano le lacrime.
Ma nella gioia di tutti non sono stati dimenticati i compagni lontani, coloro che languono ancora nei campi di Russia.
I «ragazzi» hanno chiesto che il totale di lire 3.256.840 cui assommano le spese processuali venga devoluto al Ministero della Difesa perché lo destini a favore delle famiglie dei militari italiani, non criminali di guerra, tuttora trattenuti come prigionieri dal governo sovietico.